Continua a crescere il sovraffollamento, con alcune carceri che arrivano al 120 per cento. Al 30 novembre, secondo i dati aggiornati dal Dap, risultano 60.002 detenuti. Un risultato che fa registrare 9.419 detenuti oltre alla capienza regolamentare che risulta, ufficialmente, di 50.583 posti.
Continua a crescere il sovraffollamento, il trend non si arresta. Al 30 novembre, secondo i dati aggiornati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, risultano 60.002 detenuti. Un risultato che fa registrare 9.419 detenuti oltre alla capienza regolamentare che risulta, ufficialmente, di 50.583 posti. Al 31 ottobre, invece, erano 9.187 i detenuti in più.
Tutti gli istituti penitenziari risultano in sovraffollamento con picchi oltre il 120 percento, l’unica regione che si salva è il Trentino Alto Adige con 455 detenuti su 506 posti regolamentari. Ancor prima, a settembre, erano invece 8.653 i ristretti oltre i posti disponibili. I numeri del sovraffollamento risulterebbero addirittura maggiori se si sottraessero dai posti disponibili circa 5000 celle inagibili che, invece, vengono conteggiate nei 50.583 posti disponibili. Il sovraffollamento quindi è destinato ad aumentare nonostante che nel passato, grazie a diverse misure adottate dopo la sentenza Torreggiani, si sia ridimensionato. Di fronte all’emergenza, la politica, vecchia e nuova, risponde con la costruzione di nuove carceri che puntualmente non bastano mai.
Motivo per il quale, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ( Cpt) sottolineò che costruire nuove carceri per risolvere il problema del sovraffollamento non è la strada giusta, perché «gli Stati europei che hanno lanciato ampi programmi di costruzione di nuovi istituti hanno infatti scoperto che la loro popolazione detenuta aumentava di concerto con la crescita della capienza penitenziaria». Viceversa, «gli Stati che riescono a contenere il sovraffollamento sono quelli che hanno dato avvio a politiche che limitano drasticamente il ricorso alla detenzione».
A sorpresa aumentano nuovamente i bambini dietro le sbarre. Sono 45 le mamme detenute che hanno un totale di 55 figli al seguito, una ventina dei quali sono in carcere, mentre il resto dei piccoli sono negli Istituti a custodia attenuata che rientrano, però, sempre dentro il perimetro penitenziario. Anche in questo caso, la soluzione del guardasigilli è una sola: costruire più Icam e non rendere più fruibile la detenzione domiciliare come prevedeva la riforma originaria. I bimbi dietro le sbarre sono aumentati, visto che il mese precedente, al 31 ottobre, erano 42 le mamme detenute che avevano un totale di 50 figli al seguito.
La legge prevede l’innalzamento del limite di età dei bambini che possono vivere in carcere con le loro madri da tre a sei anni. La norma contempla la custodia in istituti a Custodia Attenuata per detenute Madri ( Icam) in sede esterna agli istituti penitenziari, con lo scopo di evitare a questi bambini un’infanzia dietro le sbarre. Ad oggi ce ne sono 5: Torino Lorusso e Cutugno, Milano San Vittore, Venezia Giudecca, Cagliari e Lauro ( in Campania). Ne funzionano 4, perché l’Icam di Cagliari è tuttora priva di ospiti. A Firenze doveva essere aperta da tempo un Icam, ma oggi l’appartamento è inutilizzato e in stato decadente, nonostante che la regione abbia stanziato dei soldi.
A ricordarlo è l’esponente fiorentino del partito radicale e presidente dell’Associazione Progetto Firenze Massimo Lensi: «Durante la visita di ieri ( 30 novembre ndr) nel carcere di Sollicciano, organizzata dalla Camera Penale di Firenze, abbiamo dovuto riscontrare che nel nido del carcere di Sollicciano erano presenti due bambini, rispettivamente di tre e sette mesi, detenuti insieme alle loro madri. Nonostante tutte le promesse – denuncia Lensi -, gli sforzi e le pressioni di ogni genere per evitare il ripetersi di queste gravi situazioni, l’istituto per madri detenute ( ICAM) di Firenze attende da più nove anni di essere aperto. Nel frattempo, – sottolinea il presidente di Progetto Firenze – lo stabile individuato in via Pietro Fanfani per ospitare l’istituto rischia di deteriorarsi ulteriormente. Rivolgo un accorato appello a tutte le istituzioni competenti affinché questo problema si avvii velocemente a soluzione. È un problema – conclude – di civiltà giuridica e di umanità ed è grave che a Firenze dove tutto sarebbe pronto si indugi ancora».
Damiano Aliprandi
da il dubbio