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La verità su Mario Paciolla “è un diritto che riguarda tutti”

Nel giorno in cui il lavoratore dell’Onu morto in Colombia avrebbe compiuto 34 anni il Festival Internazionale di Giornalismo Civile dà voce ai familiari, agli amici e alle legali che seguono il caso per ricordare il suo lavoro e rileggere le sue parole

Domenica 28 marzo il lavoratore delle Nazioni Unite Mario Paciolla, morto in Colombia il 25 luglio scorso durante la Missione di Verifica degli Accordi di Pace, avrebbe compiuto 34 anni. La piattaforma “Imbavagliati”, che coordina il Festival Internazionale di Giornalismo Civile, ha dato voce ai familiari, agli amici di Mario e alle legali del caso per ricordare il suo lavoro, rileggere le sue parole e ribadire la determinazione nella ricerca della verità e della giustizia.

In occasione della “Giornata mondiale per il diritto alla verità per gravi violazioni dei diritti umani e per la dignità delle vittime”, istituita dalle Nazioni Unite nella data simbolica del 24 marzo, il giorno in cui monsignor Oscar Romero veniva assassinato in Salvador nel 1980, il Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite (UNRIC) ha condiviso il video-messaggio di Alessandra Ballerini, legale del caso Paciolla, oltre che difensora della famiglia di Giulio Regeni e di Andy Rocchelli, in cui l’avvocata sostiene quanto la verità rappresenti una parte fondamentale della riparazione per i familiari e gli amici e dunque uno dei passi fondamentali verso la giustizia.

Domenica scorsa, in occasione del compleanno di Mario Paciolla, Alessandra Ballerini ha ribadito che il diritto alla verità «è un diritto di ciascuno di noi, non solo della famiglia» e ha aggiunto che »è curioso che proprio l’Onu abbia istituito la giornata per il diritto alla verità, quella verità che noi cerchiamo anche da parte dell’Onu». Parole a cui si sommano quelle di Emanuela Motta, l’altra legale del caso, che insieme al collega colombiano, la Procura di Roma e gli investigatori dei Ros sta lavorando incessantemente perché venga fatta giustizia. Emanuela Motta ricorda che le vicende come quelle di Mario «non sono affari di altri, sono affari che ci riguardano tutti», sottolineando come questo modo di pensare fosse caratteristico proprio di Mario.

Durante l’incontro sono intervenuti anche Claudio Silvestri, segretario del Sindacato Unitario dei Giornalisti della Campania, e Giuseppe Giulietti, presidente della Federazione Nazionale Stampa Italiana, che hanno ricordato la professionalità di Mario Paciolla come giornalista. Mario aveva infatti ottenuto il patentino di giornalista pubblicista dell’ordine della Campania e aveva iniziato a scrivere per un giornale di quartiere, Chiaia News, raccontando la realtà napoletana e denunciando le sue ingiustizie. Grazie ai suoi viaggi, gli studi e il suo impegno in progetti sociali in Italia e all’estero, e all’esperienza di Café Babel, aveva sviluppato capacità analitiche profonde che lo hanno portato a scrivere articoli per le più importanti testate italiane di geopolitica, come Eastwest e Limes, dove, tra le altre cose, raccontava la Colombia all’indomani degli Accordi di Pace e l’aumento degli omicidi di difensori dei diritti umani.

Le dichiarazioni di impegno per la ricerca della verità sul caso di Mario Paciolla da parte delle istituzioni sono state tempestive, all’indomani dell’accaduto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il presidente della Camera Roberto Fico, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris e il senatore Sandro Ruotolo hanno da subito comunicato il loro impegno nella ricerca della verità e della giustizia. Recentemente il Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni, Erasmo Palazzotto, è intervenuto per sollecitare azioni decise e trasparenti. Abbiamo provato in varie occasioni, attraverso comunicazioni telefoniche con l’ufficio stampa, ad ottenere informazioni e dichiarazioni da parte del Ministero degli Esteri senza successo. «Le istituzioni si sono palesate all’inizio ma non abbiamo avuto più grandi contatti», ricorda Alessandra Ballerini durante l’incontro.

«Non era uno sprovveduto» ripetono da mesi gli amici di Mario, non si trovava in Colombia per caso, e contro ogni retorica semplificatoria ribadiscono quanto Mario fosse invece «l’esempio di una generazione, che si è trovato al posto giusto nel momento giusto per risolvere una problematica delicatissima».

Hanno chiuso l’incontro i genitori, Anna Motta e Giuseppe Paciolla, accompagnati dalla figlia Raffaella, condividendo alcuni ricordi di gioventù di Mario e leggendo una sua poesia. Lo hanno descritto come un bambino curioso, sempre pronto a esprimere solidarietà, anche agli sconosciuti, un ragazzo perseverante che si dava sempre da fare. «Lui correva sempre, questa è l’immagine che ho di lui – ricorda la madre – di uno che corre, di uno che va sempre alla ricerca di qualcosa».

Gianpaolo Contestabile, Simone Scaffidi

da il manifesto