In 20 mila a Roma per la cancellazione delle Leggi Sicurezza
- novembre 10, 2019
- in lotte sociali
- Edit
In tanti e tante a Roma hanno sfidato la pioggia battente per rivendicare l’immediata abrogazione delle cosiddette “Leggi Sicurezza” e denunciare l’assenza di discontinuità nelle politiche del governo.
«Oggi vedo in piazza tanti giovani che vogliono continuare a lottare contro un sistema che appare sempre più ingiusto, un sistema che vede queste persone come un pericolo da togliere di mezzo». A parlare così è Nicoletta Dosio, 73 anni, già professoressa di latino e greco, fondatrice del movimento No-Tav che proprio nei giorni scorsi è stata condannata per interruzione di pubblico servizio e violenza privata dal tribunale di Torino per una manifestazione del 2012, annunciando che «se qualcuno mi verrà a prendere andrò in carcere». Sono le ore 14.30 quando un lungo serpentone di donne e uomini, molti migranti, si dispone compatto in piazza del Colosseo dietro lo striscione “Aboliamo le leggi sicurezza”. Quando il corteo nazionale parte, al microfono la Dosio dice: «I diritti sono di tutti e sono tanti. Alla casa, all’istruzione, ad un mondo senza barriere. Ad un lavoro che non deve uccidere e non deve devastare. Il diritto a una libertà vera che non può essere divisa dall’uguaglianza. E quando conquistare i diritti diventa pericoloso per un sistema che si fonda sull’arbitrio, allora ecco i decreti sicurezza».
Erano circa 20 mila le persone che oggi pomeriggio hanno sfidato la pioggia battente per rivendicare l’immediata cancellazione delle cosiddette “Leggi Sicurezza”. Da ogni parte d’Italia sono partiti diversi pullman che hanno raggiunto il centro di Roma, da cui il corteo si è poi snodato lungo le vie Labicana, Manzoni, Emanuele Filiberto, fino a raggiungere piazza della Repubblica. Arrivati nei pressi del Viminale, i manifestanti – una composizione variegata, che ha visto nei giorni prima della manifestazione raccogliere adesioni di movimenti sociali, associazioni, Ong, sindacati e partiti – hanno esposto lo striscione “Aboliamo i decreti sicurezza”. Già, perché il corteo di oggi, oltre il maltempo, sembra aver voluto raccogliere una sfida ben più profonda: quando infatti i movimenti e le associazioni hanno iniziato a ragionare su una grande mobilitazione contro i Decreti Sicurezza fortemente voluti da Matteo Salvini, al Viminale c’era ancora il Ministro che aveva posto proprio con l’approvazione di quei decreti la sua firma personale sulla svolta reazionaria della politica italiana. E, tuttavia, il lancio della manifestazione era invece avvenuto dopo l’estate, inizialmente nell’assemblea nazionale di “Energie in Movimento” poi ripresa dal Forum Indivisibili, in un clima politico e mediatico parzialmente mutato, quando con il cambio di governo e il presentarsi della compagine giallo-rossa sembrava essersi dissolto il pericolo salviniano e sbandierata l’apertura di una nuova fase politica segnata dalla discontinuità.
«Siamo in piazza oggi in una fase politica in cui la tanto auspicata discontinuità non si è data, anche sulla chiusura dei porti e sulla criminalizzazione della solidarietà», dice Ada Talarico di Mediterranea. E ancora: «C’è invece bisogno di rilanciare, sia in mare così come in terra, il tema della libertà di movimento, c’è la necessità di sgretolare attraverso la disobbedienza queste politiche».
Sullo stesso registro Stefano Bleggi di Melting Pot: «Qui non c’è stata nessuna discontinuità, lo abbiamo visto con il decreto di recente voluto da Di Maio che ha inserito la lista dei paesi sicuri. E in questi giorni, di nuovo, con il rinnovo degli accordi infami con la Libia. Infine, con la prosecuzione della linea già avviata dai precedenti governi di centro sinistra che hanno introdotto e poi inasprito la detenzione amministrativa per i migranti».
E, in effetti, ci parlano della mancata discontinuità con il precedente governo giallo-verde, le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi proprio dalla nuova Ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, la quale ha di fatto espresso la volontà di confermare l’impianto complessivo delle due Leggi “incriminate”, oltre che di voler continuare la politica avviata dal precedente Ministro Marco Minniti. Impianto che, come è stato più volte sottolineato dagli interventi dal camion, non riguarda esclusivamente le politiche migratorie ma finisce per limitare gli spazi di agibilità democratica e del dissenso.
Per Salvatore Corizzo della rete “Roma non si Chiude”, tra gli organizzatori della manifestazione, quelle sulla cosiddetta “sicurezza” sono «leggi in primo luogo razziste, che criminalizzano la libertà di movimento di migliaia di migranti, di chi scappa dalla guerra». Ma, continua, «sono anche leggi liberticide che limitano il diritto di manifestare per tutti, lavoratori e lavoratrici, per chi è impegnato nelle lotte sindacali». Secondo Maria Paola Boselli di “Restiamo Umani”, «Non è possibile reprimere il dissenso sociale con misure restrittive che vanno a colpire determinati comportamenti solo perché condotti all’interno di una manifestazione».
C’è dunque secondo gli attori sociali e politici della piazza di oggi, un filo nero che ha unito le politiche degli ultimi due Ministri degli Interni, Marco Minniti e Matteo Salvini, ed è quell’ossessione per la sicurezza da cui sono nate norme intenzionate a limitare il diritto alla protezione internazionale dei migranti, punire i volontari che salvano in mare o accolgono in terra vite umane, e infine, inasprire le pene e gli strumenti repressivi per quelle categorie, operai sociali, disoccupati, studenti, precari, poveri che praticano il conflitto sociale. Oggi è stata una giornata importante, hanno ribadito al microfono, mentre il corteo si concludeva, alcune organizzazioni come “Roma non si chiude” e la rete “Restiamo Umani”, organizzazioni sindacali come l’Usb, le Clap, Camere del lavoro autonomo e precario” e i Cobas e le attiviste di “Non una di Meno”. Quest’ultime danno appuntamento a sabato 23 novembre, quando per le vie della capitale scenderanno di nuovo migliaia di donne e anche di uomini contro la violenza maschile sulle donne, ma anche per ribadire con forza che occorre fermare, qui ed ora, la torsione autoritaria che attraversa, in Italia, e in Europa, il tempo presente.
da Dinamopress
Foto di Costanza Fraia