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Carcere: 58 suicidi, quasi raggiunto l’annus horribilis 2012

La macabra conta dei suicidi in carcere continua. Siamo giunti, fino ad oggi, a 58 decessi per propria volontà, un vero e proprio record che non si vede da sei anni ( nel 2012 furono 60, calati intorno ai 40 negli anni successivi, fino ai 52 del 2017). L’ultimo suicidio è avvenuto il 12 novembre nel carcere di Verona. Si tratta di un tunisino di 33 anni, accusato per una rapina commessa a Padova e condannato a quasi tre anni di carcere. Parliamo del terzo suicidio avvenuto nello stesso carcere, gli altri casi a maggio e a luglio, riguardavano sempre stranieri trentenni. Il detenuto tunisino si è suicidato mentre era in isolamento, una sanzione disciplinare per aver avuto un pesante litigio finito con un occhio nero per lui e il ricovero in ospedale per l’altro. Da qualche giorno si era chiuso in silenzio per mancanza di risposte alle sue richieste e per le offese di qualche detenuto. Tutti se- gnali che preannunciavano un gesto simile.

Due giorni prima, il 10 novembre, un altro suicidio. Questa volta nel carcere di Brindisi, vittima un 43enne italiano. La tragica scoperta intorno alle 22.30 di sabato fatta dagli agenti della Polizia penitenziaria che, non vedendolo dopo molto tempo dalla sua entrata nel bagno, hanno effettuato un controllo. Avrebbero trovato la porta bloccata. Una volta aperta, la scoperta dell’impiccagione, utilizzando un asciugamano, e il tentativo di strapparlo invano alla morte. Delle indagini si occupano i carabinieri del Nucleo operativo e radiomobile della compagnia di Brindisi sotto la regia del pm Giuseppe De Nozza intervenuto sul luogo della tragedia. L’uomo, sorvegliato speciale, sarebbe ritornato in carcere dopo una condanna a otto mesi dovuta alle frequenti violazioni degli obblighi della misura alla quale era sottoposto.

Il giorno prima, il 9 novembre, ancora un altro suicidio. O meglio, morto in ospedale dopo nove mesi di agonia per aver tentato di impiccarsi in cella con un lenzuolo nel carcere di Avellino. Si chiamava Pellegrino Pulzone, il 31 ottobre gli agenti lo avevano trovato accasciato sul pavimento. Scattato l’allarme immediatamente il detenuto è stato soccorso e condotto dai sanitari del distretto della Casa circondariale di Avellino. Subito è partito il protocollo di rianimazione e il cuore è ripartito. Dopo nove giorni è morto. L’uomo soffriva di problemi psichiatrici ed era già stato sottoposto a vari ricoveri a disposizione degli specialisti psichiatrici, quindi era sotto osservazione particolare.

Un altro detenuto che soffriva di patologie psichiatriche si è tolto la vita il 4 novembre nel carcere di Pagliarelli di Palermo. Si chiamava Samuele Bua, aveva 29 anni ed era in isolamento. A denunciare l’accaduto è stato Pino Apprendi, presidente di Antigone Sicilia. “Questo ragazzo ha ricevuto tutte le cure necessarie? denuncia Apprendi. Psicologi ed educatori lo hanno incontrato? Ci sono le relazioni quotidiane dei medici che avevano l’obbligo di visitarlo? Quanti giorni è stato in isolamento e perché non era nel reparto di psichiatria? Possibile che non ci siano responsabili della vita di un uomo o di una donna che entra nel carcere? Non mi rassegnerò mai al silenzio, di fronte all’indifferenza per la morte di una persona che lo Stato avrebbe dovuto tutelare e rieducare”.

Il carcere, quindi, continua a mietere vittime. Come un luogo pieno di cappelle mortuarie e infatti le celle, tecnicamente, vengono chiamate ‘ cubicoli’. D’altronde la parola ‘ carcere’ deriva dall’ebraico ‘ carcar’ che vuol dire, appunto, ‘ tumulazione’. Il tema dei suicidi in carcere rimane di estrema attualità. Secondo un vecchio studio del Consiglio d’Europa ( riferito agli anni tra il 1993 e il 2010) in Italia il rischio di suicidio in carcere era risultato fra i più elevati. Non solo, mentre fra la popolazione libera negli ultimi 20 anni i tassi di suicidio diminuiscono progressivamente, ciò non accade in carcere. La forbice tra il carcere e il mondo esterno è quindi aumentata. Diversi sono i fattori e in diverse Regioni le direzioni del carcere e le Asl hanno aderito a un protocollo di intesa per prevenire i suicidi e gli atti di autolesionismo. Come ha relazionato nel suo ultimo rapporto il Garante nazionale delle persone private della libertà, molte sono le situazioni che a buon titolo possono essere comprese nel concetto di vulnerabilità: lo stesso numero dei suicidi viene considerato per certi aspetti un indicatore, così come lo sono i tantissimi casi di autolesionismo registrati.

Damiano Aliprandi

da il dubbio