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Egitto: L’Italia arma la repressione, nuovi accordi con al-Sisi

Incontri tra l’ambasciata di Roma e Il Cairo e visite d’affari di aziende civili e belliche. Intanto nella capitale egiziana aggredito l’attivista egiziano Gamal Eid. E in carcere muore una detenuta

La diplomazia italiana al Cairo continua a lavorare alacremente per promuovere le imprese (e le armi) italiane in Egitto. Venerdì 20 dicembre l’ambasciatore Giampaolo Cantini ha incontrato il ministro della produzione bellica Mohamed al-Assar per discutere di «cooperazione economica».

Né l’ambasciata né la Farnesina hanno diffuso note ufficiali e la faccenda è stata quasi del tutto ignorata dalla stampa italiana. Al contrario di quella egiziana che invece, basandosi sui resoconti ufficiali egiziani, ha approfittato dell’occasione per sottolineare ancora una volta che «i rapporti d’affari italo-egiziano si stanno sviluppando molto bene».

Nell’incontro, al quale ha partecipato anche lo staff dell’addetto militare dell’ambasciata, si è parlato di industria, soprattutto bellica. Cantini ha «espresso il desiderio di aumentare gli investimenti italiani in Egitto incoraggiando le compagnie italiane a investire nel paese», secondo il quotidiano economico Daily News Egypt, facendo in particolare riferimento alla Rheinmentall Defence, azienda leader nella difesa aerea con sede a Roma.

L’ambasciatore ha poi «raccomandato» diverse partnership tra imprese italiane e il ministero di al-Assar, espressione del potente complesso economico-militare egiziano. Cantini, sempre secondo il Daily News, avrebbe anche annunciato il suo impegno a favorire la partecipazione di altre aziende alla prossima edizione della Egypt Defence Expo (la fiera cairota dell’industria militare), a dicembre 2020.

Il vertice tra il diplomatico italiano e il ministro è stato il culmine di una intensa settimana di incontri d’affari. Sabato 21 una delegazione di quindici imprese italiane ha concluso una visita durata quattro giorni, fitta di incontri con esponenti del governo e dell’imprenditoria egiziana. La visita rientrava nell’ambito del secondo Forum economico italo-egiziano (il primo c’è stato a Napoli a settembre).

L’industria italiana ha portato a casa nove accordi economici firmati durante la visita, che confermano «il grande potenziale di crescita della cooperazione economica», secondo le parole di Giuseppe Romano, presidente della Cise, Confederazione italiana per lo sviluppo economico, presente al Forum.

Stando alle notizie diffuse dalla stampa egiziana, alcune aziende italiane prenderanno parte agli investimenti nei progetti per la nuova capitale amministrativa, faraonica città nel deserto voluta da al-Sisi.

Non è dato sapere molto altro sul contenuto degli accordi economici e sulle aziende firmatarie, tanto meno per quel che riguarda quelli in ambito militare. Secondo il sito Sicurezza internazionale, il 2018 è stato un anno d’oro per l’export militare italiano in Egitto.

L’anno scorso infatti il regime di Abdel Fattah al-Sisi ha pagato oltre 69 milioni di euro per l’acquisto di armi, munizioni e sistemi di informazione per la sicurezza di provenienza italiana, quasi dieci volte il volume d’affari del 2017. I nuovi accordi fanno presagire altri segni positivi per l’industria bellica italiana.

Gli armamenti, spiega il quotidiano della Luiss, «sono volti principalmente all’impiego militare, sia per l’esercito sia per la polizia e le forze di sicurezza».

Le stesse forze di sicurezza che in questi giorni sono tornate a fare notizia con altre violazioni. Domenica è toccata di nuovo a Gamal Eid, direttore dell’Arabic Center for Human Rights Information, storica organizzazione per i diritti umani. L’avvocato è stato aggredito sotto casa da una decina di uomini armati e a volto coperto.

Mentre alcuni lo tenevano fermo e lo picchiavano, altri lo hanno cosparso di vernice. È la seconda aggressione del genere in pochi mesi. Entrambe portano chiaramente la firma degli apparati di sicurezza statali, denuncia Eid.

Si aggrava anche la situazione nelle carceri. Domenica scorsa una donna detenuta è morta nel complesso di al-Qanater, in seguito a una grave negligenza medica dell’autorità penitenziaria.

Nella stessa prigione dieci donne sono da due settimane in sciopero della fame. Tra queste c’è la 39enne Aisha al-Shater, figlia di un noto leader della Fratellanza musulmana, detenuta in condizioni durissime e in queste ore in serio rischio di vita, secondo quanto riporta Human Rights Watch.

Pino Dragoni

da il manifesto