Il Comune caccia il presidio gratuito, ma il medico che l’ha aperto rilancia: «La salute è un diritto inalienabile, un bene assoluto che non può essere sacrificato sull’altare di logiche meschine. Da qui non ce ne andiamo, abbiamo già trovato un nuovo locale, una vecchia falegnameria del paese»
Dopo aver eliminato i cartelli di benvenuto «Riace, città dell’accoglienza», demolito la “fattoria didattica”, cancellato i murales civili, il neo sindaco di Riace, il leghista Antonio Trifoli (in attesa della sentenza che lo dichiari ineleggibile, nel processo in corso a Locri) continua la sua personale opera di “delucanizzazione” del borgo jonico. Fa campagna elettorale per conto terzi (leggi Salvini) in vista delle regionali e ordina lo sfratto dell’ambulatorio sociale che “il “medico dei poveri”, Isidoro Napoli detto Sisì, e la cooperativa Jimuel hanno aperto a Riace qualche anno fa e che l’allora sindaco Domenico Lucano aveva ospitato nel palazzo del Comune.
Dottor Napoli, in questi giorni prova più amarezza o disgusto?
Sono davvero deluso e amareggiato. Il nostro ambulatorio serve la gente povera, i diseredati, gli invisibili, coloro i quali non hanno accesso al Servizio sanitario nazionale. Ammetto la polemica politica su tutto, ma non sulla salute. È una cosa davvero umiliante per chi la fa. La salute è un diritto inalienabile, un bene assoluto che non può essere sacrificato sull’altare di logiche meschine.
Perché ha deciso di aprire questo ambulatorio proprio a Riace?
Mi fece inorridire un’affermazione dell’allora premier, Matteo Renzi, quando disse che i migranti dovessero avere assistenza a casa loro. Poi ci pensò Minniti, l’allora capo del Viminale, a rincarare la dose di demagogia affermando che con l’arrivo dei barconi era a rischio la tenuta democratica del nostro paese. Per cui decisi, insieme al team di medici e paramedici con cui operavamo già in altre parti del mondo (Filippine, Congo, Indonesia, ndr), di sperimentare quest’assistenza medica diffusa e gratuita in Italia. Diretta a tutti, italiani e non. Una ricerca del Politecnico di Milano rilevava, infatti, proprio in quel periodo, che il 16% dei nostri concittadini non si curava più, nonostante il nostro Ssn, perché i costi comunque indotti dalla richiesta di cure non erano più accessibili per fasce sempre più larghe della popolazione. Abbiamo deciso di trasferirci a Riace perché è il luogo ideale per rivolgerci agli ultimi della terra. Che qui hanno piena cittadinanza molto più che altrove.
Quanti malati avete curato in questi anni nella Locride?
Dati complessivi non ne ho. Sono in grado di fornire i dati sulle visite ginecologiche: 350, che hanno riguardato 150 pazienti di cui 40 italiane. Queste stime sono la riprova che non si tratta di un ambulatorio per stranieri, uno spazio medico per i rifugiati, perché il diritto alla salute è universale e non può avere barriere di censo, di razza e di religione.
Avete ricevuto attestati di solidarietà da più parti, il limitrofo comune di Monasterace vi ha offerto una sede all’interno del palazzo municipale. Mimmo Lucano e la cooperativa Città Futura si sono immediatamente mobilitati. Come e dove pensate di proseguire?
Intanto, sono lieto di annunciare proprio al manifesto che in queste ore una sede l’abbiamo già trovata e individuata qui a Riace. È una vecchia bottega artigiana, l’antica falegnameria del paese che presto diverrà il nostro nuovo ambulatorio. Il tempo di renderlo agibile e lo inaugureremo. Stiamo approntando con l’aiuto di tecnici stimati le modifiche strutturali ai fini dell’agibilità. Due anni fa ricevemmo una visita ispettiva, molto sospetta, che non diede soddisfazione a chi già allora voleva cacciarci. Comunque una cosa è certa. Noi da Riace non ce ne andiamo. Chi si è messo in testa di cacciarci se ne dovrà fare una ragione. Ringrazio il sindaco di Monasterace per le belle parole di affetto e di solidarietà concreta. A Riace questo ambulatorio è nato e a Riace continueremo ad operare. È il paese dei santi Cosma e Damiano, che erano medici e stranieri. Il sindaco e il parroco questo se lo ricordano solo a giorni alterni. Comunque nelle more della ristrutturazione della nuova sede, tutti i pazienti saranno visitati e curati presso gli ambulatori privati che i medici hanno concesso per sopperire ai disagi dovuti allo sfratto. Cure gratuite e per tutti. Nessuno escluso.
da il manifesto