Morti, feriti e ammalati al lavoro. Niente prevenzione, niente sicurezza, ma tante polizie
- maggio 05, 2021
- in lotte sindacali, lotte sociali
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La morte al lavoro di Luana D’Orazio, ventiduenne madre di un bambino, ha solo in piccola parte svelato la tragedia delle morti sul lavoro che si ripetono continuamente quasi 3 al giorno. A queste si aggiungono oltre 130 mila incidenti più o meno gravi che a volte lasciano invalidi a vita le vittime e ancora tanti ammalati per contaminazioni tossiche tipiche di tante attività. Il paradosso è che negli anni scorsi con le lotte è stata conquistata una normativa che sulla carta è buona. Ma di fatto non è applicata né fatta rispettare.
Manca la prevenzione e manca quindi la protezione dei lavoratori. Come ci dicevano alcuni operai durante un’inchiesta nel 2009 : “Ogni giorno andiamo a lavorare come se andassimo in guerra! Rischiamo incidenti o di morire”. La causa di questa assenza di prevenzione e di protezione è evidente ma le autorità la ignorano, un ‘ignoranza che di fatto è criminale! Dal 1990 in poi le agenzie di prevenzione e controllo (ispettorati del lavoro, ispettorati ASL, INAIL e anche RLS e RLST -responsabili sindacali per la sicurezza) sono state indebolite o ridotte a fare ben poco. A fronte di milioni di imprese in tutta Italia gli ispettorati del lavoro hanno solo 4.500 dipendenti spesso costretti a stare in ufficio in mezzo alle scartoffie e quindi poco impiegati per ispezioni di controllo. Gli addetti alla prevenzione e ai controlli delle Asl sono rimasti 2 mila in tutta Italia! (erano 5mila ancora nel 2009). Gli ispettori dell’Inail sono stati ridotti a solo 246. Ciononostante quando questi ispettori riescono a fare controlli si scopre che oltre l’80% delle attività economiche non sono in regola . Spesso gli impianti di sicurezza non sono messi in funzione perché frenerebbero i ritmi produttivi che i padroni vogliono sempre più veloci. E in generale le autorità fanno finta di non sapere che circa il 35% del PIL è dovuto alle economie sommerse, cioè lavoro semi-nero e nero, lavoro a rischio di incidenti, oltre che evasione fiscale e contributiva.
Eppure l’Italia è il paese che ha in proporzione agli abitanti più polizie. Ma per quale sicurezza?
Dal 1990 in poi tutte le autorità non fanno altro che assecondare il discorso demagogico contro le insicurezze di comodo attribuite a immigrati, marginali, tossicodipendenti o presunti sovversivi. Il sig. Salvini quando era ministro degli interni s’è guardato bene di dire alle polizie di andare a controllare le attività al nero nei suoi feudi elettorali come per esempio la Valle della gomma dove si strappano al nero guarnizioni per auto a 2 euro per mille pezzi. Nessun governo ha varato un vero e proprio programma di bonifica delle economie sommerse che fra l’altro sono evasione fiscale e collusioni con la criminalità organizzata. Le vittime di queste economie sono italiani e immigrati stranieri. Ma queste vittime e chi rischia la vita sul lavoro sono ignorate, non hanno diritto ad alcuna protezione. Allora perché non si riqualifica metà del personale delle polizie e lo si destina alla prevenzione e il controllo dell’insicurezza e delle irregolarità nelle molteplici attività economiche?
La risposta è una sola: le economie sommerse valgono 10 milioni di voti!!! ! 10 milioni di italiani che beneficiano di lavoro semi-nero e nero e quindi di evasione fiscale e contributiva e di abusivismi. Nessun partito osa mettersi contro questo elettorato. E il presidente della Repubblica che si commuove ad ogni morte sul lavoro e o casi di neo-schiavitù perché non dice nulla su questo? E perché il Recovery Plan o PNRR varato dal governo Draghi IGNORA questa realtà? Si legittima così il fatto che l’economia nazionale si nutre di economie sommerse e delle loro vittime!
Salvatore Palidda