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Il proibizionismo manda in cella quasi 14mila piccoli spacciatori

Nella relazione annuale della Direzione Antimafia scompare il parere positivo alla legalizzazione

Un terzo dei detenuti sono entrati in carcere per la legge sulle droghe mentre crescono in modo esponenziale le persone segnalate per consumo di sostanze psicotrope, soprattutto tra i minorenni, che quadruplicano rispetto al 2015. Il fallimento del proibizionismo lo si vede anche osservando la popolazione detenuta italiana.

Nell’ultima relazione annuale della Direzione nazionale antimafia di Federico Cafiero De Raho  scompare il parere positivo alla legalizzazione come mezzo efficace per sottrarre alle mafie il suo mercato principale, mentre ribadisce la “War on drugs”, espressione resa popolare dal presidente degli stati Uniti Richard Nixon, che durante il suo mandato l’ha perseguita con grande impegno. Eppure, nello stesso tempo, «le azioni di contrasto – afferma la Direzione nazionale antimafia nella relazione – nonostante i migliori propositi e gli sforzi più intensi, non hanno determinato, non solo una scomparsa del fenomeno ( che per quanto auspicabile appare obiettivamente irrealizzabile), non solo un suo ridimensionamento, ma neppure un suo contenimento».

Ma la legalizzazione – come ha ricordato l’esponente del Partito Radicale Rita Bernardini – è sparita dall’agenda politica, soprattutto dal nuovo governo visto che nel contratto legastellato non se ne fa alcun accenno. Per capire il fallimento della lotta alle droghe, bisogna, appunto, analizzare i numeri degli ingressi in carcere. A farne un quadro completo è la recente pubblicazione del IX Libro Bianco sulle droghe, il dossier di Fuoriluogo e promosso da la Società della Ragione insieme a Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca e Associazione Luca Coscioni con l’adesione di altre associazioni, tra cui A Buon Diritto e Arci. Un libro che esamina le politiche sanzionatorie messe in atto dall’Italia sulle tossicodipendenze e i loro effetti sul sistema penitenziario. Giunto alla sua nona edizione, questo rapporto è stato pubblicato al termine di un lungo ciclo che ha visto alternarsi protagonisti e vicende assai contrastanti: dall’approvazione della legge Iervolino-Vassalli ( che regolamenta l’utilizzo degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope) e l’inizio della guerra alla droga in Italia, alla dichiarazione di incostituzionalità di una legge proibizionista e punitiva – la Fini Giovanardi – fino alle recenti ti- mide modifiche legislative.

L’EFFETTO DELLA REPRESSIONE SULLE DROGHE

I dati inclusi nel rapporto rendono l’idea della situazione italiana. Una delle notizie più interessanti è che quasi il 30% dei detenuti entrati in carcere nel 2017 ( 14.139 su 48.144) lo ha fatto per aver violato un solo articolo di una legge: l’articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti, che sostanzialmente punisce la detenzione per piccolo spaccio. Questo dato, in aumento rispetto allo scorso anno, rappresenta un’inversione di tendenza rispetto al trend discendente seguito all’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nel 2012. Con la sentenza Torreggiani, la Cedu aveva infatti condannato l’Italia perché il generale sovraffollamento degli istituti penitenziari italiani aveva impedito ad alcuni detenuti di scontare la pena in condizioni dignitose: in seguito a questa condanna, il nostro Paese aveva deciso di fare ricorso alla detenzione in maniera meno diffusa. Se i detenuti in carcere aumentano in termini generali, percentualmente aumentano ancora di più quelli per reati di droga: il 34,5% dei detenuti è infatti in carcere per la legge sulle droghe. Dal dossier emerge che un quarto della popolazione detenuta è tossicodipendente. Record degli ingressi in carcere di persone con uso problematico di sostanze: 34,05%. 14.706 dei 57.608 detenuti al 31/ 12/ 2017 sono tossicodipendenti. Il 25,53% del totale. Si consolida l’aumento dopo che il picco post applicazione della Fini-Giovanardi ( 27,57% nel 2007) era stato riassorbito a seguito di una serie di interventi legislativi correttivi. Preoccupa l’impennata degli ingressi in carcere, che toccano un nuovo record: il 34,05% dei soggetti entrati in carcere nel corso del 2017 era tossicodipendente.

LA TOLLERANZA ZERO NON TOCCA LE GRANDI ORGANIZZAZIONI CRIMINALI

Un’altra notizia emerge dal Libro Bianco è che se si paragonano i numeri relativi all’art. 73 ( piccoli spacciatori in pratica) con quelli relativi all’art. 74 del Testo Unico – che riguarda un una condotta criminosa più grave, quella di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope: dei detenuti presenti in carcere al 31 dicembre 2017, infatti, quasi 14.000 lo erano per violazione del solo art. 73, poco meno di 5000 per la violazione dell’art. 73 in associazione con l’art. 74, mentre solo meno di 1000 erano detenuti esclusivamente per l’art. 74. Questo conferma la tendenza del nostro sistema repressivo sulle droghe a concentrarsi sui “pesci piccoli”, mentre i consorzi criminali non solo restano fuori dai radar della repressione penale, ma ne traggono anche vantaggio, trovandosi ad operare in un mercato ripulito dai competitor meno esperti. Ma chi fa uso personale della droga? Durissima la repressione. Il Libro bianco denuncia che rispetto al 2015 si evidenzia un + 40% di segnalazioni per consumo di sostanze, quadruplicano i minori segnalati e aumentano del 15% le sanzioni amministrative. Su oltre 35.860 persone segnalate, ci sono solo 86 richieste di programma terapeutico mentre il 43,45% viene colpito da sanzione. La repressione colpisce per quasi l’ 80% i consumatori di cannabinoidi ( 78,69%), seguono a distanza cocaina ( 14,39%) e eroina ( 4,86%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze.

RIMEDI

Le associazioni promotrici del Libro Bianco riportano come la dichiarazione di incostituzionalità della legge Fini- Giovanardi ( legge n. 49 del 2006) da parte della Corte costituzionale non ha risolto ma, anzi, ha reso ancora più urgente la revisione della legislazione italiana sulle droghe e, specificamente, sulla parte sanzionatoria e penale. Per questo motivo, gli autori del rapporto hanno presentato tre proposte di legge, riguardanti la modifica del Testo Unico sulle sostanze stupefacenti, la tutela della salute nell’ambito del consumo e della produzione di cannabis, e la regolamentazione legale della produzione, consumo e commercio della cannabis e suoi derivati. Per quel che concerne la proposta di revisione del Testo Unico vigente sulle sostanze stupefacenti, gli autori del rapporto richiedono in particolare la completa depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi destinati all’uso personale. Viene infatti proposta la qualificazione in termini di liceità, penale e amministrativa, del mero consumo di stupefacenti ( e, conseguentemente, delle condotte a esso strumentali). Allo stesso tempo, si propone una riduzione considerevole delle pene previste per le condotte qualificate come illecite, al fine di rendere il trattamento sanzionatorio proporzionale all’offesa, rispettando i princìpi costituzionali. «Tutti sul tappeto restano i problemi aperti o irrisolti: la riunione dell’Onu a Vienna nel 2019, la presentazione delle due proposte di legge sulla legalizzazione della canapa e di revisione radicale del Dpr 309/ 90, la richiesta ultimativa per la convocazione della Conferenza nazionale sulla politica delle droghe, la ridefinizione della natura e dei compiti del Dipartimento antidroga, un confronto sulle soluzioni che emergono in tanti paesi in Europa e nel mondo», scrivono nella prefazione del Libro Bianco i garanti regionali dei detenuti Stefano Anastasia e Franco Corleone.

Damiano Aliprandi

da il dubbio