Marsiglia, un venerdì sera qualunque, un inseguimento di un giovane da parte della polizia si conclude con la morte. Medhi, 18 anni, è l’ultimo nome di cui veniamo a conoscenza in questa vera e propria guerra che nei quartieri popolari francesi si protrae da decenni. Medhi è originario della cité La Maison Blanche, ed è il collettivo degli abitanti dell’edificio che ne dà la notizia su facebook denunciando la solita retorica dei giornali che parla di forze dell’ordine che sparano per difendersi da delinquenti e criminali.
Qualche mese fa alla Maison Blanche c’era stato un incendio che ha distrutto una decina di appartamenti dell’ernome palazzo. Già allora il collettivo di abitanti si era mobilitato per denunciare il susseguirsi di incursioni da parte della polizia a seguito dell’incendio che hanno avuto come conseguenza immediata l’aumentare della tensione nel quartiere. Il comportamento delle forze dell’ordine di quei giorni esemplifica una pratica diffusa e sistematica, capace di approfittarsi di una situazione difficile per arrestare, intimidire, usare violenza contro gli abitanti di questi territori. I problemi di alloggi insalubri, di situazioni strutturali e di vivibilità precarie risalgono a ben prima dell’incendio ma nell’acuirsi della difficoltà gli abitanti della cité hanno dovuto affrontare l’emergenza nel più totale abbandono da parte delle istituzioni che, dopo aver pagato qualche notte in hotel agli inquilini dei piani più devastati, se ne sono lavate le mani risistemandoli negli stessi appartamenti completamente ricoperti di fuliggine. L’associazione Médecins du Monde ha dichiarato rischi non indifferenti di problemi respiratori per le famiglie coinvolte nel rialloggiamento. A seguito di questa vicenda gli abitanti e i solidali hanno organizzato una marcia per la dignità il mese successivo. A Marsiglia non è il solo caso di situazioni abitative insalubri e rischiose per la vita stessa delle persone, in molti ricorderanno il crollo del palazzo a Noailles, altro quartiere popolare della città, che provocò la morte di 8 persone nel 2018.
È il paradosso di territori “abbandonati”, poveri di servizi e di sostegno economico e materiale, che parallelamente diventano scenario di una compenetrazione di poteri che hanno il solo ruolo di reprimere, controllare e arginare l’esplosione dell’impossibilità di un vivere dignitoso. Sono tanti i nomi che ogni anno vengono ricordati dai collettivi nati in seguito agli assassini di giovani dei quartieri popolari per pretendere giustizia, verità e per disvelare i meccanismi marci che coinvolgono Stato, giustizia e forze dell’ordine in una macchina in cui le oppressioni di razza e di classe concorrono nel soffocare la spinta verso il riscatto.
da InfoAut