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I Centri di detenzione per migranti nell’era Covid-19

No one is looking at us anymore: Migrant Detention and Covid-19 in Italy”. E’ il titolo del report realizzato da tre studiosi Francesca Esposito, Emilio Caja e Giacomo Mattiello. L’idea di effettuare una ricerca circa le condizioni dei migranti in Italia, con particolare riguardo a coloro che si trovano nei centri di detenzione, è nata nel bel mezzo della diffusione del Corona Virus in Italia. Il periodo di riferimento per l’analisi è quello del lockdown, tra il 9 marzo e il 18 maggio 2020 dunque.

La pandemia da Covid19 ha avuto un impatto negativo sulle vite di tutti e tutte sicuramente, ma è certo che molte persone hanno avuto il “privilegio” di vivere la quarantena, necessaria per frenare la trasmissione del virus, in maniera molto più tranquilla e serena, con spazi e comodità da non sottovalutare perché non a disposizione di chiunque.

L’esperienza del “rimanere chiusi dentro” non può essere stata la stessa per chi nel suo appartamento, con i propri cari, ha potuto giostrarsi tra libri e serie tv, dilettandosi magari in cucina e in altre attività e chi, invece, è stato costretto a passare quasi tre mesi senza un distanziamento sociale adeguato, in precarie condizioni igienico-sanitarie e con la conseguenza inevitabile di una maggiore esposizione al contagio, come è il caso dei migranti nei centri di detenzione.

Da marzo, osservano gli autori del report, abbiamo sentito ripetere costantemente frasi del tipo “Siamo tutti insieme nell’affrontare questo nemico comune”, ma se è vero che il virus non discrimina e dunque, ognuno può esserne contagiato, è anche vero che le vittime di discriminazioni basate ad esempio sul genere, l’etnia, la classe o la cittadinanza sono state (e sono tuttora) maggiormente esposte ad un pericolo di contagio.

L’acuirsi e l’inasprirsi delle disuguaglianze sociali e strutturali pre-esistenti al periodo pandemico è stato il motore che ha portato la Dottoressa Esposito e i Dottori Caja e Mattiello a voler realizzare questo coraggioso e necessario studio. La traduzione del titolo del report sarebbe in italiano “nessuno ci guarda più”, una frase che descrive perfettamente le condizioni di vita di chi già prima non veniva preso in considerazione nel contesto sociale e che ora, con la pandemia, è diventato completamente “invisibile”. L’obiettivo è stato dunque quello di fare luce sui dimenticati e raccontare le loro difficoltà e fragilità in questo terribile periodo e contemporaneamente contribuire al dibattito circa l’illegalità della detenzione dei migranti, una pratica che si è consolidata in Italia a partire dal 1998 con la Legge 40 sulla “Disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero”, fino ad arrivare ad oggi ad un vera e propria “normalizzazione” delle azioni di detenzione degli stranieri, azioni che non hanno alcun carattere giuridico ma piuttosto politico, cioè quello di controllare, tramite la detenzione appunto, quella parte della società, ovvero gli stranieri, che viene ritenuta “pericolosa” e “non desiderata”.

Sono stati presi in analisi 8 centri di detenzione per migranti presenti sul suolo italiano, da nord a sud: Torino Corso Brunelleschi, Gradisca d’Isonzo, Roma Ponte Galera, Macomer, Palazzo San Gervasio, Bari, Brindisi-Restinco, Caltanissetta Pian del Lago. Due di questi centri sono stati chiusi, ma nel frattempo ne è stato attivato un altro a Milano. Al momento in cui il report è stato redatto, nel Settembre 2020, erano ancora attivi 7 centri di detenzione per stranieri in Italia. Già altri studi avevano evidenziato le criticità di questi luoghi: spazi inadeguati a garantire uno stile di vita dignitoso e il diritto alla salute. Ne va da se che queste criticità, con lo scoppio della pandemia, si sono acuite ancora di più a causa della chiusura delle frontiere: sovraffollamento, strutture fatiscenti e degradate, precarie condizioni sanitarie, accesso limitato alle cure e scarsità di canali di informazione adeguati sono state le problematiche principali. Come se non bastasse, mentre paesi come la Spagna (entro maggio 2020 i centri di detenzione per migranti sul suolo spagnolo sono stati completamente svuotati) o il Regno Unito, si sono attivati sul loro territorio per cercare di migliorare lo status dei migranti nelle strutture di detenzione, in Italia, nonostante gli appelli e le preoccupazioni di associazioni e attivisti, il Governo ha ignorato la questione senza provvedere adeguate misure di sicurezza sanitaria e garantire, per esempio, un sistema di informazione per gli ospiti circa il virus. Basti pensare al centro di Roma a Ponte Galeria, isolata nell’estrema periferia sud della capitale. Si tratta di un edificio che architettonicamente ricorda una vera e propria prigione. È stato uno dei primissimi ad aprire in Italia, nel 1998, ed è stato tristemente teatro di violenze e soprusi: 3 persone sono morte in 22 anni. Due per mancanza e negligenza di cure mediche e una giovane donna si è suicidata per evitare di essere deportata in Tunisia. Durante il periodo di lockdown, come denunciato da CILD, per gli ospiti del centro non è stato possibile mettere in atto il distanziamento sociale necessario: dormitori da 4 a 6 persone, spazi comuni per mangiare e utilizzo degli stessi servizi igienici. Inoltre, le attività delle Ong e delle associazioni religiose e di volontariato che operavano nella struttura sono state sospese per tutta la quarantena.

Siamo come cavalli dentro le stalle, chiusi, e nessuno ci ascolta, nessuno, sia all’interno dei centri che fuori, cioè il Ministero, il Questore. Perché nessuno ci guarda più, perché questa è ormai un’emergenza nazionale, internazionale.

Queste sono le dichiarazioni che un detenuto di uno dei centri ha rilasciato ai microfoni di Radio Capital. I Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) sono da sempre strumenti politici che non guardano al benessere degli ospiti ma piuttosto luoghi remoti dove gli stessi vengono ignorati, come si fa con la polvere sotto il tappeto con l’intento di nasconderla.

Il report ha portato ancora più a galla le falle già note di questi luoghi.

Qui di seguito il link per leggere l’intero report https://www.law.ox.ac.uk/sites/files/oxlaw/no_one_is_looking_at_us_anymore_1.pdf

da Cronache di Ordinario Razzismo