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Milano 10 settembre 1994: Il corteo dell’opposizione sociale

Per la generazione nata tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, quella ventenne al G8 di Genova per intenderci, la data 10 settembre 1994 risveglia subito un immaginario di riferimento potentissimo. Quel giorno sfilò a Milano un corteo di più di 20.000 persone a seguito dell’ennesimo sgombero del Leoncavallo e la giornata terminò con duri scontri in centro. Il filmato che documenta la scomposta fuga di un reparto di Polizia in via Turati di fronte alla carica degli autonomi è stato cliccato una, dieci, cento volte da chiunque abbia fatto militanza nei movimenti da quel giorno in poi.

Ma facciamo un passo indietro di una decina d’anni.

Nel 1985, dopo un lungo periodo di stasi nelle mobilitazioni (movimento pacifista a parte) riesplode in Italia il conflitto sociale con le mobilitazioni degli studenti medi dell’autunno di quell’anno. Queste mobilitazioni permettono l’incontro tra la generazione militante sopravvissuta alla grande repressione di fine anni ’70 (in quel periodo molti iniziano a uscire dal carcere), tra quella che non ha vissuto gli anni Settanta, ma ha garantito l’attraversamento del deserto nei primi anni Ottanta e la generazione degli under20. I primi frutti di questo fervido incontro iniziano a vedersi già negli anni successivi quando riparte un ciclo di occupazioni in città. Sono occupazioni che hanno vita brevissima, ma permettono a moltissimi giovani di sperimentarsi nelle pratiche dell’autogestione mostrando loro che esiste un “modello altro” nei terribili anni della “Milano da bere” craxiana.

L’anno di svolta nella metropoli è il 1989, ma non per la caduta del Muro di Berlino…

A gennaio avviene lo sgombero di Conchetta mentre in pieno agosto, il 16 per l’esattezza, avviene lo sgombero di via Leoncavallo 22 con la feroce resistenza che abbiamo ricordato appena alcune settimane fa. I fatti del 16 agosto sono un vero e proprio vettore che invece che porre la parola fine all’esperienza del Leo moltiplica le forze e i numeri. Tanto è vero che la sera stessa dello sgombero le macerie del centro sociale del Casoretto, illegalmente abbattuto dopo lo sgombero, vengono rioccupate e il Leo sarà ricostruito. A settembre viene anche rioccupato Conchetta non prima di una vera e propria mattanza a suon di manganellate davanti al portone del centro sociale appena rioccupato. Quello che segue a questi fatti è l’incontro nazionale “Contro i padroni della città” del 23 e 24 settembre ’89 che si concluderà con un grosso corteo. Quel convegno sarà l’incubatore che nel giro di pochi anni porterà a decine e decine di occupazioni su tutto il territorio nazionale con la nascita del “movimento dei centri sociali”.

Quelli che seguono sono anni molto agitati con il Leoncavallo sotto costante rischio sgombero.

Nel 1990 si ha il movimento universitario della Pantera. Il primo movimento universitario di massa dal 1977.

Poco dopo esplode Tangentopoli che, in città, spazza via la classe dirigente della Prima Repubblica: democristiani, socialisti e anche gli uomini dell’ex-PCI che nel frattempo ha cambiato nome trasformandosi in PDS. Il vuoto provocato dal crollo dei partiti moderati conservatori verrà momentaneamente riempito dal fenomeno Lega Lombarda (poi Lega Nord) poi ridimensionato e sostituito dalla discesa in campo di Berlusconi.

Alle elezioni comunali del 1993 trionfa la Lega con il 40,9% dei voti. Lega che riesce a piazzare come Sindaco il suo candidato Marco Formentini che come punto saliente della campagna elettorale aveva proprio lo sgombero del Leoncavallo. Ricordiamo che, ai tempi, il secondo partito in città risultò Rifondazione Comunista con l’11,5% dei voti.

Il Leoncavallo diventa terreno di scontro frontale in città e, nei fatti, il centro sociale, ma in generale il movimento, rappresenta, per un periodo non breve l’unica vera opposizione al leghismo a Milano.

Dopo un fase molto tesa caratterizzata da continui cortei in città e da un’incerta trattativa il Leo viene definitivamente sgomberato dalla sua sede storica la fredda mattina del 20 gennaio 1994.

A quello sgombero segue la momentanea assegnazione agli occupanti da parte della Prefettura dello stabile in via Salomone 71 a poche decine di metri da dove verrà scoperto il famigerato autoparco della Mafia, in un quartiere difficilissimo.

La momentanea tregua salta il 27 marzo 1994 quando Berlusconi e con lui Bossi e Fini vincono le elezioni politica costituendo un governo di destra. L’immediata conseguenza è il proditorio sgombero del 9 agosto.

A quel punto, il Leoncavallo lancia la manifestazione nazionale del 10 settembre e si sottopone a un agosto di peregrinazioni in città sottoposto a continui divieti e prepotenze da parte delle Forze dell’Ordine.

Questa la convocazione del corteo.

L’8 settembre viene occupata la sede di via Watteau. Un primo tentativo di sgombero immediato supportato anche da un blindato viene sventato dai militanti salendo sui tetti. Nel frattempo avvengono blocchi stradali in giro per la città. Il diluvio obbliga la Polizia ad addivenire a più miti consigli. Il Reparto Mobile si ritira, la tensione è altissima e la resa dei conti solo rimandata.

Il corteo di sabato 10 settembre si concentra in porta Venezia.

La Questura contesta la presenza in testa del servizio d’ordine fornito di tute bianche rallentando la partenza. Nel frattempo la piazza si gonfia.

Il concentramento del corteo in porta Venezia

La manifestazione, che nelle intenzioni degli organizzatori doveva raggiungere piazza Duomo è stata autorizzata solo fino a piazza Cavour. Di fatto, metà del percorso previsto viene vietato.

Il corteo raggiunge corso di Porta Vittoria e la sostanziale blindatura della città appare sempre più evidente.

Si prosegue per la circonvallazione interna raggiungendo piazza Cavour. Qui il corteo raggiunge la sua massima consistenza: circa 20.000 persone.

La piazza è sostanzialmente chiusa su tutti i lati. Con gli schieramenti più grossi a impedire l’accesso a via Manzoni che porterebbe in Duomo e quello a via Fatebenefratelli che porta alla Questura. Anche le altre vie però sono presidiate. La manifestazione è accerchiata in una piazza non sufficiente a contenere tutti i manifestanti.

La pressione diventa insostenibile e mesi di vessazioni, divieti e denunce esplodono in modo rabbioso e liberatorio travolgendo un reparto di Polizia presente in via Turati. Il corteo, a quel punto, inizia a scorrere verso Repubblica con scontri davanti al Consolato americano di largo Donegani. Da piazza Cavour le Forze dell’Ordine effettuano una pesantissima carica sulla coda del corteo iniziando a inseguirlo verso Repubblica.

Il fronteggiamento in via Turati

Qui avvengono fermi e pestaggi di manifestanti isolati e anche di giornalisti.

Il corteo, molto diminuito nei numeri, viene inseguito fino a Stazione Centrale e tallonato fino a Greco dove le circa 2.000 persone rimaste in piazza si barricano all’interno di via Watteau.

La Questura mette in stato d’assedio l’intero quartiere per diverse ore, ma alla fine deve alzare bandiera bianca.

Questo il comunicato del Leoncavallo dopo quella mobilitazione:

Un corteo di oltre 20.000 persone ha attraversato le strade di Milano. Un variegato insieme di centri Sociali, associazioni, realtà dell’autorganizzazione e del sindacalismo di base, chiamato ad una manifestazione nazionale dell’opposizione sociale.
Il corteo si è svolto pacificamente segnando, con vernice e petardi, alcuni luoghi simbolici della città tra cui il Tribunale.

Al termine del corteo autorizzato dalla Questura, in piazza Cavour, luogo assolutamente inadatto ad accogliere anche minimamente la manifestazione, la polizia ha più volte caricato il corteo mentre questo defluiva verso piazza della Repubblica per svolgere il comizio finale. Il sindaco di Milano, il Ministero degli Interni e la peggior stampa di questo paese hanno avuto finalmente gli incidenti che volevano. Abbiamo più volte ripetuto che la politica dei divieti è una strada senza uscita. Che, sul lungo periodo è portatrice di disordini piuttosto che di pubblico ordine. E alla fine, al quinto divieto, parziale o totale, in otto mesi nella città di Milano, tutto ciò ha avuto conferma. Stesso ragionamento ci sembra valga per la politica degli sgomberi perseguita dalla giunta milanese nonostante le infinite possibili altre soluzioni che noi stessi abbiamo più volte indicato.

I responsabili dei fatti di oggi hanno nomi e cognomi, a cominciare da quel nuovo Questore di Milano Carnimeo, che ancor prima di questo corteo annunciava con intelligente scelta di tempo l’ennesimo sgombero del centro sociale Leoncavallo di via Watteau.
Lo steso che al termine del corteo ha deciso di bloccare almeno 2.000 compagni all’interno dello stesso centro sociale minacciandone l’immediato sgombero.

E’ ovvio che quanto accaduto non porterà alcun ripensamento all’ottusa politica del governo civile e militare della città di Milano, anzi, produrrà un ulteriore restringimento delle libertà di associazione politica, e un ulteriore accanimento repressivo contro una generazione politica già gravata di oltre 800 denunce nel solo ultimo anno. Ma è altrettanto ovvio che è incancellabile la risposta che decine di migliaia di persone hanno voluto dare alla politica sociale del governo Berlusconi e della giunta milanese nella manifestazione che segna l’apertura dell’anno politico e di un’intensa stagione di lotta.

Una manifestazione che ha ripreso il segno delle fermate spontanee degli operai torinesi lo ha fatto vivere in un altro variegato aggregato politico-sociale e lo rimanda nei mesi prossimi ai molti che raccoglieranno fino alla convocazione dello sciopero generale che si annuncia.

Con quella giornata, in modo simbolico, ha fine una fase di movimento in Italia (con una coda velenosa nella vendetta delle Forze dell’Ordine del dicembre successivo con il blitz e la devastazione del Leo). Quello che verrà dopo e che porterà ai giorni del luglio genovese del 2001 sarà un’altra, bellissima storia.