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Passa la fiducia sul ddl sicurezza

Passa la fiducia sul ddl sicurezza, Maroni soddisfatto. L’opposizione protesta. Intanto si organizza la visita a Roma dell’amico libico, il 10 e l’11 giugno. L’Unhcr e il Cir preoccupati.
I deputati hanno approvato due dei tre maxiemendamenti al disegno di legge sicurezza sottoposti alla fiducia. Il primo – quello che comporta le norme razziste – è stato approvato con 316 voti a favore e 258 contrari. Il secondo riguarda la mafia, ed è stato approvato con 315 sì e 247 no. Il terzo riguarda la sicurezza urbana. Dopo il voto alla camera, il ddl verrà esaminato dal senato.Il ministro dell’interno Roberto Maroni, «soddisfatto», incassa la fiducia e dice di voler arrivare all’approvazione definitiva del ddl entro maggio. Sul tema della sicurezza «è aumentato nettamente il consenso verso il governo, anche in strati di elettorato di sinistra», ha dichiarato Maroni. Quanto al sondaggio che parla di diminuzione di consensi, Maroni replica: «Dei sondaggi non mi fido. Noi abbiamo i sondaggi quotidiani dei nostri militanti che parlano con la gente. Continueremo su questa linea: non solo per l’aumento di consenso, ma perché è giusto». L’Italia sembra decisa a proseguire sulla strada dell’esternalizzazione delle frontiere. Maroni ha anche fatto sapere che venerdì prossimo incontrà Lawrence Jolles, responsabile per l’Italia dell’Unhcr. «Lo vedo – ha spiegato il ministro – perché le preoccupazioni che vengono sollevate le teniamo in conto ma la proposta che facciamo non è quella che hanno avanzato loro di accoglierli tutti e poi valutare, ma quella di creare una struttura in Libia per valutare là se qualcuno ha i requisiti per lo status» di rifugiato. Le nuove norme sulla sicurezza sono «razziste, contrarie alla Costituzione e alla carta delle Nazioni unite – ha dichiarato il segretario del Prc Paolo Ferrero, mentre partecipava al sit-in di protesta davanti a Montecitorio – Questo provvedimento non ridurrà il numero dei clandestini, ma li spingerà ancor più a diventare invisibili. Aumenteranno i lavoratori in nero, sfruttati e costretti a un lavoro di tipo schiavistico. E cosa succederà al clandestino che ha voglia di denunciare ai carabinieri che il suo datore di lavoro? Finirà in galera». Per la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia alla camera, Donatella Ferranti, «con le ronde il governo introduce una pericolosa giustizia ‘fai da te’ e sforna l’ennesimo regalo alla criminalita’ organizzata che in alcune aree del paese vedrà ‘legalizzati’ i propri metodi di riscossione del pizzo. Le ronde sono un attacco frontale alle forze dell’ordine che vedono svilito il proprio ruolo di unico punto di riferimento sul territorio per la prevenzione e la repressione dei reati e che a causa di questo governo non hanno ancora ricevuto interventi organici che tengano conto delle esigenze economiche, materiali e funzionali rappresentate dalle organizzazioni rappresentative delle forze di polizia. E poi, ad oggi non sappiamo nulla su come il ministero dell’Interno ha intenzione di regolamentare le ronde: chi ci dice che i rondisti non diventeranno dei prezzolati di partito o squadristi a caccia di migranti senza permesso di soggiorno? Insomma siamo profondamente contrari a questa norma che giudichiamo inutile e pericolosa». Intanto, si conosce la sorte delle oltre 300 persone che il governo italiano ha deportato in Libia. Sono stati suddivisi in piccoli gruppi e alloggiati in vari centri di accoglienza. In una decina di casi è stato necessario l’immediato ricovero in ospedale, anche perché tra i migranti ci sono diverse donne incinte. «Tutti – dice Lawrence Hart, responsabile a Tripoli dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni [Oim] all’Agenzia Misna – hanno bevuto acqua marina e sono arrivati disidratati. L’ambiente promiscuo dei centri favorisce poi la diffusione di malattie contagiose molto comuni, come la scabbia». La legge libica non prevede limiti alla permanenza nelle strutture di accoglienza e, secondo il responsabile di Oim, può capitare che i migranti restino detenuti per mesi in attesa di identificazione. «Sui barconi trasportati a Tripoli dalla Marina militare italiana – dice Hart alla Misna – viaggiavano persone provenienti da Nigeria, Ghana, Burkina Faso, Mali, Bangladesh: una volta accertata la loro cittadinanza tramite i consolati saranno riportati nei paesi d’origine con voli charter. Sovraffollamento e condizioni igienico-sanitarie precarie fanno dei centri libici luoghi di tensione e violenza: se la politica segnalata dagli ultimi interventi della Marina militare italiana dovesse continuare, la situazione rischia di diventare insostenibile». Christopher Hein, il direttore del Consiglio italiano dei rifugiati [Cir], ha dal canto suo rivolto un appello al governo italiano «affinché non crei situazioni estreme che possano vanificare quello che è stato fatto sino a ora per provare a migliorare le condizioni di vita all’interno delle strutture libiche», note per le torture e le violenze che vi subiscono i migranti. Il 10 e l’11 giugno, Gheddaffi sarà in visità a Roma dall’«amico» Silvio. Il dittatore libico, a cui l’Università di Sassari vuole conferire una laurea honoris causa, tornerà in Italia per il G8 dell’Aquila – dall’8 al 10 luglio prossimi, nelle vesti di presidente dell’Unione africana.
fonte: Carta