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Caso Casalnuovo, cronisti e carabinieri a braccetto

Il 5 luglio a Sala Consilina si svolgerà finalmente l’udienza preliminare del processo che dovrà chiarire le cause della morte del giovane Massimo Casalnuovo, morto a 22 anni il 20 agosto di due anni fa.

La sua famiglia ha aspettato con ansia che la Procura facesse le sue indagini: ci sono due testimoni che hanno sempre sostenuto che quando Massimo arrivò col suo motorino a ridosso quella maledetta curva si trovò davanti un posto di blocco dei carabinieri non segnalato e che, cercando di evitarlo, prese la curva alla larga. Il carabiniere Giovanni Cunsolo, pensando che volesse fuggire, diede un grosso calcio al ciclomotore facendo cadere il ragazzo che per l’impatto morì (qui la ricostruzione della vicenda)
Sono passati due anni, e tutti i rilievi finora svolti sembrano confermare questa versione. Ma a una settimana dalla fatidica udienza preliminare cominciano a succedere strani fatti, prontamente denunciati dal padre di Massimo sul profilo di Facebook “Verità e Giustizia per Massimo”.

La richiesta di assicurazione. Intanto, nel fascicolo compare una richiesta datata 13 marzo 2013, piuttosto strana. Anzi, sospetta. Intanto per quello che c’è scritto: chiede all’autorità giudiziaria di verificare se il motorino di Massimo fosse assicurato “al fine della corretta e tempestiva istruzione delle procedure amministrative per la ripetibilità di terzi per somme erogate dallo Stato” relativamente alle lesioni subite dal carabiniere, il quale dopo aver sferrato il calcio si fece refertare in ospedale. E il padre di Massimo non smette mai di ricordare che paradossalmnte in ospedale arrivà prima il maresciallo di suo figlio.

La “Superiore scala gerarchica”. Già è difficile capire a cosa ci si stia riferendo. Ma ancora più inquietante è il soggetto che chiede questa informazione e cioè la “superiore scala gerarchica” del vice comandante. Comunque, questa “superiore scala gerarchica” cosa va cercando? Probabilmente soldi. Scrive Osvaldo Casalnuovo su Facebook, il papà di Massimo: “Sono esterrefatto e mi sorgono diversi dubbi in quanto “LA SUPERIORE SCALA GERARCHICA”, che in questi due anni dalla scomparsa di mio figlio Massimo non si è mai fatta viva con me e con la mia famiglia, lo faccia proprio in queste ore precedenti l’udienza preliminare del 5 luglio 2013. È sorprendente come “LA SUPERIORE SCALA GERARCHICA”, che presumibilmente dovrebbe essere il Ministero della Difesa, voglia sapere gli estremi della polizza assicurativa del ciclomotore guidato da mio figlio Massimo. Sembra che si tratti di un messaggio subliminale rivolto all’autorità giudiziaria atto a sottolineare i riflessi che potrebbe avere il processo nei confronti della “SUPERIORE SCALA GERARCHICA”.
“Grazie carabinieri!”. Ma non solo. Anche in paese c’è una certa agitazione, certo non da parte degli amici della famiglia di Massimo che da due anni organizzano fiaccolate e eventi per chiedere che venga resa giustizia a una giovane vita, spezzata per un gesto di spregio fuori luogo. Sempre su Facebook alcuni cittadini hanno postato un servizio di Italia2, la televisione di Polla.
Si sa quanto le televisioni, soprattutto quelle locali, abbiano presa sulle persone. Ebbene, a una settimana dall’inizio dell’udienza, la tv locale dedica un vero e proprio panegirico al carabiniere accusato di aver ucciso Massimo. Un pezzo, anche questo, piuttosto sospetto. Eccolo:

“Polla (SA): lavorano nell’ombra, non vogliono e non amano apparire, ma la conoscenza del territorio come le loro tasche, la conoscenza delle persone è fondamentale per risolvere i piccoli e i grandi casi che finiscono tra le loro mani. Sono i marescialli dei Carabinieri.

Una figura che può essere paragonata a quella del “nonno” in una famiglia perché è a lui che tutti si rivolgono per avere un consiglio Anche se la loro età, quella dei marescialli è ben lontana da quella che hanno i nonni il loro buon senso invece no, così come la loro capacità di risolvere i problemi della agendo con il cuore pur sempre però muovendosi nei confini della legge e sfruttando tutte le opportunità che la legge prevede per aiutare, per prevenire e non per punire.

Non si dovrebbero fare nomi ma non si può ignorare l’omicidio che ha scosso due giorni fa il comune di Polla con la barbara uccisione di una donna ucraina di 50 anni da parte di un suo connazionale, il 27enne Dmitry Zastavnetskyi,
Un caso molto intricato risolto anche grazie alla perfetta conoscenza del territorio da parte del maresciallo Giovanni Cunsolo e degli uomini della sua stazione. La stazione Carabinieri di Polla ha in forza 10 uomini, al momento però quelli a disposizione sono sette. Nessuno di loro vuole apparire, nessuno di loro pretende complimenti.

Le uniche parole che hanno detto a quei cittadini che li hanno ringraziati per aver assicurato alla giustizia l’autore dell’omicidio sono “nessun grazie, abbiamo fatto soltanto il nostro lavoro”.

Il grazie invece lo meritano, lo meritano per il lavoro che fanno tutti i giorni, lo meritano per le notti insonni trascorse a lavorare su particolari apparentemente insignificanti che poi spesso si rivelano decisivi per trovare gli autori di un reato. Il grazie lo meritano anche da parte di noi giornalisti, autentiche spine nel fianco e grandi rompiscatole con continue telefonate, blitz in caserma, per poter avere quel “particolare in più”.
Insomma, vuoi mandare in galera il “nonno”? E come si fa. Con questi giornalisti autentici “spine nel fianco”. Come no. E dopo questo sperticato ringraziamento da parte dei giornalisti “rompiscatole”, come si può non aspettarsi che verranno debitamente ringraziati?