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Usa: Spararono a Blake, nessun processo contro i poliziotti

Non verrà incriminato nemmeno l’agente che era accorso insieme a Sheskey per rispondere a una chiamata riguardante un problema familiare

Rusten Sheskey, l’agente di Kenosha, Wisconsin, responsabile di aver sparato al 29enne afroamericano Jacob Blake, non verrà incriminato. La decisione è stata annunciata dal procuratore distrettuale della contea di Kenosha, Michael Graveley.

SHESKEY AVEVA SPARATO sette volte a Blake il 23 agosto 2020, l’uomo è sopravvissuto ma è rimasto paralizzato dalla vita in giù. Non verrà incriminato nemmeno l’agente che era accorso insieme a Sheskey per rispondere a una chiamata riguardante un problema familiare. Nella versione degli agenti Sheskey aveva sparato in quanto temeva che Blake, mentre tentava di fuggire in macchina, stesse cercando di rapire un bambino seduto sul sedile posteriore del veicolo.

Il Dipartimento di giustizia del Wisconsin aveva dichiarato che Blake era armato di coltello, e lo stesso Blake aveva confermato alle autorità di possedere un coltello. Un avvocato della famiglia di Blake, B’Ivory LaMarr, durante una conferenza stampa, ha contestato l’affermazione del procuratore secondo cui Blake costituiva una minaccia per i poliziotti: «Non è contro la legge possedere un coltello, le persone hanno coltelli per una serie di motivi diversi. Jacob Blake non ha mai negato di avere un coltello».

«RITENIAMO CHE QUESTA DECISIONE abbia tradito non solo Jacob e la sua famiglia, ma la comunità che ha protestato e chiesto giustizia – si legge nella dichiarazione dei legali di Jacob – Le azioni dell’agente Sheskey hanno suscitato indignazione in tutto il Paese, ma la decisione del procuratore distrettuale di non incriminare l’agente che ha sparato più volte, lasciandolo paralizzato, distrugge ulteriormente la fiducia nel nostro sistema giudiziario. Questo invia un messaggio sbagliato agli agenti di polizia di tutto il Paese». Il padre di Blake, Jacob Blake Sr., ha esortato Kenosha a «fare rumore». «Facciamoci sentire in giro per il mondo – ha detto Blake Sr – Non ci fermeremo a Kenosha. Siamo diretti a Washington.

Siamo diretti all’ufficio di Nancy Pelosi. Siamo diretti a chiunque si occuperà di ciò al Senato. Perché questa vicenda deve essere ascoltata a livello federale, non solo per mio figlio, ma per tutti coloro che hanno subito la brutalità della polizia, tutti». Il governatore democratico del Wisconsin, Tony Evers, ha rilasciato una dichiarazione in sostegno di Blake: «Blake e i suoi figli hanno assistito a violenze che nessun bambino dovrebbe mai vedere, hanno subito traumi che nessun bambino dovrebbe mai sopportare, mentre il mondo guardava.

La decisione odierna è un’ulteriore prova che il nostro lavoro non è finito: dobbiamo lavorare ogni giorno seriamente per uno Stato e un Paese più giusti, e per combattere il razzismo. C’è un bisogno urgente di riformare la polizia».

QUESTA AFFERMAZIONE, sempre contestata dall’ex procuratore generale William Barr, potrebbe trovare un interlocutore più sensibile nel suo successore, neo nominato da Biden, il centrista Merrick Garland che Obama avrebbe voluto alla Corte Suprema ma la cui nomina si era arenata al Senato a maggioranza repubblicana.

«DUE GIORNATE DIVERSE, due scenari diversi» ha commentato su Twitter Johnetta Elzie, una dei leader di Black Lives Matter dai tempi di Fergurson, riferendosi alla sentenza di Blake, in contrasto con la risposta pacifica della polizia agli assalti dei sostenitori (bianchi) di Trump che ieri hanno cercato di entrare con la forza alCampidoglio.

«Dove sono i gas lacrimogeni? Li hanno finiti?» Ha commentato Elzie. «Vuoi sapere perché ci inginocchiamo, perché marciamo, perché esistono Blm e Antifa? Perché il poliziotto assassino di Kenosha che ha sparato a Jacob Blake 7 volte alla schiena paralizzandolo, non sarà accusato di un accidente – ha twittato il cantante e attivista Ricky Davila – Anche l’ingiustizia razziale è una pandemia negli Usa. Questa merda deve cambiare».

Marina Catucci

da il manifesto