Quattro in più rispetto al mese precedente. 32 sono nelle sezioni femminili degli istituti. Cresce il sovraffollamento, ma aumentano anche i bambini dietro le sbarre.
Al 30 novembre del 2019 si registra la presenza di 52 detenute con 56 figli al seguito, mentre nel mese precedente ne risultavano 52 di bambini. La detenzione di una donna con i propri figli deve essere sempre una misura estrema, eppure i numeri sembrano non darne concretezza.
La maggior parte dei bambini sono ospitati con la genitrice all’interno degli Istituti a custodia attenuata (Icam) dedicati: Torino “Lorusso e Cutugno”, Milano “San Vittore”, Venezia “Giudecca” e Lauro, mentre nessuna coppia madre-figlio è collocata nell’Icam di Cagliari.
Gli altri bambini, in mancanza della disponibilità delle case famiglia (in Italia ne esistono soltanto due), sono, di fatto, reclusi negli istituti di pena nelle 19 “sezioni nido”. I bimbi si trovano distribuiti nell’Istituto femminile di Roma- Rebibbia (11) e nelle sezioni femminili degli Istituti, prevalentemente maschili, di Bologna (2), Firenze “Sollicciano” (1), Messina (1), Milano Bollate (3), Teramo (2) e Torino (12).
Con la riforma dell’Ordinamento penitenziario del 2018, è entrato ufficialmente nella normativa il termine asilo nido, cristallizzando in tal modo la situazione. “Alle madri – si legge all’articolo 14 dell’Ordinamento penitenziario – è consentito di tenere presso di sé i figli fino all’età di tre anni. Per la cura e l’assistenza dei bambini sono organizzati appositi asili nido”.
Il Garante nazionale delle persone private della libertà, con la collaborazione dei Garanti locali, l’anno scorso ha realizzato una ricerca sulle condizioni effettive delle sezioni o delle stanze destinate a ospitare bambini fino ai tre anni di età.
Il primo dato che è emerso è la totale inadeguatezza di quattro strutture che non rispondono ad alcuno dei requisiti oggetto del monitoraggio, né a quelli strutturali (adeguatezza delle stanze alle esigenze del bambino, cucina separata per i bimbi, presenza di un cortile attrezzato con giochi, di una ludoteca, di ambienti idonei per i colloqui con i familiari), né a quelli relativi alla qualità della vita dei bambini (presenza di personale specializzato e di volontari, convenzioni per l’inserimento nelle scuole del territorio, possibilità per i bambini di uscire con i volontari). Altre tre non hanno un cortile attrezzato per i bambini, in due manca una ludoteca e in tre i locali per i colloqui sono stati definiti non idonei per bambini piccoli.
“Ma – osserva il Garante nella relazione annuale – colpisce anche la mancanza di personale specializzato: in nove Istituti non è previsto personale dedicato ai bambini e in sei manca anche il personale medico e sanitario specializzato (interviene soltanto “a chiamata” in caso di necessità)”. Per il Garante si tratta insomma, in alcuni casi, di situazioni inaccettabili, per le quali occorrono interventi strutturali urgenti oltre all’innalzamento degli standard necessari per ospitare un bambino all’interno di una struttura detentiva, seppure per breve tempo.
Mai perdere di vista l’importanza di mantenere il legame tra la detenuta madre e il figlio nei primi anni di vita, privilegiando però la decarcerizzazione come prevedeva un decreto della riforma originaria dell’ordinamento penitenziario, purtroppo mai approvato.
Nel frattempo, per un soffio, si è sfiorata una tragedia. Il mese scorso, nell’Icam di Milano, una neonata di poche settimane ha rischiato di morire. Salvata in extremis grazie all’assistente capo della polizia penitenziaria Rinaldo Rugiano, il quale dopo aver sentito la madre della neonata gridare per chiedere aiuto, ha trovato la bambina cianotica e, una volta affidato al collega la custodia temporanea delle detenute, è corso all’esterno dell’Icam percorrendo a piedi i pochi metri che lo separavano dall’ospedale Macedonio Melloni, dove ha consegnato la bambina che è stata subito rianimata.
Damiano Aliprandi
da il dubbio