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Il Moloch della App, il Governo sicuritario e l’assenza dei tamponi.

Un’altra presa in giro. La App non sarà una panacea né aiuterà ad accelerare l’agognata Fase 2. Ma sarà un’ulteriore scivolamento in direzione del controllo sicuritario sui corpi.

Prima è stato il lockdown: ci è stato detto che derogare a diritti fondamentali sanciti dalla costituzione ci avrebbe dato in cambio un brusco rallentamento del contagio, che era l’unica possibilità. Per salvare il corpo lo si è privato della sua integrità, un animale chiuso, con la retorica dei balconi e dell’andrà tutto bene. Chi provava a correre è stato sbranato dagli animali in gabbia, che sono passati dal canto comunitario all’individualismo della rabbia dai balconi. L’opinione pubblica è stata fomentata dalle tv, criminalizzando il singolo quando il criminale stava altrove, nelle regie regionali e nazionali. Si sono dimenticati i bambini, chi vive solo, chi è fragile, tutti scomparsi dalla retorica nazionale. Per controllare il trasgressore si è messo in campo un imponente apparato di polizia che ha spesso oltrepassato il suo compito, fino a pestaggi di cittadini rei di scendere a portare la spazzatura, come accaduto a Sassari qualche giorno fa.

Ma il lockdown ha soltanto rallentato l’epidemia, servivano i tamponi. Senza tamponi e test sierologici gli asintomatici non vengono individuati, rendendo la prigionia di un intero paese un sacrificio vano. E quello che accadrà ai nostri corpi in gabbia, fatti di emozioni, paure e stress resterà un problema del singolo: collettivizzare la pena e individualizzare il danno.

Poi la APP. Ci hanno detto che solo la tecnologia ci avrebbe salvato, o almeno consentito di cominciare ad allentare la reclusione. Ci mentono ancora. La App non potrà mai identificare il contagiato. Per fare questo sarebbe necessario che uno lo sapesse, di essere positivo. E se lo sapesse sarebbe posto in quarantena. Ma non facendo i tamponi la App sarà non solo inutile, ma dannosa. Se, come si dice, almeno il 60% dei cittadini la scaricherà (numero sotto il quale non avrebbe senso, essendo solo parziale), gireranno munite di App persone che non sono state identificate come negative, positive, asintomatiche. In Corea la App è stata integrata da un sistema plurimo di controllo, le telecamere, la misurazione della temperatura nei luoghi pubblici e sui mezzi. Da noi sarà solo un’operazione di facciata. Però chi la scaricherà avrà ceduto alla App i propri dati sensibili, le patologie, un tumore in corso o pregresso, il diabete, le terapie seguite.  E sulla riservatezza di queste informazioni è lecito nutrire forti dubbi. In nome del recupero di un barlume di libertà si cederà un’ulteriore quota di libertà. Ci faranno digerire la App, ma non ci daranno i tamponi e i test sierologici.

E tutto questo sarà inutile al bene collettivo. Anzi, è già un pericolo. Nel giro di un paio di mesi abbiamo lasciato che l’incapacità di chi doveva assicurare la salute pubblica durante una pandemia ci facesse derogare sui diritti fondamentali della tanto decantata Costituzione. E’ stata tolta la libertà di movimento, di domicilio, fra poco la riservatezza sui nostri dati sensibili, e aspettiamo quello che delibererà la task force anti fake news: chi dissente dalla narrazione di stato (o di regione) verrà additato come pericoloso sovversivo, disfattista, contrario al bene della Patria.

Per celebrare questo 25 Aprile non serviranno “manifestazioni virtuali”, bandiere nazionali ai balconi, retorica di liberazione. Sarà necessario abbandonare la paura che ci hanno inoculato in questi mesi, e cominciare una nuova Resistenza a quello che ci stanno preparando.

Viviana Vivi Codemo