Omicidio Cucchi: Parla il supertestimone «Erano in tre a picchiare, ma non carabinieri».
- novembre 19, 2009
- in carcere, vittime della fini-giovanardi
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«Erano in tre a picchiare, ma non carabinieri». E’ il racconto che agli inquirenti della Procura di Roma, ha fatto il cittadino del Gambia S.Y., nell’ambito dell’inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi. L’uomo, che è detenuto in una struttura di assistenza per tossicodipendenti, è il supertestimone dell’accusa, colui cioè che ha dichiarato di aver visto il giovane geometra romano mentre veniva picchiato nei sotterranei del palazzo di giustizia della capitale. L’immigrato, che il 16 ottobre scorso condivise la cella con Cucchi, sarà ascoltato in incidente probatorio sabato prossimo: le sue dichiarazioni diventeranno così una prova del pestaggio che ha ucciso il ragazzo. «Era magro, la faccia carina, il cappuccio in testa», ricorda. E poi più avanti, spiega: «Lui dire me – traduce in modo letterale l’interprete – se ho droga, io dire “no, non ce l’ho”, e lui dire “io ce l’ho dentro». Rispetto all’aggressione subita da Cucchi, S.Y., prima spiega: «L’hanno aggredito, gli hanno dato un calcio… carabinieri…». Poi, a domanda precisa del pubblico ministero Maria Francesca Loy, se siano stati i militari dell’Arma, risponde deciso: «No, gli accompagnatori… quindi sarà la penitenziaria». Il gambiano, più avanti nel verbale, che consta di 29 pagine, aggiunge che «dalla piccola finestra ho visto che lo stavano picchiando e lui è caduto per terra. L’hanno messo in cella, è venuto uno di quelli, era gentile, gli ha dato una sigaretta». La descrizione di chi ha picchiato è vaga. Il testimone dice prima che avevano tutti la divisa, anche se azzurra, poi blu infine blu chiaro. «Lo stavano portando dalla cella, circa 20 minuti prima di andare dal giudice, lui era andato in bagno». S.Y. spiega ancora: «Perdeva poco sangue dalla gamba, non ricordo se destra o sinistra, mi diceva sempre che si sentiva male. “Mi hanno menato questi stronzi” diceva». Cucchi, comunque, aveva «dolore fino alla punta del piede». Descrivendo la dinamica dei fatti, l’interprete si tocca la parte bassa della schiena all’altezza dell’osso sacro e lungo tutta la coscia e la gamba. Secondo il gambiano, Cucchi gli avrebbe detto che il pestaggio era avvenuto «quando l’hanno accompagnato, mentre lo accompagnavano le guardie, gli hanno menato…». I calci e i pugni ci sono stati nel corridoio delle celle di sicurezza. Dopo che i carabinieri avevano consegnato Cucchi agli agenti della polizia penitenziaria. I militari dell’Arma non entrano di norma nella sezione, che sta nei sotterranei della cittadella giudiziaria. Per l’accusa di omicidio preterintenzionale sono indagati tre agenti. Di omicidio colposo, invece, tre medici dell’ospedale Sandro Pertini.Nel frattempo, i tre medici dell’ospedale Pertini coinvolti nella vicenda Cucchi saranno trasferiti «provvisoriamente» in altre strutture dell’Asl RmB, secondo quanto disposto ieri dalla direzione aziendale e che avrà effetto immediato. Una scelta presa, secondo quanto si apprende, anche a tutela dei medici. I medici sono il primario Aldo Fierro, responsabile del reparto penitenziario, e i medici Stefania Corbi e Rosita Caponetti. I tre avevano ricevuto un avviso di garanzia per omicidio colposo, perché accusati di aver omesso le dovute cure sanitarie a Stefano Cucchi.
fonte: Liberazione
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