Ancora un morto nelle carceri italiane. Un uomo di 32 anni è spirato, apparentemente per cause naturali, nel centro clinico di Regina Coeli, a Roma. Lo rende noto il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. L’associazione ‘Ristretti orizzonti’ fa sapere che nel solo mese di novembre sono morti 12 detenuti. E la comunità di Sant’Egidio denuncia che negli istituti di pena italiani “ci sono più di 65 mila, un record dal dopoguerra”.
Le ultime vittime. Simone La Penna, questo il nome dell’uomo, era in carcere per reati legati alla droga ed è stato trovato morto questa mattina nel suo letto. Soffriva di anoressia nervosa e, stando alle analisi del sangue, aveva una carenza di potassio. A Regina Coeli era arrivato dal reparto medico per detenuti dell’ospedale “Belcolle” di Viterbo.
L’altro ieri sera Alessio Scarano, 24 anni, è stato ritrovato agonizzante nella sua cella nel carcere di Cuneo. La famiglia solleva pesanti dubbi sull’accaduto: “Ci hanno detto che è morto per cause naturali ma lui stava bene, non aveva alcun problema fisico”.
Si tratta degli ultimi episodi di un fenomeno che sta assumendo dimensioni allarmanti: i detenuti morti in carcere sono 12 dall’inizio del mese di novembre, 159 nel corso del 2009.
Il Garante. “Si allunga l’elenco dei morti in carcere” ha commentato il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, che riferendosi in particolare a Simone La Penna, ha auspicato che la magistratura faccia chiarezza “anche se sembra una morte naturale”.”In generale – ha aggiunto – io credo che siano maturi i tempi per una riflessione complessiva: il carcere non è certamente il luogo più adatto per i malati gravi”.
La denuncia delle associazioni. Di carcere, spiega l’associazione ‘Ristretti orizzonti’ si muore con frequenza allarmante e spesso a morire sono persone giovani e giovanissime: degli 11 detenuti deceduti a novembre prima di La Penna, soltanto tre avevano più di 50 anni, gli altri nove sono stati stroncati da quello che possiamo chiamare il “mal di carcere”, che si traduce in suicidi, in overdosi, ma a volte anche in decessi per motivi apparentemente inspiegabili. Sono 1.543 i detenuti morti dal 2000 ad oggi: un terzo aveva meno di 30 anni e un altro terzo tra i 30 e i 45 anni; il 60 per cento in attesa di giudizio, quindi, “tecnicamente”, in dieci anni più di 1.000 persone “innocenti” sono morte in carcere. In molti casi questa “non colpevolezza” era reale, non soltanto formale, dato che il 40% delle persone incarcerate viene poi assolta a processo.
L’associazione ha messo a confronto la popolazione detenuta in Italia e quella degli Stati Uniti. Ne emerge un quadro insospettabile: ogni anno nelle carceri italiane muore per “cause violente” un detenuto ogni 1.000, mentre nelle carceri Usa ne muore uno ogni 4.000 circa. Negli anni ’80 la frequenza delle morti violente nelle carceri americane era superiore a quella italiana, ma dopo una serie di interventi, tra i quali la costituzione di uno staff composto da 500 operatori che si è fatto carico della formazione permanente del personale penitenziario sulla prevenzione del suicidio e degli atti violenti, il tasso di suicidi e omicidi si è ridotto di quasi il 70 per cento. Dalla metà degli anni ’90 ad oggi questo livello è rimasto pressoché costante, malgrado l’aumento considerevole della popolazione detenuta. In Italia il tasso di mortalità dei detenuti per “cause violente” negli ultimi 30 anni si è mantenuto su valori costanti, con “picchi” di suicidi in corrispondenza delle situazioni di massimo affollamento degli istituti di pena.
Lancia l’allarme anche la comunità di Sant’Egidio: “In Italia i detenuti sono più di 65 mila. E’ un record dal dopoguerra”, ha detto Mario Marazziti, portavoce della comunità, durante la conferenza di presentazione a Roma della guida “Dove mangiare, dormire e lavarsi” dedicata ai senzatetto. “La spesa pro-capite per detenuto nel 2007 era di 13.170 euro l’anno – ha aggiunto Marazziti – esclusi gli stipendi per gli operatori penitenziari. In due anni si è dimezzata, arrivando a 6.393 euro. Inoltre vorrei sottolineare che due su tre ritornano in carcere, quindi forse c’è qualcosa che non va nel sistema: la recidiva di coloro che espiano interamente la pena è del 68% mentre quella di coloro che sono usciti con l’indulto è del 27%. Bisogna fermarsi a riflettere su questo”.
Le ultime vittime. Simone La Penna, questo il nome dell’uomo, era in carcere per reati legati alla droga ed è stato trovato morto questa mattina nel suo letto. Soffriva di anoressia nervosa e, stando alle analisi del sangue, aveva una carenza di potassio. A Regina Coeli era arrivato dal reparto medico per detenuti dell’ospedale “Belcolle” di Viterbo.
L’altro ieri sera Alessio Scarano, 24 anni, è stato ritrovato agonizzante nella sua cella nel carcere di Cuneo. La famiglia solleva pesanti dubbi sull’accaduto: “Ci hanno detto che è morto per cause naturali ma lui stava bene, non aveva alcun problema fisico”.
Si tratta degli ultimi episodi di un fenomeno che sta assumendo dimensioni allarmanti: i detenuti morti in carcere sono 12 dall’inizio del mese di novembre, 159 nel corso del 2009.
Il Garante. “Si allunga l’elenco dei morti in carcere” ha commentato il garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni, che riferendosi in particolare a Simone La Penna, ha auspicato che la magistratura faccia chiarezza “anche se sembra una morte naturale”.”In generale – ha aggiunto – io credo che siano maturi i tempi per una riflessione complessiva: il carcere non è certamente il luogo più adatto per i malati gravi”.
La denuncia delle associazioni. Di carcere, spiega l’associazione ‘Ristretti orizzonti’ si muore con frequenza allarmante e spesso a morire sono persone giovani e giovanissime: degli 11 detenuti deceduti a novembre prima di La Penna, soltanto tre avevano più di 50 anni, gli altri nove sono stati stroncati da quello che possiamo chiamare il “mal di carcere”, che si traduce in suicidi, in overdosi, ma a volte anche in decessi per motivi apparentemente inspiegabili. Sono 1.543 i detenuti morti dal 2000 ad oggi: un terzo aveva meno di 30 anni e un altro terzo tra i 30 e i 45 anni; il 60 per cento in attesa di giudizio, quindi, “tecnicamente”, in dieci anni più di 1.000 persone “innocenti” sono morte in carcere. In molti casi questa “non colpevolezza” era reale, non soltanto formale, dato che il 40% delle persone incarcerate viene poi assolta a processo.
L’associazione ha messo a confronto la popolazione detenuta in Italia e quella degli Stati Uniti. Ne emerge un quadro insospettabile: ogni anno nelle carceri italiane muore per “cause violente” un detenuto ogni 1.000, mentre nelle carceri Usa ne muore uno ogni 4.000 circa. Negli anni ’80 la frequenza delle morti violente nelle carceri americane era superiore a quella italiana, ma dopo una serie di interventi, tra i quali la costituzione di uno staff composto da 500 operatori che si è fatto carico della formazione permanente del personale penitenziario sulla prevenzione del suicidio e degli atti violenti, il tasso di suicidi e omicidi si è ridotto di quasi il 70 per cento. Dalla metà degli anni ’90 ad oggi questo livello è rimasto pressoché costante, malgrado l’aumento considerevole della popolazione detenuta. In Italia il tasso di mortalità dei detenuti per “cause violente” negli ultimi 30 anni si è mantenuto su valori costanti, con “picchi” di suicidi in corrispondenza delle situazioni di massimo affollamento degli istituti di pena.
Lancia l’allarme anche la comunità di Sant’Egidio: “In Italia i detenuti sono più di 65 mila. E’ un record dal dopoguerra”, ha detto Mario Marazziti, portavoce della comunità, durante la conferenza di presentazione a Roma della guida “Dove mangiare, dormire e lavarsi” dedicata ai senzatetto. “La spesa pro-capite per detenuto nel 2007 era di 13.170 euro l’anno – ha aggiunto Marazziti – esclusi gli stipendi per gli operatori penitenziari. In due anni si è dimezzata, arrivando a 6.393 euro. Inoltre vorrei sottolineare che due su tre ritornano in carcere, quindi forse c’è qualcosa che non va nel sistema: la recidiva di coloro che espiano interamente la pena è del 68% mentre quella di coloro che sono usciti con l’indulto è del 27%. Bisogna fermarsi a riflettere su questo”.
fonte: La Repubblica
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