Milano: Tantissimi al corteo contro lo sgombero di cox18
- gennaio 25, 2009
- in centri sociali, emergenza, lotte sociali
- Edit
Chi sgombera non legge libri”, firmato Archivio Primo Moroni. Un corteo come Milano non vedeva da anni. Denso. Ordinato. Arrabbiato. I primi cordoni, con qualche chilo e capello in meno, sembravano quelli della stagione dei centri sociali degli anni ’80. Gente che arriva e si mette a ridere: «Ma ci sei anche tu?», «Dove ci dobbiamo mettere?», «Venite qui tra i vecchi amici di Conchetta». Gente che c’era anche nel 1989. L’ultimo sgombero per lo storico luogo della cultura e della politica underground milanese. In mezzo un mare di giovani. E qualche solidarietà non scontata: Gabriele Salvatores, ad esempio. Ma anche altri intellettuali, scrittori, musicisti. Doveva essere un presidio, ma non poteva che finire in corteo. Voglia di andare. Di prendersi la città. Davanti le donne, quelle del Cox, mischiate a tante compagne di varie realtà, rivendicazione femminista diretta ed esplicita con accuse alla sindaca: “Letizia Moratti non hai capito niente, Conchetta 18 non si vende”. Il più bersagliato dai manifestanti, neanche a dirlo, è però il vicesindaco De Corato, il mandante dello sgombero. In fondo al corteo le bandiere di Prc e Sinistra Critica. Oltre diecimila persone. Due chilometri di serpentone che si attiene alle consegne urlate dal camion di Cox18: non accettate provocazioni, state in cordoni, non è una passeggiata… Il programma recita: ci riprenderemo Conchetta. Gli slogan convinti: “La terra trema, il cielo si oscura, Conchetta 18 non ha paura”.D’altronde dallo sgombero vigliacco di giovedì mattina (con una causa civile in corso sull’area, dopo 32 anni di occupazione di cui 20 “concessi” da una delibera comunale del 1989), con la paura che l’archivio del movimento, i libri di Primo Moroni, la Calusca, finissero in mano al vicesindaco, il “federale” che vieterebbe i cortei perché disturbano lo shopping, ieri impegnato con La Russa in una conferenza stampa contro il Brasile che non estrada Battisti. Ma da giovedì molto è cambiato. Tanta solidarietà, dal quartiere Ticinese e da un sacco di luoghi. In primis i centri sociali. Anche quelli che non ci sono più. Il miracolo del giorno è proprio questo. Tutte le realtà antagoniste di Milano (ma anche di Brescia, Cremona, Bergamo, dal Piemonte…) non sfilavano insieme da anni. Si sono riuniti. Davanti Conchetta a decidere il percorso contrattato metro per metro con la Questura. Da Piazza XXIV maggio al Duomo e ritorno. Con un vero giallo già dalla partenza. La polizia, infatti, ferma un ragazzo e una ragazza con uno zainetto con petardi e fumogeni. Li portano in Questura. E i due diventano in qualche modo, “ostaggi” in cambio del tranquillo svolgimento degli eventi. Intanto il corteo va. Passando nello struscio del sabato. Prendendosi la parola contro la città della moda e dell’Expo che non sa più cosa sono i bisogni della gente e gli spazi sociali. La parola più pronunciata dal camion? “Cultura”. Intanto, quandi si affaccia Piazza Duomo arriva la notizia: i deu soino stati rilasciati.Qualche piccolo inconveniente in via Torino, con un “esproprio” di una trentina di giovani alla Standa, una vetrina rotta, qualche cestino incendiato. Molti manifestanti litigano con il gruppetto di giovanissimi che alzano la tensione. Volano parole grosse e spintoni. Ma il momento più delicato è quello del ritorno al quartiere Ticinese, per riprendersi Conchetta. La polizia è davvero tanta. Chiude tutte le vie con molti mezzi. Si prende petardi, insulti, qualche uova. Ma finisce tutto lì. «Decidiamo noi quando ci riprenderemo Conchetta, come e quando», dicono dal camion gli organizzatori. Il dibattito, però, c’è stato. Così tanta gente. Così tanti che hanno marciato e resistito al freddo per cinque ore. Perché non provarci ora? Perché ci sarebbero stati scontri. E lo slogan di uno degli striscioni d’apertura diceva: “Più cultura, meno paura uguale Cox 18”. La promessa andava mantenuta. Sapendo che questa città non regalerà nulla. Che qualsiasi cosa, anche quello che è nostro, sarà da conquistare.
fonte: Liberazione
Share this: