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Uno sciopero «nero» contro l’alleanza schiavista sud-padana

Tra il 16 e il 20 agosto del 1893 a Aigues-Mortes (vicino Nimes et Montpellier) si scatenò una violentissima ratonnade, una sorta di pogrom che provocò l’assassinio di decine di italiani che lavoravano nelle saline. La cifra ufficiale di 9 morti fu poi smentita da altre che stimarono a circa 50 i morti e 150 i feriti, ma molti cadaveri non furono ritrovati perché buttati nei canali o in mare o in mezzo alle campagne o peggio… dati in pasto ai maiali. Del resto nessuno sapeva quanti e chi fossero i liguri, i piemontesi, i lombardi e i toscani che andavano a piedi a lavorare clandestinamente fra Nizza, Marsiglia e Perpignan e l’ambasciata d’Italia non si curò neanche di accertare chi fossero i morti. Già allora gli italiani erano chiamati genericamente «napoletani» e poi con tutti gli epiteti dispregiativi abituali (sarazins, ritals o bougnoules, terroni) e accusati di rubare il lavoro ai francesi anche da qualche leader sindacale di sinistra come Jules Guesde. I francesi che parteciparono alla caccia all’italiano non sembra fossero aizzati da una qualche mafia locale, ma sicuramente da qualche politicante e sindacalista nazionalista. Insomma, spargendo il sangue degli italiani il cosiddetto popolino locale francese si sfogò della sua misera esistenza.
Fatti del genere ne sono successi tanti in tutti i paesi d’immigrazione e in diversi periodi storici e recentemente è quanto è successo anche in Africa con la persecuzione assassina dei rifugiati in paesi confinanti a quelli da cui scappavano.
Le analogie fra questi fatti e i pogrom di Rosarno o di Castelvolturno non mancano, ma ci sono delle differenze non da poco. Cosa è diventata la Calabria nell’Italia di oggi? Cosa sono diventate tante zone europee simili alla Calabria nell’odierna Europa (si ricordino anche le uccisioni di tanti polacchi in Puglia, dei marocchini a El Ejido nel sud est della Spagna, di albanesi in certe zone greche vicino all’Albania e altri casi anche a danno dei rom in quasi tutti i paesi dell’Europa “democratica”)?
Circa cinquant’anni di clientelismo selettivo hanno trasformato le zone cosiddette povere d’Italia in territori abbandonati da una forte percentuale di emigrati e rimasti popolati da persone in maggioranza costrette a sottostare al mercimonio dei mediatori di potere fra i quali innanzitutto i mafiosi. Quando il centrosinistra è andato al potere in tali zone quasi sempre ha dovuto fare compromessi se non vere e proprie intese forti con le mafie locali, e quando non l’ha fatto è stato subito sconfitto. In altri termini, buona parte della popolazione di queste zone è alla mercé, massa elettorale o persino bacino di manovalanza delle mafie locali. In altri termini è quella parte di popolazione che fa da pendant a quel popolino padano che rivendica la libertà di fare quello che vuole per arricchirsi sempre più. Ciò che accomuna questi due “popoli” che per 50 anni hanno votato Dc o personaggi del centrosinistra dotati di carisma clientelare o mafiosesco è infine la pretesa secondo loro indiscutibile di una superiorità assoluta in quanto cittadini italiani ed europei. Ergo una superiorità che non è dissimile da quella dei colonialisti o degli americani del Ku Klux Klan. Solo qualche stupido poteva credere che al sud ci fosse – chissà perché – più “umanità” per gli immigrati. Ci si dimentica che in tutte le zone dove la possibilità di tutela dei diritti fondamentali e dove gli spazi di emancipazione sono scarsi o inesistenti c’è sicuramente rischio di schiavizzazione e questo vale anche per tante zone della Padania anche se non si vede in maniera plateale come a Rosarno (dove peraltro questa situazione dura da anni, mentre la cosiddetta opinione pubblica sinora non s’era accorta di nulla).
Ecco quindi che terroni padani e terroni del sud si uniscono per la difesa della loro pretesa di schiavizzare e di eliminare lo schiavo quando loro aggrada. È il diritto di cittadinanza liberista che di fatto corrisponde a quello che difende Angelo Panebianco sul Corriere della sera. Di fronte a tanta vigliacca protervia razzista la rivolta degli immigrati s’è mischiata alla disperazione totale. Dopo quella di Castelvolturno è la seconda rivolta resa nota all’opinione pubblica. Allora quand’è che la sinistra e i sindacati si impegneranno seriamente a sostenere le mobilitazioni nazionali e locali degli immigrati? Sono più di 800 mila gli stranieri iscritti al sindacato in Italia. Dovrebbe bastare per un impegno sindacale che diventi effettivamente incisivo, a cominciare da uno sciopero nazionale non solo degli immigrati ma anche di tutti gli italiani che vivono nel sommerso o nella quasi schiavitù, che per i condannati alla clandestinità è anche rischio di morte violenta.

Salvatore Palidda da il manifesto