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Ponticelli. Condanna shock per il «furto» di una bimba

Si è chiuso con una condanna per sequestro di persona il primo grado del processo a carico di A.V., la quindicenne rom accusata di aver tentato di “rubare” una neonata a Ponticelli lo scorso maggio, avvenimento che ha scatenato gli incendi e la successiva cacciata dei Rom dal quartiere. «L’accusa è stata formulata dalla madre della neonata, unica testimone dell’avvenimento, che ha fornito una versione dei fatti oggettivamente poco verosimile» – spiega Cristian Valle, avvocato della piccola Rom che ha messo in evidenza le contraddizioni dell’implausibile racconto, l’oggettiva improbabilità che una quindicenne possa concepire e cercare di realizzare assolutamente da sola un tale disegno criminale, senza alcuna organizzazione alle spalle, e senza alcun mezzo per allontanarsi dall’abitazione». Secondo il racconto della madre della neonata, infatti, A.V. sarebbe riuscita ad introdursi nella sua abitazione e, approfittando che la donna si era recata in camera da letto lasciando la figlia neonata da sola nella stanza accanto, sarebbe riuscita a “prendere” la neonata, slacciandola dal suo seggiolone, e a uscire dall’appartamento, senza far rumore. A quel punto la donna avrebbe aperto la porta di casa e visto la quindicenne rom sul pianerottolo in procinto di allontanarsi con la neonata in braccio; riusciva, dunque, a strappare la figlia dalle braccia della rapitrice, a bloccarla e a farla arrestare. «Nonostante la scarsa plausibilità del racconto, nonostante il fatto che la accusatrice annoveri un precedente di polizia per falsità ideologica – si legge in una nota dell’associazione Soccorso legale Napoli che difende la Rom – il Tribunale per i Minorenni di Napoli, ha accolto in pieno le tesi della P.M. Valeria Rossetti Rossetti, che ha fondato la colpevolezza sul presupposto che la madre della neonata non avrebbe avuto alcuna ragione o interesse ad accusare la minore rom se il fatto non fosse realmente accaduto e condannato la quindicenne per sequestro di persona con l’aggravante della minorata difesa, per il fatto che la madre si trovasse in un’altra stanza e non ha derubricato il reato in sottrazione di minore, nè ha voluto concedere la messa alla prova perchè mancava la confessione – A.V., infatti, si è sempre dichiarata innocente – e non ha concesso nessun beneficio di legge sulla base della circostanza che la minore risulta a sua volta abbandonata». I familiari della ragazza, infatti, sono scappati a seguito della devastazione del campo rom e delle persecuzioni verificatesi a Ponticelli. «Le gravi difficoltà della minore, dunque, abbandonata a se stessa, senza mezzi in un paese straniero, sono state valutate come presupposto per un inasprimento delle sanzioni da infliggere. Durante l’intero procedimento sono stati mortificati diritti fondamentali, come la traduzione degli atti nella lingua conosciuta alla minore, questione più volte sollevata dalla difesa e sempre respinta nonostante le dichiarazioni della mediatrice culturale che segue la minore secondo la quale la piccola rom al momento dell’arresto non comprendeva in alcun modo la lingua italiana. Ogni richiesta della difesa è stata sistematicamente respinta, perfino l’ammissione al gratuito patrocinio», concludono i responsabili dell’associazione.

fonte: carta