Testimonianze: Manifestazione No Ponte, centinaia di poliziotti in tenuta antisomossa, nessuna ambulanza
- dicembre 21, 2009
- in lotte sociali, testimonianze
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Villa S.Giovanni 19 dicembre 2009, manifestazione per dire no alla costruzione del Ponte sullo Stretto ed alla apertura dei cantieri.
Una giornata di lotta pacifica finita nel peggiore dei modi a causa della morte del compagno Franco Nisticò.
Arrivati a Villa, appena scesi dal pullman, che da Soverato ci ha portato sulla sponda calabrese dello Stretto, intuiamo subito che la città è stata blindata dalla Questura. Poliziotti in tenuta anti-sommossa ed in “borghese” su tutti i tetti delle abitazioni che erano interessate dal percorso del corteo.
Infatti, i compagni ci riferiscono che nel corso della settimana che ha preceduto la manifestazione c’è stata una strategia pianificata della tensione, della paura e della falsità.
Si raccontava che alla manifestazione avrebbero partecipato orde di barbari, con l’unico intento di sfasciare vetrine, negozi e tutto ciò che gli capitava a tiro. Addirittura i black bloc di Copenhagen. In sostanza, avevano tentato di far passare l’idea che avremmo messo la città a ferro ed a fuoco.
Infatti, ci siamo trovati di fronte alle scuole, di ogni ordine e grado, chiuse.
Le avvisaglie premonitrici di questa situazione c’erano già state. Infatti, ci era stato chiesto dalla Questura di Catanzaro di comunicare il numero di targa del pullman che da Soverato ci avrebbe portato a Villa S.Giovanni. Identica richiesta, nel vano tentativo di impedire la sua partenza, era stata avanzata per il camioncino sul quale avevamo collocato il sound system.
Queste le nuove modalità di gestire le manifestazioni da parte di chi è addetto a garantire il cosiddetto “ordine pubblico”. Realizzare un preventivo clima di terrore e di tensione, scoraggiare la partecipazione, impedire qualsiasi possibilità di contatto con la popolazione residente, isolare i manifestanti. Tutto ciò quando il tutto si svolge “regolarmente”. Quando va storta qualche cosa capita ciò che è capitato agli studenti ed agli operai in questi ultimi mesi.
In questo contesto repressivo, che mette fortemente in discussione le libertà democratiche garantite dalla Costituzione, la salute del manifestante non conta nulla. Allora succede ciò che è successo a Villa San Giovanni, una manifestazione pacifica, non violenta, allegra e colorata, caratterizzata dalla presenza di tante/i giovani, accolta con tanti applausi da quella popolazione dalla quale bisognava impedire qualsiasi contatto, alla quale non è stata garantita nemmeno la presenza di una ambulanza.
Franco dopo l’intervento ha avvertito un malore e si è accasciato sul palco, rimanendoci per otre 20 minuti. Immediatamente è stato soccorso, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza del 118, da alcuni medici che erano sul posto. Quella maledetta ambulanza, che probabilmente poteva salvargli la vita, non c’era ed è arrivata 15 minuti dopo la partenza di Franco per gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, dove è poi deceduto.
In ospedale è stato trasportato, non certamente con la tempestività (elemento determinante per salvare la vita) che necessita per questo tipo di patologie, con l’ambulanza della polizia che è più una medicheria, utile solamente per i contusi, non attrezzata con tutte quelle dotazioni fisse e mobili che consentono di intervenire per il mantenimento delle funzioni vitali del paziente negli interventi di carattere medico-cardiologico e traumatologico.
Inizia adesso una nuova battaglia per l’accertamento delle responsabilità.
Una giornata di lotta pacifica finita nel peggiore dei modi a causa della morte del compagno Franco Nisticò.
Arrivati a Villa, appena scesi dal pullman, che da Soverato ci ha portato sulla sponda calabrese dello Stretto, intuiamo subito che la città è stata blindata dalla Questura. Poliziotti in tenuta anti-sommossa ed in “borghese” su tutti i tetti delle abitazioni che erano interessate dal percorso del corteo.
Infatti, i compagni ci riferiscono che nel corso della settimana che ha preceduto la manifestazione c’è stata una strategia pianificata della tensione, della paura e della falsità.
Si raccontava che alla manifestazione avrebbero partecipato orde di barbari, con l’unico intento di sfasciare vetrine, negozi e tutto ciò che gli capitava a tiro. Addirittura i black bloc di Copenhagen. In sostanza, avevano tentato di far passare l’idea che avremmo messo la città a ferro ed a fuoco.
Infatti, ci siamo trovati di fronte alle scuole, di ogni ordine e grado, chiuse.
Le avvisaglie premonitrici di questa situazione c’erano già state. Infatti, ci era stato chiesto dalla Questura di Catanzaro di comunicare il numero di targa del pullman che da Soverato ci avrebbe portato a Villa S.Giovanni. Identica richiesta, nel vano tentativo di impedire la sua partenza, era stata avanzata per il camioncino sul quale avevamo collocato il sound system.
Queste le nuove modalità di gestire le manifestazioni da parte di chi è addetto a garantire il cosiddetto “ordine pubblico”. Realizzare un preventivo clima di terrore e di tensione, scoraggiare la partecipazione, impedire qualsiasi possibilità di contatto con la popolazione residente, isolare i manifestanti. Tutto ciò quando il tutto si svolge “regolarmente”. Quando va storta qualche cosa capita ciò che è capitato agli studenti ed agli operai in questi ultimi mesi.
In questo contesto repressivo, che mette fortemente in discussione le libertà democratiche garantite dalla Costituzione, la salute del manifestante non conta nulla. Allora succede ciò che è successo a Villa San Giovanni, una manifestazione pacifica, non violenta, allegra e colorata, caratterizzata dalla presenza di tante/i giovani, accolta con tanti applausi da quella popolazione dalla quale bisognava impedire qualsiasi contatto, alla quale non è stata garantita nemmeno la presenza di una ambulanza.
Franco dopo l’intervento ha avvertito un malore e si è accasciato sul palco, rimanendoci per otre 20 minuti. Immediatamente è stato soccorso, in attesa dell’arrivo dell’ambulanza del 118, da alcuni medici che erano sul posto. Quella maledetta ambulanza, che probabilmente poteva salvargli la vita, non c’era ed è arrivata 15 minuti dopo la partenza di Franco per gli Ospedali Riuniti di Reggio Calabria, dove è poi deceduto.
In ospedale è stato trasportato, non certamente con la tempestività (elemento determinante per salvare la vita) che necessita per questo tipo di patologie, con l’ambulanza della polizia che è più una medicheria, utile solamente per i contusi, non attrezzata con tutte quelle dotazioni fisse e mobili che consentono di intervenire per il mantenimento delle funzioni vitali del paziente negli interventi di carattere medico-cardiologico e traumatologico.
Inizia adesso una nuova battaglia per l’accertamento delle responsabilità.
21.12.2009
Pino Commodari
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