Respingimenti illegali di immigrati, armi, molestie sul lavoro, mancanza di meccanismi di protezione dei diritti umani: ecco le questioni chiave che sono emerse durante il processo
«Frontex ha partecipato ai respingimenti illegali degli immigrati e la sua collaborazione è stata fondamentale». È iniziata così la conferenza stampa del 25 giugno al Parlamento europeo tenuta dall’eurodeputata Sira Rego (Sinistra Unita), membro della commissione d’inchiesta sull’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera (Frontex) dell’Unione europea.
Lunedì scorso c’è stata l’ultima riunione del gruppo di lavoro Frontex Scrutiny Group, che da marzo sta indagando sulle irregolarità dell’Agenzia venute alla luce a partire dallo scorso ottobre. Tutto è iniziato quando Der Spiegel (uno dei più venduti settimanali tedeschi) ha pubblicato un reportage che mostrava le immagini di diversi casi di respingimenti illegali di immigrati durante le operazioni di Frontex nel Mar Egeo.
L’istituzione europea avrebbe spinto e bloccato le imbarcazioni dei migranti per impedire loro di entrare nel territorio europeo, violando il divieto di espulsioni collettive, il principio di non-respingimento della Convenzione di Ginevra e il diritto di protezione internazionale. L’organizzazione Sea-Watch ha anche rimarcato la complicità dell’Agenzia in queste espulsioni come misura di outsourcing della migrazione verso la Libia.
Dall’inizio delle indagini sull’Agenzia, svolte dal mediatore europeo alla fine del 2020 e dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) e dal Parlamento europeo all’inizio del 2021, negli ultimi mesi sono venute alla luce molte altre criticità riguardanti l’Agenzia.
Irregolarità, poca chiarezza e mancanza di meccanismi di protezione dei diritti umani
Una delle questioni principali che sono state contestate all’attuale direttore dell’Agenzia, Fabrice Leggeri, è il suo ritardo nell’assunzione dei quaranta responsabili dei diritti umani incaricati di controllare il rispetto delle norme durante le operazioni. Il 4 marzo, durante la prima riunione dello Scrutiny Group, Leggeri aveva assicurato che i primi quindici responsabili sarebbero stati assunti il mese stesso, cosa che non è successa, poiché nessuno di loro è ancora stato integrati nel personale dell’Agenzia.
Leggeri ha incolpato la Commissione europea per il ritardo nell’assunzione. In risposta, il commissario agli affari interni Ylva Johansson gli ha rimproverato di aver nascosto e travisato informazioni al Parlamento e alla Commissione nel tentativo di coprire i sospetti sulla sua gestione. Ciò che è chiaro però, confermato anche dal personale di Frontex a Catania, è che attualmente non c’è un solo osservatore di Frontex che controlli che vengano rispettate le norme dei diritti umani nel Mediterraneo centrale.
Gli scontri interni e il mandato personalistico di Leggeri, approvato anche dall’ex vice direttore Gil Arias, hanno consolidato una politica di silenzio sulle violazioni dei diritti umani all’interno dell’Agenzia. Secondo un rapporto presentato dalla Fundación por Causa, la ex responsabile dei diritti fondamentali, Inmaculada Arnaez, avrebbe avvertito più volte Leggeri dell’esistenza di queste violazioni, ma le sue richieste sono state ignorate. Lo stesso Arias sostiene che il direttore è arrivato a «fare tutto il possibile per emarginarla», il che è in linea con le accuse a Frontex legate a molestie sul lavoro.
Oltre alla cattiva condotta attribuita al Capo di gabinetto, sarebbero state nascoste anche le notizie di incidenti gravi sul campo. Il reparto di informazioni dell’Agenzia avrebbe dovuto rinviare questi rapporti alla responsabile dei diritti fondamentali ma, essendo stati classificati nella categoria sbagliata, è stato impossibile supervisionarli. Arnaez ha lasciato l’Agenzia in congedo medico nell’ottobre 2020. È stata sostituita ad interim da Annegret Kohler, consulente dell’ufficio di gabinetto di Leggeri, nonostante il fatto che il posto di responsabile dei diritti fondamentali debba essere indipendente.
Il procedimento dei reclami individuali dell’Agenzia, offerto a coloro che sono vittime di una violazione dei diritti, è stato anch’esso sottoposto a un’indagine negli ultimi mesi dal mediatore europeo. Ciò è dovuto alla sua inefficienza, dato che in cinque anni l’Agenzia ha registrato soltanto ventidue denunce effettive. Di fronte a questa situazione, l’organismo ha presentato le sue osservazioni lo scorso 15 giugno, nelle quali attribuisce la mancanza di efficacia del procedimento all’assenza di informazioni sulla sua esistenza, alla paura delle vittime di esporre denuncia (dato che non si tratta di un procedimento anonimo) e alla mancanza di impegno da parte dell’Agenzia nel rinvio delle denunce alla responsabile dei diritti fondamentali. Asserisce anche che Frontex continua a manifestare gravi ritardi nell’attuazione dei suoi obblighi in questo settore e che c’è stata la mancanza di una effettiva trasparenza nella gestione del procedimento.
Questa scarsa chiarezza continua a estendersi anche ad altri casi che si sono verificati e che mettono in luce la riluttanza dell’Agenzia a pubblicare i suoi movimenti. Situazioni come quella dei giornalisti Luisa Izuquiza e Arne Semsrott, ricercatori di Frontex Files, obbligati a pagare alte spese legali per aver citato in giudizio l’Agenzia dopo che quest’ultima non ha risposto alle loro richieste di trasparenza. O quella pubblicata dal giornalista Nikolaj Nilensen di EUobserver, al quale Frontex mandò indietro alcuni documenti in cui avevano censurato la spesa pubblica investita nella giornata della guardia europea nel 2019. Si trattava di 94.000 euro.
L’aumento esplosivo delle competenze e dello stanziamento di Frontex da parte dell’Ue ha accentuato la sua crisi di gestione. Ciò è particolarmente problematico, se si considera che stiamo parlando dell’agenzia di sicurezza con maggiore potere dell’Unione Europea, la quale è diventata inoltre il primo corpo armato a livello comunitario, in procinto di reclutare 10mila agenti. Frontex attribuisce questa processo di securizzazione a una «maggiore attenzione dell’Agenzia al crimine transnazionale», il che significa che gli agenti «potrebbero avere più probabilità di mettere a rischio la loro vita mentre svolgono le operazioni».
Il che solleva un serio problema giurisdizionale, dato che si tratta di un’agenzia sovranazionale, e di interferenza nella sovranità, causato dal fatto di avere agenti stranieri armati sul territorio degli Stati membri. Tuttavia, Frontex ha già acquistato armi di servizio, munizioni e accessori per un valore di cinque milioni di euro ed è pronta a rilasciare licenze personali. Questo, secondo la Fundación por Causa, interferisce anche con le relazioni che l’Agenzia ha con le lobby e le grandi compagnie di armi.
Tutto ciò continua a consolidare una dinamica di commercializzazione dei processi di “blindaggio” delle frontiere nell’Unione Europea. «L’industria del controllo delle migrazioni vince sempre e ora è stata rafforzata con un corpo armato permanente ai confini», ammette Ana González-Páramo, coordinatrice della ricerca. «Questo si traduce in metodi e soluzioni sempre più violenti, letali e rischiosi, che non sembrano giustificati se non dal buon lavoro delle lobby e da chi vuole creare il panico».
Secondo Gil Arias, il rafforzamento delle competenze e delle attrezzature corrisponde a una necessità della Commissione europea di deviare la responsabilità della gestione delle migrazioni all’Agenzia. «La Commissione e il Consiglio hanno accettato di dotare Frontex di 10.000 guardie e 11 miliardi di euro per il periodo 2021-2027. Se un domani ci dovesse essere un’altra crisi migratoria, le responsabilità e le colpe che prima ricadevano sulla Commissione potrebbero ricadere su Frontex», afferma.
Incertezza e stallo in Parlamento
Il futuro dell’Agenzia è incerto. A questo proposito, non è chiaro se l’indagine del Parlamento europeo avrà un impatto sulle attività di Frontex. L’eurodeputata Sira Rego ritiene non solo che gli obiettivi della procedura non siano stati raggiunti, ma che sia stata anche ostacolata da un blocco politico. Rego continua dicendo che l’unione tra la destra e l’estrema destra avrebbe ostacolato l’indagine, impedendo la presentazione e l’accreditamento delle prove delle violazioni dei diritti commesse dall’Agenzia. «C’è stato un patto per garantire l’impunità di Frontex», dichiara.
Su questa scia, e anche se c’è ancora del lavoro da fare nell’elaborazione del rapporto della Commissione Libe, possiamo dire che non si terrà conto di tutte le violazioni documentate dalle organizzazioni sul campo. Rego sostiene anche che le Ong non hanno nemmeno potuto partecipare a questo processo sulle responsabilità, perciò non è stato possibile integrare le loro testimonianze.
Secondo Sea-Watch, la maggior parte delle organizzazioni indipendenti non può nemmeno partecipare al Forum consultivo (un organismo che controlla il rispetto dei diritti fondamentali da parte dell’Agenzia), dato che il problema è il fatto che «la maggior parte dei componenti del Forum sono Stati membri o organizzazioni delle Nazioni Unite che non fanno un lavoro indipendente e seguono un’agenda politica», mentre le entità indipendenti e critiche non vengono accettate.
A ogni modo, nemmeno organizzazioni come Sea-Watch credono che queste indagini porteranno a un cambiamento nell’Agenzia. Questo perché Frontex avrebbe continuato a violare sistematicamente i diritti umani nel Mediterraneo centrale durante l’indagine, come la Ong avrebbe confermato a “El Salto”. «Frontex sta solo adempiendo al suo obiettivo di deportare le persone in Libia invece di assicurarsi che vengano salvate il più velocemente possibile». Come fa notare Sea-Watch, Frontex non collabora in alcun modo con le barche delle Ong o con le navi mercantili nella zona, ma solo con le guardie costiere di paesi terzi.
Questo è un paradosso rispetto all’impunità attribuita all’Agenzia e alla criminalizzazione degli aiuti umanitari esistenti in Europa: «Se informassimo solo le Ong in caso di emergenza e non i centri di soccorso, le nostre barche e i nostri aerei sarebbero confiscati in poche ore. Questo doppio standard per noi è terribile».
Nonostante questi fatti, sembra che anche per la Commissione europea Frontex continui a essere una componente estremamente affidabile quando si tratta di condurre operazioni per rafforzare lo spazio Schengen. Nonostante tutto, continua ad essere un’agenzia richiesta dagli Stati membri, malgrado l’inefficacia accreditatagli dalla Corte dei conti quando si tratta di assisterli. «La crisi della reputazione di Frontex è enorme, ma ci sono talmente tanti interessi politici ed economici dietro di essa che non credo che Frontex cadrà. In questo momento è una delle poche istituzioni che può contare sull’appoggio quasi unanime di tutti gli stati», assicura Gónzález-Páramo.
Questo articolo è apparso originariamente su “El Salto“. Traduzione di Gloria Bucari per DINAMOpress