La morte di Stefano Cucchi ha rappresentato il definitivo tramonto di un principio che ritenevamo ormai acquisito: il principio dell’habeas corpus, l’idea che lo Stato non è padrone del nostro corpo e deve tutelare la vita e la dignità di chi è ristretto nella propria libertà.
Non a caso, il 2009 è stato definito l’annus horribilis per il sistema penitenziario. Perché si è raggiunto il record dei suicidi in carcere (71) e del sovraffollamento (oltre 20.000 presenze in più di quelle consentite), tanto che siamo stati condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’art. 3 della Convenzione, quello relativo alla tortura e ai trattamenti disumani. Uno “squallore intollerabile”, come ha avuto modo di ricordarci il cardinale Dionigi Tettamanzi.
Manifestiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che vivranno ammassati l’ultimo dell’anno, portando loro il nostro simbolico saluto con una visita al carcere di Rebibbia nella mattinata dell’ultimo dell’anno. Ci appelliamo alla sensibilità del Presidente della Repubblica, convinti che una sua attenzione al dramma delle carceri nel discorso di fine anno possa spronare interventi, ormai indilazionabili, per restituire la dignità a chi è privato della libertà.
Crediamo che la discussione della mozione parlamentare sulla emergenza carceri, prevista per i prossimi 11 e 12 gennaio, necessita del sostegno di tutta la società civile, perché sarà il banco di prova su cui testare la volontà della politica di affrontare questo dramma. Noi saremo lì a ricordare che il solo piano edilizia e il sedicente processo breve non bastano.
Si deve intervenire sul diritto sostanziale, depenalizzando determinate condotte non lesive dei diritti altrui, riducendo il numero di reati che oggi in Italia supera le 5000 fattispecie. Non vogliamo più un diritto forte con i deboli e debole con i forti. Si deve ricorrere maggiormente alle misure alternative al carcere, perché chi esce dal carcere nell’80% dei casi vi rientra, mentre tra chi ha usufruito di una misura alternativa reitera il reato (solo) il 19%. Ci auguriamo che se il 2009 verrà ricordato come l’anno di approvazione del pacchetto sicurezza, l’annus horribilis del sistema penitenziario e della negazione dell’habeas corpus vissuta con la morte di Stefano Cucchi, il 2010 sia l’anno delle depenalizzazioni e dell’approvazione delle leggi che istituiscono il reato di tortura e il garante delle persone private della libertà.
Non a caso, il 2009 è stato definito l’annus horribilis per il sistema penitenziario. Perché si è raggiunto il record dei suicidi in carcere (71) e del sovraffollamento (oltre 20.000 presenze in più di quelle consentite), tanto che siamo stati condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’art. 3 della Convenzione, quello relativo alla tortura e ai trattamenti disumani. Uno “squallore intollerabile”, come ha avuto modo di ricordarci il cardinale Dionigi Tettamanzi.
Manifestiamo la nostra solidarietà a tutti coloro che vivranno ammassati l’ultimo dell’anno, portando loro il nostro simbolico saluto con una visita al carcere di Rebibbia nella mattinata dell’ultimo dell’anno. Ci appelliamo alla sensibilità del Presidente della Repubblica, convinti che una sua attenzione al dramma delle carceri nel discorso di fine anno possa spronare interventi, ormai indilazionabili, per restituire la dignità a chi è privato della libertà.
Crediamo che la discussione della mozione parlamentare sulla emergenza carceri, prevista per i prossimi 11 e 12 gennaio, necessita del sostegno di tutta la società civile, perché sarà il banco di prova su cui testare la volontà della politica di affrontare questo dramma. Noi saremo lì a ricordare che il solo piano edilizia e il sedicente processo breve non bastano.
Si deve intervenire sul diritto sostanziale, depenalizzando determinate condotte non lesive dei diritti altrui, riducendo il numero di reati che oggi in Italia supera le 5000 fattispecie. Non vogliamo più un diritto forte con i deboli e debole con i forti. Si deve ricorrere maggiormente alle misure alternative al carcere, perché chi esce dal carcere nell’80% dei casi vi rientra, mentre tra chi ha usufruito di una misura alternativa reitera il reato (solo) il 19%. Ci auguriamo che se il 2009 verrà ricordato come l’anno di approvazione del pacchetto sicurezza, l’annus horribilis del sistema penitenziario e della negazione dell’habeas corpus vissuta con la morte di Stefano Cucchi, il 2010 sia l’anno delle depenalizzazioni e dell’approvazione delle leggi che istituiscono il reato di tortura e il garante delle persone private della libertà.
Giovanni Russo Spena e Gennaro Santoro
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