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Roma: la nuova stagione romana si apre sempre con gli sgomberi

Tra ieri e oggi sono stati sgomberati il campo rom Casilino 700 e l’ex fabbrica Heineken. Mentre per gli afgani della «buca» si sono aperte le porte del Cara di Castelnuovo di Porto, per un mese. Poi è tutto da costruire. Intanto le associazioni restano mobilitate.
L’operazione «sgomberi, sgomberi, sgomberi» annunciata ieri mattina dal sindaco Alemanno nel suo incontro «riservato» con il Prefetto di Roma non poteva avere battesimo migliore di quello che si è verificato tra ieri e oggi al campo rom Casilino 700. Ieri sono stati sgomberati senza alcun preavviso i circa 400 rom che lì risiedevano da tanto tempo. Questa mattina un imponente schieramento di forse dell’ordine in accordo con il comune di Roma ha sgomberato anche l’ultimo rifugio che una parte degli stessi rom aveva trovato ieri nella zona: la ex fabbrica della Heineken in via dei Gordiani. Una parte dei rom è stata rispedita «volontariamente» in Romania un’altra parte, dopo essere stata identificata, è stata lasciata andare ma non si sa dove dal momento che molti di loro hanno i figli nelle scuole lì vicino. L’esperienza di Casilino 700, cheCartaQui ha raccontato alcuni mesi fa è una di quelle che si potrebbero moltiplicare. Un posto brutto ma, in compenso, una comunità di adulti e bambini che si autorganizza, manda tutti i figli a scuola, gli uomini lavorano e nessuno di noi ha detto una donna stamattina chiede l’elemosina. Ma gli stereotipi sono duri a morire così come lo sono i pregiudizi e l’uso perverso che dei rom intende fare il sindaco Alemanno. Che, «convinto» anche dalle esortazioni che gli sono venute dai municipi romani targati Pdl [o che ha sollecitato?] ieri mattina al Prefetto avrebbe detto proprio così: è finito il tempo dei tavoli, ora si passa ai fatti. E i fatti sono «sgomberi, sgomberi, sgomberi». Così, in un giorno Roma ne ha vissuti due, il primo dei quali, quello di Casilino 700, ha avuto, al momento un ben triste e squallido epilogo. Difatti, delle circa cento persone prese d’assalto questa mattina dalle truppe di Alemanno, una trentina sono state «convinte» a lasciare il paese e tornare in Romania. Le altre, dopo essere state schedate, sono state mandate fuori dalla ex fabbrica che, al termine della giornata, verrà murata, a «scongiurare» altre possibili occupazioni. Quando il pullman con le persone che «volontariamente» avevano deciso di tornare in Romania è partito, una donna ha cominciato a battere sul vetro del finestrino, a dire che voleva scendere e che stava male e voleva andare in ospedale. C’è voluta una certa energia da parte del presidio di giovani dei centri sociali e delle associazioni per convincere gli organizzatori della deportazione «volontaria» a far scendere la donna e a chiamare un’ambulanza. Quanto all’immediato futuro, per tutti i rom di Casilino 700 non solo è finito quel progetto di comunità, non solo non sanno come potranno far terminare l’anno scolastico ai loro figli, non sono le loro povere cose sono state ammassate dentro vecchie valigie di cartone e grandi bacinelle di plastica, ma, da parte del comune, nessun aiuto. A meno di accettare, firmando, un foglio per essere portate in un centro con i loro figli ma senza i mariti. Una ben strana idea di famiglia, da parte del cultore del genere, Gianni Alemanno. Ma con tutta evidenza, non tutte le famiglie sono uguali.
Se tutto questo non bastasse, nel primo pomeriggio è toccato agli afgani che da tempo avevano occupato il cratere di un cantiere mai terminato nel quartiere Ostiense. Per loro, dopo una manifestazione davanti al Campidoglio la settimana scorsa, si profilava un ulteriore limbo senza soluzione. Invece, grazie al lavoro di Aldo Morrone del San Gallicano, di Medici dei diritti umani, dei alcuni centri sociali che hanno seguito i duecento profughi e richiedenti asilo, oggi si sono aperte per loro le porte del Cara di Castelnuovo di Porto. E, siccome fidarsi è bene ma fino a un certo punto, ad accompagnare i pullman che li hanno prelevati c’erano anche coloro che li hanno sempre aiutati. Risultato: sono stati accolti, per un mese a spese della Croce rossa e poi passeranno sotto la responsabilità del comune che li inserirà nell’assistenza per l’emergenza inverno. Dove? Forse nello stesso Cara forse in una struttura che verrà adibita a breve presso il San Camillo. Intanto, per loro, le associazioni chiedono trasporti gratuiti e la possibilità di proseguire nelle attività formative che già avevano iniziato.
fonte: Anna Pizzo da carta