Croci rosse dipinte sulla testa dei rifugiati al confine bosniaco
Si chiama “the Game”, il gioco pericoloso che ogni notte centinaia di migranti provenienti dalla rotta balcanica affrontano per cercare di passare il confine tra Bosnia e Croazia.
Ad attenderli, una volta scoperti, una serie di violenze ed umiliazioni ben conosciute e più volte riportate da testimoni oculari ma lasciate sostanzialmente all’indifferenza del mondo, in particolare dell’Unione europea che non ha ancora mosso un dito.
Adesso però una denuncia della Ong No Name Kitchen, che lavora lungo la frontiera, precisamente al valico di Velika Kladuša, ha scoperchiato una realtà ancora più terribile.
I poliziotti croati infatti marchiano con una croce rosso- arancione sulla testa i migranti catturati.
Un trattamento inumano, da bestie, che secondo un responsabile dell’organizzazione umanitaria, Jack Sapoch, risponde a intenti ideologici ben precisi: «O le autorità croate che commettono questi atti stanno usando la vernice spray per identificare e umiliare o, ancora più preoccupante, è una tattica per traumatizzare psicologicamente questi uomini, la maggior parte dei quali sono musulmani, con un simbolo religioso».
Le notizie su questo barbaro trattamento risalgono già ai primi di maggio, nei giorni 6 e 7 un gruppo di migranti aveva riferito alla Ong di essere stato marchiato con la vernice nella zona di Polijana, territorio bosniaco e di aver subito il sequestro di soldi, scarpe e telefoni cellulari.
La stessa cosa era avvenuta presso il campo di Miral.
Il quotidiano inglese The Guardian è venuto in possesso di fotografie che comprovano e documentano la pratica delle guardie di frontiera croate, ciò ha fatto scattare anche un’indagine delle Nazioni Unite che ha ripetutamente chiesto alle autorità di Zagabria di fare luce sull’accaduto.
Ma le risposte sono state carenti e anzi si è giustificato l’agire degli agenti di frontiera con la necessità di proteggere i confini dall’epidemia di Covid- 19.
Zoran Stevanovic, responsabile delle comunicazioni regionali dell’UNHCR ( l’agenzia per i rifugiati dell’Onu) per l’Europa centrale non ha nascosto alla stampa internazionale le sue preoccupazioni: «La nostra organizzazione ha precedentemente ricevuto e successivamente condiviso con le autorità rapporti credibili di persone che affermano di essere state illegalmente respinte dalla Croazia in Bosnia. Questi rapporti evidenziano problemi riguardanti l’identificazione delle domande di asilo, la violenza e l’uso eccessivo della forza, l’identificazione di persone vulnerabili, il trattamento dei bambini non accompagnati», La brutalità della polizia croata sembra essere incoraggiata ancora di più dell’esplosione della pandemia di Covid- 19, le autorità statali infatti avrebbero acquisito una maggiore autonomia tanto da renderle intoccabili e di fatto irresponsabili per le loro azioni.
La pandemia di coronavirus dunque è diventata un’arma feroce per respingere anche senza motivazioni valide chi fugge dalle guerre e dalla miseria.
Come successo sempre alla frontiera con la Bosnia il mese scorso, quando migliaia di migranti sono stati trasferiti di forza in una zona remota, Lipa, a 25 chilometri dal confine con la Croazia, provocando il panico tra richiedenti asilo e volontari.
Che asesso temono un allontanamento strumentale e un confinamento che peggiorerà ulteriormente le loro precarie condizioni di vita.
Alessandro Fioroni
da il dubbio