I business dell’italiana Cy4gate a sostegno dell’industria della sorveglianza negli Emirati
L’azienda del gruppo Elettronica, partecipata di Leonardo, vende servizi di intelligence e dual use. Sistemi di sorveglianza simili sono usati da Abu Dhabi come armi contro gli oppositori
di Lorenzo Bagnoli e Riccardo Coluccini
Nel 2019, alla International Defence Exhibition & Conference (IDEX) lo sceicco Mohammed Bin Zayed Al Nahyan, il principe ereditario di Abu Dhabi noto alle cronache giornalistiche con le iniziali Mbz nonché vice comandante supremo delle forze armate degli Emirati Arabi Uniti, visita lo stand di una delle più importanti e note aziende italiane nel settore militare, Elettronica Spa, controllata al 31,33% da Leonardo, il campione italiano dei sistemi di difesa a partecipazione statale. Ad attenderlo, oltre all’amministratore delegato di Elettronica, c’è anche Eugenio Santagata, fino al termine del 2020 amministratore delegato di un’altra azienda che fa parte del gruppo: Cy4gate.
Descritta da molti come una delle eccellenze del mondo tecnologico nostrano, si è lanciata alla conquista di due settori: la difesa informatica e il suo opposto, la capacità di raccogliere dati e permettere intrusioni a scopi di intelligencee di sorveglianza da parte delle forze dell’ordine. A sette anni dalla fondazione, l’azienda partecipata da Leonardo attraverso Elettronica sta acquisendo un ruolo sempre più di primo piano nello scacchiere internazionale dei fornitori di servizi di difesa. Il marchio è relativamente nuovo ma opera in piena continuità con aziende a partecipazione statale anche quando stringe accordi per vendere software non specificati a Paesi come gli Emirati Arabi Uniti, dove la tecnologia è usata come arma di repressione.
Gli affari negli Emirati
IDEX è una delle fiere più importanti tra quelle che si svolgono nei Paesi del Golfo. Ospita aziende da tutto il mondo che vendono armamenti e tecnologie collegate al settore della difesa. Poco dopo la sua nascita nel 2014, Cy4gate è già presente a IDEX 2015 e da allora continua a presenziare alla fiera, insieme ad Elettronica. In un’intervista su Nation Shield, giornale dedicato al mondo militare che si occupa della copertura mediatica dell’evento, Andrea Melegari, Chief Marketing and Innovation Officer di Cy4gate, dichiara a riguardo della presenza dell’azienda e delle aspettative nell’area del Golfo: «C’è stato molto interesse per Cy4gate. Abbiamo in programma una serie di incontri; stiamo prendendo impegni per ulteriori discussioni in futuro»
- L’inchiesta in breve
- Cy4gate è una società del gruppo Elettronica, partecipata per oltre il 30% da Leonardo. La società si occupa di servizi diintelligence e nasce dall’esperienza di Elettronica. È in un momento di particolare espansione.
- Da documenti interni e slide di presentazione si scopre che tra i suoi clienti ci sono importanti aziende del fondo sovrano Mubadala, al cui vertice il principe ereditario Mohammed Bin Zayed Al Nahyan (Mbz) ha messo alcuni dei suoi uomini più fedeli.
- Abu Dhabi, attraverso i suoi fondi sovrani, ha una lunga storia di partecipazioni in aziende italiane. Alcune travagliate, come quella in Piaggio Aerospace.
- Da subito dopo la sua nascita Cy4gate è attiva all’estero: nel 2015 partecipa all’edizione di IDEX, una delle fiere di settore negli Emirati. Tra i sistemi che ha esportato c’èD-SINT, uno strumento di intelligence che analizza informazioni da fonti aperte che si integra con controversi strumenti di intercettazione che possono essere usati a scopo repressivo. Le autorizzazioni per beni dual-usenon sono pubbliche in Italia.
- Tra i contatti di Cy4gate c’è anche la polizia emiratina, come testimonia la sponsorizzazione di uno dei loro eventi. Partner principale era DarkMatter, altra azienda usata dalla famiglia reale per spiare oppositori e nemici interni, oggi controllata da persone vicine al principe ereditario Mbz.
- Tra i manager dell’azienda vi sono molte persone con un background nel mondo dell’esercito o che hanno ricoperto ruoli nei carabinieri, come ad esempio il Cto Andrea Raffaelli, nominato nel corso di quest’anno ed ex appartenente ai Ros e presente in passato agli eventi negli Emirati per conto dei Carabinieri.
#Sorveglianze è una serie che indaga su nuovi protagonisti e industria dei think tank del comparto della cybersicurezza in Italia. Nasce dalla collaborazione tra IrpiMedia e Privacy International, organizzazione britannica che si occupa di sorveglianza di massa e difesa dei diritti umani.
Nell’intervista Melegari tesse però anche le lodi di Elettronica e delle attività svolte nel settore dell’electronic warfare, la guerra elettronica: «Senza quel patrimonio e quella forza non saremmo mai arrivati dove siamo».
Secondo quanto riportato da La Verità a febbraio 2019, Cy4gate ha venduto proprio allo sceicco Mohammed bin Zayed Al Nahyan e al fondo Mubadala una piattaforma, chiamata D-SINT, che grazie ad algoritmi di intelligenza artificiale è in grado di monitorare social media, dark web e altre fonti di comunicazione per estrarre informazioni utili, dagli argomenti di cui si discute in rete fino alle partecipazioni di una certa azienda.
La piattaforma, secondo brochure e presentazioni di Cy4gate visionate da IrpiMedia, è uno strumento utile per forze dell’ordine e agenzie di intelligence ma anche per aziende che possono monitorare i social network per valutare l’andamento del proprio brand o ponderare acquisizioni di altre società. Inoltre, come sottolinea La Verità, lo sceicco Mbz «sarà in possesso di uno strumento per fare intelligence riguardo la propria persona». A causa delle instabili condizioni di salute dell’attuale Presidente emiratino Khalifa bin Zayed Al Nahyan, Mbz è considerato di fatto il sovrano degli Emirati. Ha consolidato la propria posizione nominando ai vertici delle aziende di Stato – come Mubadala – persone a lui vicine, allo scopo di controllare soprattutto difesa e cybersorveglianza.
Mubadala è tra i clienti indicati da Cy4gate in alcune slide di presentazione dell’azienda. La società – di proprietà statale – è in realtà un gruppo, composto da diverse entità, che spaziano da fondi di investimento fino ad aziende del settore dell’energia fossile. Una delle più importanti è proprio il fondo che gestisce un portafoglio pari a 243 miliardi di dollari, Mubala Development, il tutto sempre per conto del governo di Abu Dhabi. Mbz ne è il presidente.
Il trono di spade degli Emirati Arabi
I fragili equilibri che regolano i rapporti tra gli sceicchi degli Emirati, tra legami di sangue e ambizioni
Scheletri nell’armadio per D-SINT
La piattaforma D-SINT acquistata dal governo di Abu Dhabi in passato non sembra essersi limitata alla sola raccolta di dati di intelligence indicata dalla brochure. La prova è in alcune email di Hacking Team (HT), leader italiano nel settore delle intrusioni informatiche diventato Memento Labs dopo lo scandalo di cui è stato protagonista. Le corrispondenze dei manager di HT erano infatti state pubblicate da Wikileaks dopo l’attacco informatico effettuato dall’hacktivista Phineas Fisher nel 2015.
Si legge che Santagata e altri rappresentanti di Cy4gate sono in stretto contatto con l’azienda milanese per organizzare varie presentazioni e dimostrazioni dei propri prodotti a possibili acquirenti. Si legge di delegazioni da Singapore, incontri in Pakistan e richieste di preventivi da parte del Qatar.
In una email di maggio 2015, nelle fasi che precedono la proposta di un’offerta a un potenziale acquirente legato all’intelligence dell’Arabia Saudita, Santagata chiarisce a David Vincenzetti, allora amministratore delegato di HT, come il software di Cy4gate D-SINT si possa integrare alla piattaforma per le intercettazioni legali di Hacking Team, Rcs. Santagata lo spiega in termini tecnici e si riferisce a D-SINTcome «la nostra suite sviluppata in elt/cy4gate che chiamiamo D-Sint».
La passione italiana di Mubadala
La rete diplomatica degli Emirati Arabi Uniti si sviluppa attraverso commesse, partecipazioni e protocolli d’intesa siglati da società e fondi che rappresentano il governo di Abu Dhabi, come Mubadala, conglomerato specializzato nello sviluppo di nuove tecnologie da applicare soprattutto nell’ambito della difesa.
Il fronte più dinamico in questo momento sembra essere quello della sicurezza informatica, dove Cy4gate si sta ritagliando un ruolo sempre più importante. Mubadala è inserito nella lista clienti dell’azienda del gruppo Elettronica e da quanto si può ricostruire attraverso i bilanci esiste una commessa statale che anticipa l’inizio di un export di tecnologie a marchio Cy4gate ad Abu Dhabi.
Le relazioni tra Cy4gate ed Emirati sono cominciate almeno tre anni prima attraverso Injazat Data System, società all’epoca al 100% di Mubadala, oggi di proprietà di una società tra i cui azionisti c’è anche il fondo emiratino. Injazat si occupa di cloud, trasformazione digitale e sicurezza informatica. Nel bilancio 2019 Cy4gate sottolinea una «difficoltà manifesta» nell’incassare «il credito verso la società Injazat Data System per lavorazioni effettuate nel corso del 2016». Injazat collabora anche con Thales, multinazionale francese tra i leader nel settore della difesa, aerospazio, e sicurezza, socia per altro di Elettronica Group. Nel 2013, infatti, l’azienda francese ha avviato una collaborazione con Injazat per un sistema di sicurezza informatica all’avanguardia. Inoltre nel 2017 Injazat ha collaborato con il Ministero dell’Interno degli Emirati per installare dei sistemi di sorveglianza intelligenti all’interno degli edifici.
Secondo quanto dichiarato da Cy4gate a IrpiMedia, nel caso di Injazat è stata venduta la stessa piattaforma acquistata da Mubadala, D-SINT, configurata in modo da essere idonea «all’impiego in ambito corporate», cioè per utilizzo aziendale.
In Italia il fondo emiratino Mubadala ha una presenza strategica che dura da tempo anche al di là del cyberspazio. Nel settore bancario ha investimenti in Unicredit (all’epoca l’amministratore delegato era Alessandro Profumo, oggi a Leonardo); in quello energetico ha sottoscritto accordi con Eni e Snam rispettivamente per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e per «collaborare su iniziative congiunte di investimento e sviluppo sull’idrogeno», come recita il comunicato stampa pubblicato da Snam. Nel settore di sicurezza e difesa, Mubadala ha siglato un memorandum con Leonardo per rafforzare la collaborazione per lo sviluppo di nuovi aerei da guerra per rimpiazzare la flotta emiratina.
Nonostante la lunga durata, i rapporti bilaterali tra Italia ed Emirati sono spesso burrascosi. Nel 2021 si sono raffreddati al punto che, a fine giugno, i militari italiani sono stati costretti a lasciare la base di Al-Minhad, vicino a Dubai, uno degli altri setti Emirati. Causa scatenante della crisi è stata la decisione del Governo di Giuseppe Conte, nel gennaio 2021, di revocare la licenza di export delle bombe italiane all’Arabia Saudita, Paese in guerra con lo Yemen, e agli stessi Emirati, ufficialmente usciti dal conflitto nel 2020, dopo cinque anni. Ad agosto la Commissione esteri della Camera ha espresso parere favorevole al rilancio della «cooperazione strategica» con gli Emirati, ridimensionando di fatto il blocco.
Prima di questo caso, nel 2018, era stato lo sviluppo di un drone a provocare contrasti diplomatici e a far saltare importanti commesse. Protagonista ancora Mubadala: il fondo nel 2006 è entrato nell’azionariato del marchio Piaggio Aerospace, che comprende i complessi industriali Piaggio Aero Industries Spa e Piaggio Aviation Spa. Nel 2014 ne è diventato l’unico proprietario, dando impulso in particolare allo sviluppo di un drone: il P.180, detto Hammerhead. Il progetto, riporta il sito specializzato Defense News, prevedeva che anche l’Italia acquistasse alcuni di questi velivoli senza pilota, nonostante la contrarietà dell’esercito che lo riteneva inutile. Alla fine la commessa italiana è saltata, mettendo in crisi Piaggio Aerospace che a dicembre 2018 è entrata in amministrazione straordinaria per volere degli investitori emiratini. Al momento l’azienda è in cerca di acquirenti e da tempo il fondo emiratino propone a Leonardo di diventare socio al 50%.
Mubadala, il fondo sovrano conteso
Tra i sette emirati il controllo del fondo sovrano Mubadala è di fatto esercitato da Mohamed bin Zayed Al Nahyan (Mbz), sceicco di Abu Dhabi
Elt fa riferimento a Elt Roma e Elt Gmbh, due delle aziende che insieme a Cy4gate formano il gruppo Elettronica. Elt GmbH ha base in Germania e si occupa del settore della sicurezza nazionale e delle attività di polizia. Elt Roma è invece la storica azienda da cui poi si è sviluppata Elettronica Group. Si occupa di intelligence, sorveglianza, attacchi elettronici e, in generale, di Electronic Warfare. Quando Santagata scrive «elt/cygate» non fa altro che ribadire che la paternità di Cy4gate è del gruppo Elettronica. Questo scambio di email tra amministratori delegati suggerisce che la piattaforma D-SINT, almeno nel 2015, fosse in grado di includere anche dati raccolti da spyware, quindi tramite una intrusione su un dispositivo bersaglio, come quello prodotto da Hacking Team, e non solo dati presenti sul web o attinti da database privati, come invece si legge nella brochure di presentazione più recente. Da un punto di vista dell’intelligence, poter analizzare direttamente in un’unica piattaforma tutte le informazioni è chiaramente molto più rapido e utile.
Questa capacità è in parte confermata anche da un’immagine, pubblicata in un articolo del generale Vincenzo Santo per il sito ReportDifesa, dove è riportata l’architettura del sistema D-SINT. I dati raccolti e analizzati provengono da Twitter, Facebook, Instagram, YouTube, siti nel Deep Web ma anche dati che provengono da attività di SIGINT, ELINT, COMINT, o da database forniti dai clienti. Queste sigle indicano attività di intelligence che permettono la raccolta di informazioni intercettando segnali (Signal Intelligence) che possono essere collegati alle comunicazioni (Communication Intelligence) o ad altri segnali elettronici (Electronic Intelligence) come quelli di posizione di navi o altre categorie di comunicazioni usate in ambito militare e che non sono quelle tradizionali che usiamo quotidianamente.
Inoltre, alcune vecchie brochure risalenti al 2016 – secondo le analisi effettuate da IrpiMedia – offrono descrizioni dettagliate su queste tipologie di dati: ci sono i dati delle comunicazioni GSM e satellitari, i dati legati alle attività di intercettazione delle forze dell’ordine e dell’intelligence sui dispositivi, e i flussi di audio che sono convertiti in testo. Queste capacità aggiuntive sono in alcuni casi associate a un prodotto che si chiama D-SINT Plus.
Al momento, sul sito di Cy4gate gli unici prodotti pubblicizzati relativi a D-SINT sono le due versioni del cruscotto informativo che permette di visualizzare i dati. Il prodotto si chiama QUIPO ed è offerto sia alle aziende che alle agenzie dei governi e forze dell’ordine. Cy4gate ha dichiarato a IrpiMediache la piattaforma D-SINT gestisce dati disponibili pubblicamente online e che alla piattaforma «possono essere collegati, altresì, database gestionali aziendali che il cliente decide di voler utilizzare come ulteriori fonti ad integrazione di quelle open source». L’azienda sottolinea inoltre che «la piattaforma D-SINT non è utilizzata per attività di lawful interception» – ovvero per effettuare le intercettazioni a scopi di attività di polizia.
Secondo quanto dichiarato da Cy4gate, la piattaforma usata da Mubadala e dallo Sceicco Mbz non prevede la possibilità di analizzare dati provenienti da intercettazioni «in quanto non sono mai state sviluppate tali funzionalità per il sistema D-SINT».
Abusi e sorveglianza digitale negli Emirati
Le violazioni dei diritti umani sono ampiamente documentate negli Emirati, ormai da anni. In alcuni casi, le repressioni contro attivisti e minoranze di ogni genere sfruttano anche un apparato di sorveglianza tecnologica che è cresciuto negli anni grazie all’aiuto di aziende statunitensi e, successivamente, locali. Secondo un’inchiesta di Reuters, dal 2009 ex agenti dei servizi segreti statunitensi hanno collaborato al Project Raven, una squadra segreta di esperti informatici che aveva il compito di aiutare gli Emirati Arabi Uniti nella sorveglianza di altri governi e attivisti dei diritti umani. Sfruttando la conoscenza acquisita lavorando per l’intelligencestatunitense, queste persone erano in grado di infettare computer e smartphone dei “nemici” degli Emirati.
Alcuni dei membri del Project Raven sono stati reclutati dall’azienda di cyber security CyberPoint e, successivamente, nel 2016 si sono trovati a dover decidere se ritornare negli USA o accettare di passare sotto un nuovo datore di lavoro: l’azienda DarkMatter con base a Abu Dhabi, una delle più controverse società del Paese. Oggi è partecipata da uno dei fondi del governo di Abu Dhabi al cui vertice lo sceicco Mbz ha nominato uomini di più stretta fiducia, dopo qualche contrasto con una fazione avversa della famiglia reale a gennaio 2021.
DarkMatter è nota per i suoi tentativi poco ortodossi di reclutare esperti informatici. In un caso, documentato da The Intercept nel 2016, il ricercatore di sicurezza informatica Simone Margaritelli aveva sostenuto un colloquio di lavoro con un rappresentante dell’azienda, il quale aveva descritto un progetto per monitorare le comunicazioni internet delle principali città degli Emirati, a beneficio della sicurezza nazionale. Margaritelli ripercorre in un post sul suo blog la vicenda e riporta uno degli obiettivi del sistema come glielo ha raccontato il rappresentate di DarkMatter: «Immagina che ci sia una persona di interesse al Dubai Mall, abbiamo già piazzato tutte le nostre sonde in tutta la città, premiamo un pulsante e BOOM! Tutti i dispositivi del centro commerciale sono infettati e rintracciabili».
Secondo Reuters, gli operatori di Project Raven avrebbero anche sfruttato una piattaforma chiamata «Karma» che avrebbe permesso di installare uno spyware negli iPhone di centinaia di attivisti, capi di stato e sospetti terroristi. Sempre secondo Reuters, tra le vittime illustri vi sono la moglie dell’attivista e blogger Ahmed Mansoor; l’emiro del rivale Qatar Tamim bin Hamad al-Thani e Tawakkul Karman, premio Nobel per la pace e una dei leader del movimento di protesta della Primavera Araba in Yemen.
A settembre 2021, tre ex militari membri dell’Intelligence degli Stati Uniti hanno patteggiato più di 1,68 milioni di dollari per risolvere le accuse legate alla fornitura di servizi di hacking a un governo straniero, in particolare per il lavoro svolto con DarkMatter per infettare computer e smartphone in tutto il mondo, Stati Uniti inclusi.
Cy4gate, DarkMatter e i contatti con la polizia degli Emirati
Un altro elemento controverso è il legame, seppur indiretto, tra Cy4gate e DarkMatter. Se ne trova traccia nel 2016, quando Cy4gate ha preso parte alla conferenza Future Police Technology di Abu Dhabi, il cui partner strategico dell’evento era il Ministero dell’Interno emiratino. Cyber Security Innovation Partner è DarkMatter mentre Cy4gate appare tra gli sponsor.
L’evento si inserisce nella UAE Vision 2021 National Agenda, iniziativa che ha l’obiettivo di rendere gli Emirati «il Paese più sicuro al mondo». Tra i benefici dell’essere sponsor dell’evento, si legge su una pagina archiviata del sito, c’è la possibilità di «espandere il proprio network di contatti e potenziali clienti nel settore delle forze di polizia degli UAE» e dimostrare il proprio interesse nel mercato locale oltre a «costruire la credibilità del proprio brand nella regione».
Non è chiaro se anche rappresentanti di Cy4gate abbiano partecipato all’evento del 2016 ma il neo nominato, nel 2021, CTO di Cy4gate, Andrea Raffaelli, era presente già allora rivestendo il suo precedente ruolo: Comandante del Reparto Indagini Informatiche Telematiche presso il Raggruppamento Operativo Speciale Carabinieri (ROS). In un’intervista svolta durante l’evento Raffaelli sottolinea l’importanza dell’evento perché «questo tipo di innovazioni e tecnologie potrebbero essere molto utili per individuare e fermare molte minacce criminali».
L’azienda ha dichiarato a IrpiMedia che in quell’occasione «non sono stati siglati accordi per future vendite».
L’export di tecnologie dual-use e le licenze di Cy4gate
Anche se l’azienda dice di no, D-SINT, almeno nelle descrizioni del passato, sembra poter essere usato anche per analizzare informazioni raccolte tramite spyware di terze parti. D-SINTnon fa quindi direttamente l’intercettazione ma potrebbe ricevere e analizzare i dati raccolti dagli spyware sviluppati da altre aziende. La storia recente di abusi effettuati negli Emirati dovrebbe quindi sollevare preoccupazioni rispetto a questi particolari clienti. Per di più, la vendita della piattaforma D-SINT non sembra essersi fermata a Mubadala. In un’intervista del 2017 al giornale Nation Shield Massimo Antonio de Bari, capo del gruppo Elettronica Group negli Emirati, dichiara che «molte aziende, anche negli Emirati Arabi Uniti, stanno usando D-SINT con successo» non solo per le attività di intelligence.
Cy4gate sviluppa anche Epeius, un proprio sistema per le intercettazioni che però, secondo quanto riportato dal magazine Intelligence Online, sarebbe alquanto carente dal punto di vista delle capacità di essere installato senza che le vittime debbano cliccare un link, i cosiddetti attacchi di tipo 0-click.
Eppure, secondo un documento che descrive le capacità dei prodotti di Cy4gate, Epeius non avrebbe di questi problemi, prevedendo diverse modalità per infettare un dispositivo: infezioni da remoto sfruttando l’invio di link malevoli oppure con 0-click (un’installazione silenziosa che non richiede alle vittime di cliccare alcun link), e persino infezioni da locale. Capacità simili si trovano anche nello spyware Pegasus, venduto da NSO, e già coinvolto in abusi negli Emirati.
Cy4gate precisa in un documento di essere in possesso di «Autorizzazioni Specifiche Individuali nei confronti di ciascuno dei propri clienti esteri» poiché «taluni dei prodotti esportati sono classificabili come “materiali d’armamento”».
Questo tipo di autorizzazioni, si legge sul sito del Ministero degli Esteri, sono rilasciate su parere di un Comitato consultivo interministeriale, emesso di volta in volta. Nella domanda per l’export devono essere inclusi copia del contratto di riferimento e una dichiarazione di uso finale. IrpiMedia ha chiesto all’Unità per le autorizzazioni dei materiali di armamento (UAMA) del Ministero degli Esteri (MAECI) dettagli sulle autorizzazioni fornite a Cy4gate. Un portavoce dell’Ufficio Stampa del Ministero degli Esteri ha dichiarato a IrpiMedia che non sono state rilasciate licenze all’azienda per esportare negli Emirati.
Nel suo documento Cy4gate non chiarisce però esattamente per quali prodotti è in possesso delle autorizzazioni all’export: se nel caso dello spyware Epeius è facile definire la categoria di bene a duplice uso (cioè utilizzabile sia in campo civile sia in campo militare), per D-SINT è un po’ più complicato. Cy4gate ha dichiarato a IrpiMedia di non essere in possesso di alcuna licenza di export attiva verso gli Emirati in quanto «D-SINT è classificato “civil good” e non richiede export control» ovvero non ricade sotto le tipologie di prodotti che necessitano di licenza per le esportazioni.
Alla luce delle vicende di abusi e sorveglianza digitale negli Emirati, Cy4gate ha ribadito a IrpiMedia che il «D-SINTaccede alle sole sorgenti pubbliche, e quindi, per quel che riguarda i dati reperiti sui social media, esclusivamente ai profili pubblici. Risulta chiaro di conseguenza che il D-SINTnon abilita in alcun modo l’utilizzatore a praticare eventuali violazione del diritto di privacy di terze parti». «Cy4gate si attiene scrupolosamente alle normative nazionali ed internazionali vigenti in materia», ha aggiunto l’azienda.
L’EU Non-Proliferation and Disarmament Consortium, un gruppo istituto dal Consiglio dell’Unione europea che raccoglie centri di ricerca e think tank che si occupano di regolamentazioni di armamenti e tecnologie, ha pubblicato uno studio che analizza il nuovo regolamento europeo sull’export di tecnologie a duplice uso introdotto a marzo 2021. In una tabella dove si fa un confronto dei momenti in cui diverse tecnologie per la sorveglianza digitale sono state incluse nelle liste di materiali a duplice uso, i ricercatori sottolineano che l’Ue ha incluso nella lista già dal 2020 i monitoring centre, ovvero sistemi a disposizione delle forze dell’ordine e delle agenzie di intelligence per raccogliere, conservare e analizzare diverse forme di dati di comunicazione provenienti da varie fonti. La piattaforma D-SINT sembra poter offrire capacità simili, almeno nelle descrizioni del passato. Se ciò fosse ancora valido D-SINT dovrebbe rientrare sotto il controllo dell’UAMA in quanto applicazione di tipo “dual-use”.
Negli anni le storie di abusi di sistemi per le intercettazioni e per la sorveglianza hanno sollevato anche il problema di come sincerarsi che, una volta venduto il software e appurato l’abuso, ci sia un modo per bloccarlo e prevenire ulteriori pericoli. È successo con i software per l’estrazione dei dati dagli smartphone come nel caso del Myanmar. Su questo punto, qualora i sistemi venissero abusati da un cliente, Cy4gate dichiara di avere la possibilità di disabilitare la licenza del software impedendo la ricezione di nuovi aggiornamenti ma, fino al termine della scadenza della licenza, il sistema può continuare ad essere utilizzato.
Oltre 10 anni di tentativi (falliti) di regolamentare l’export della sorveglianza
Sia Palantir, sia soprattutto NSO – pur essendo due delle aziende più note nei rispettivi settori – sono anche l’emblema di tutti i rischi della gestione delle tecnologie di sorveglianza: abusi da parte di dittatori e governi, raccolta indiscriminata di informazioni anche dai social network, monitoraggio costante del dissenso e delle proteste di attivisti e cittadini. Tutto questo senza che i regolamenti in materia di export di tecnologie siano riusciti a mantenere sotto controllo la proliferazione di queste tecnologie.
Il 2021 è stato l’anno degli scandali legati allo spyware Pegasus, prodotto da NSO. Un software che può monitorare le comunicazioni, gli spostamenti ed estrarre copia di tutti i dati presenti su uno smartphone, e l’inchiesta di Forbidden Stories ha mostrato che è usato contro giornalisti, dissidenti, e ministri in tutto il mondo. Gli effetti dell’inchiesta continuano a vedersi: le ultime vittime ufficiali sono sei attivisti palestinesi che sono stati monitorati tra il 2020 e il 2021 con Pegasus.
La discussione su come controllare queste tecnologie di sorveglianza, però, è oramai più che decennale. Nel 2009 l’Unione europea ha introdotto un regolamento che prevede l’autorizzazione da parte dei singoli stati membri per l’esportazione dei «prodotti a duplice uso» ovvero tutti quei prodotti, inclusi software e tecnologie, che possono avere un utilizzo sia civile sia militare. Le modalità di controllo, la trasparenza degli Stati, e la definizione dei prodotti inclusi nella lista sono sempre stati dei punti deboli. Quindi, malgrado il regolamento, sono subito emersi abusi come quello legato al software prodotto dall’azienda tedesca FinFisher usato contro attivisti del Bahrain e documentato nel 2012.
Nel 2014 la Commissione europea ha annunciato un aggiornamentodella lista di beni di uso duale, introducendo controlli per nuove categorie come gli spyware e quelle tecnologie che permettono di monitorare il traffico internet. Nel 2016 però in Italia esplode il caso Area SpA, azienda di Varese che secondo gli inquirenti avrebbe venduto tecnologie per monitorare il traffico internet ai servizi segreti siriani tra il 2010 e il 2011. Il Ministero dello sviluppo economico ha confermato in risposta a un’interrogazione parlamentare nel 2017 che Area aveva ottenuto regolare autorizzazione per l’export e che quelle tecnologie ancora non rientravano nelle categorie controllate secondo l’aggiornamento avvenuto solo nel 2014.
L’anno seguente il Ministero dello Sviluppo Economico ha revocato la licenza di esportazione verso l’Egitto ad Area, grazie anche alla pressione di organizzazioni della società civile. Poco prima della revoca, un’inchiesta di Al Jazeera, dal nome Spy Merchants, aveva mostrato quali stratagemmi usano le aziende del settore per evitare i controlli, sfruttando ad esempio aziende terze in Paesi dove è possibile esportare e bypassando di fatto ogni controllo. E altre inchieste giornalistiche hanno continuato a mostrare le maglie troppo larghe del regolamento sull’export: Security for Sale ha mostrato come dal 2014 al 2017 gli Stati membri dell’Ue hanno permesso l’export di tecnologie di sorveglianza anche verso Paesi totalitari o dove le libertà sono parzialmente compresse.
Nel frattempo i casi legati agli abusi delle tecnologie hanno continuato a moltiplicarsi in tutto il mondo: dal Messico dove ci sono tracce dell’attività dell’azienda italiana Hacking Team fino al Marocco e il Myanmar.
Il più recente tentativo di porre sotto controllo questo tipo di prodotti è l’aggiornamento al regolamento europeo sull’export di tecnologie dual-use, adottato dal Parlamento europeo a marzo 2021, con cui l’Ue ha cercato di correre ai ripari introducendo maggiori obblighi sulla trasparenza dei singoli stati membri per quanto riguarda le licenze di export concesse, e inoltre sono state incluse categorie più ampie come ad esempio le tecnologie per la cyber sorveglianza e tecnologie biometriche. Associazioni che si occupano di diritti umani, come Access Now, Amnesty International, Committee to Protect Journalists, FIDH (International Federation for Human Rights), Human Rights Watch, Privacy International, Reporters Without Borders (RSF) hanno subito sottolineato però che questo regolamento rischia comunque di essere carente.