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La guerra ai poveri di Salvini: duecento sgomberati a Sesto San Giovanni

«Aldo dice 26×1». Ex-sede Alitalia occupata dalle famiglie in emergenza abitativa. Il 6 settembre sarà staccata la luce dallo stabile occupato in via Oglio a Milano

«Ringrazio prefetto, questore e forze dell’ordine per la rapidità con cui hanno applicato la nuova circolare del ministro Salvini». Pochi dubbi per il sindaco di Sesto San Giovanni Roberto Di Stefano, lo sgombero ad alta velocità del residence sociale «Aldo Dice 26×1» è merito del ministro degli Interni. Le 200 persone che avevano trovato casa nell’edificio occupato sarebbero quindi le prime vittime della circolare Salvini sugli sgomberi.

LA POLIZIA È ARRIVATA martedì mattina poco dopo le 7, e ha trovato un centinaio di persone tra cui 25 bambini. Erano entrati nei locali dell’ex sede di Alitalia a Sesto San Giovanni sabato sera, dopo l’allontanamento dai locali di via Oglio a Milano. I bimbi sono rimasti nello stabile per alcune ore con le loro mamme, seduti in cerchio, cantando circondati dagli agenti di polizia. Fuori, in linea con quanto scritto nella circolare, nessun assistente sociale e nessuna proposta di collocazione alternativa per gli occupanti. A mezzogiorno la decisione di lasciare l’immobile e tornare a Milano in via Oglio, in quella che per due anni è stata la loro casa.

LA STORIA di «Aldo Dice 26×1» si muove tra Sesto San Giovanni e Milano. Nasce nel 2014 con l’occupazione dell’ex sede di Alitalia a Sesto, che per numero di persone coinvolte da tempo non si vedeva nel milanese. Una grande comune dove trovarono casa oltre 200 persone, un migliaio quelle transitate in quattro anni, la maggior parte sfrattati in attesa di un altro alloggio popolare. Si autodefinirono residence sociale per la natura temporanea della sistemazione.

A GIUGNO 2016 il primo sgombero a Sesto San Giovanni e il passaggio a Milano, in uno stabile di proprietà di un privato in via Oglio, nella zona sud-est della città. Poi a fine luglio la doccia fredda: l’avviso di distacco della corrente con una data improrogabile: il 6 settembre. Un ultimatum arrivato dalla multiutility dell’energia A2A dopo che la proprietà aveva disdetto il contratto e aveva chiesto l’intervento della forza pubblica per rientrare in possesso dello stabile. Dopo una mediazione con l’assessore alla sicurezza Anna Scavuzzo e l’assessore ai servizi sociali Piefrancesco Majorino gli occupanti di Aldo avevano iniziato ad uscire dallo stabile nei giorni scorsi in cambio della promessa di valutazione caso per caso dell istituzioni.

«MA NON POTEVAMO lasciare le persone in strada in attesa delle risposte dal Comune» spiega Laura, del Comitato Diritto alla Casa, uno dei soggetti attivi in «Aldo Dice 26×1». Da qui il tentativo di rientrare nell’ex sede Alitalia di Sesto San Giovanni. «Quando siamo entrati tutto era come l’avevamo lasciato». Nonostante le promesse fatte dalla proprietà nel 2016 lo stabile era ancora chiuso e abbandonato.

OGGI A GUIDARE la giunta del comune c’è Roberto Di Stefano, un sindaco di Forza Italia molto vicino alla Lega e al ministro Salvini, marito di Silvia Sardone, la donna più votata alle ultime elezioni regionali lombarde che da poche settimane ha lasciato Forza Italia e per lei si parla di un possibile passaggio alla Lega.

IL SINDACO si era presentato personalmente sabato notte con vigili e polizia per cercare di allontanare gli occupanti. Poi i post su Facebook e l’appello lunedì pomeriggio al ministro Salvini affinché lo sgombero venisse fatto in tempi rapidi. Detto fatto, è bastata una notte per passare dalle parole ai fatti. 187 persone in strada, 67 nuclei familiari, 84 minorenni. Tutti sono rientrati in via Oglio a Milano e una delegazione ha incontrato l’assessore alle politiche sociali Majorino.

IL COMUNE ha proposto sistemazioni alternative per le famiglie con bambini, per gli altri le strutture dell’emergenza sociale. Il distaccamento della corrente il 6 settembre resta, il privato ha chiesto di rientrare in possesso dello stabile, le famiglie dovranno decidere insieme cosa fare. In serata la stanchezza era tanta e l’umore basso. “Colpevoli di essere poveri” diceva sconsolata una mamma prima di rientrare nell’edificio.

Roberto Maggioni

da il manifesto