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Da Salvini a Lamorgese il taser è servito

La dotazione del Taser alle forze dell’ordine è stata approvata dal consiglio dei ministri, dando quindi piena attuazione alla misura voluta da Salvini quando era ministro degli interni. Il quale Salvini ovviamente gongola rivendicando il risultato, e anzi, con decreto attuativo e regolamento ancora da scrivere, già ne invoca allargamento di uso e dotazione.

Ne avevamo già parlato in questo articolo, ricordiamo solo che la pistola elettrica, lungi dall’essere “strumento non letale” come viene presentata, negli USA ha provocato oltre 1000 morti negli ultimi venti anni (Reuters).

Ma al di là dei numeri colpisce la volontà di alzare il potenziale offensivo delle forze dell’ordine, peraltro in una fase in cui si ripetono interventi violenti anche in assoluta assenza di motivazioni: ultimo il 18 gennaio a Prato, con il corteo contro la repressione e i decreti Salvini che si stava pacificamente sciogliendo, e una improvvisa carica con relative manganellate. E in cui il sistematico attacco alle condizioni materiali di vita di lavoratori, precari, studenti, senza casa, non può che provocare dissenso, rabbia, protesta sociale: già la sicurezza privata dello stabilimento Coca Cola di Nogara (VR) ha usato i taser contro i lavoratori in protesta per i 14 licenziamenti annunciati dalla multinazionale.

E se ci sarà da aspettarsi un uso “disinvolto” della nuova arma, presentata come strumento di dissuasione sottovalutandone la pericolosità, come rileva Antigone, che peraltro viene aumentata in caso di problemi cardiaci, o stati di ansia e agitazione, uso di sostanze e altre circostanze frequentemente collegabili agli interventi delle forze dell’ordine, c’è già chi non si accontenta: Salvini, in perfetto accordo con le sigle sindacali più di destra della polizia (quelli che applaudivano i 4 agenti che hanno ucciso Aldrovandi, per intendersi), prefigura la dotazione del taser anche per la polizia penitenziaria e per la municipale, inseguendo la loro visione distopica di un universo poliziesco dominato dall’obbedienza, dalla paura e dalla violenza.

Una prece per chi, invocando una discontinuità che francamente si fa fatica a intravedere, sperava nell’abrogazione dei decreti sicurezza.

Maurizio De Zordo

da Per un altra città

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