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Trieste: Intitolata una strada alla guerra fascista

In questi giorni il Comune di Trieste sta per assegnare una via a Mario Granbassi. Costui è molto noto negli ambienti giornalistici triestini in quanto, negli anni Trenta, fu collaboratore apprezzato del Piccolo , il quotidiano locale. Il Granbassi aveva inoltre promosso una trasmissione per ragazzi già nel 1931. La radio italiana era alle prime armi come mezzo di comunicazione di massa utile alla propaganda fascista e lui si inventò “Mastro Remo”, un programma molto seguito, a cui fece seguito l’edizione di un settimanale illustrato per ragazzi. Tuttavia il riconoscimento ufficiale della giunta triestina è dovuto probabilmente alla partecipazione alla guerra civile spagnola nell’ambito del Corpo truppe volontarie, cioè tra gli 80.000 militari mandati da Mussolini a combattere a fianco dei generali golpisti. Da convinto volontario, come non molti altri in una massa di poveri diavoli, scrive nel suo diario: «La sento tanto profondamente come una guerra fascista, questa che sono venuto a combattere, sacrificando i miei affetti più cari e abbandonando il mio posto di lavoro!». Scrive ancora: «Gridare il nome del Duce, in faccia a questa trincea comunista, in questa notte di guerra, tanto lontano dalla Patria, è per me una soddisfazione che mi dà un’emozione profonda».E’ tanto convinto della giustezza della guerra fascista da evitare di perdere tempo con le corrispondenze al Piccolo . Cerca piuttosto di combattere in prima linea e vuole rischiare la “bella morte”. E l’incontra, nell’attacco alla Catalogna, il 3 gennaio 1939. Nel 1941 gli viene conferita alla memoria una medaglia d’oro al valor militare e il podestà fascista gli dedica una via. Anche il suo diario stava per esser pubblicato, sia pure con qualche censura, ma resta in bozze per ovvi motivi. L’intestazione della via sarà cambiata nel 1945.Ora la città di Trieste assiste, in verità abbastanza distratta e con una sinistra smemorata, alla rivincita di chi vuol onorare Mario Granbassi e la sua morte da combattente per il “Duce” e per il “Caudillo”. Un paio di mesi fa, nella sede del Municipio in Piazza Unità, si è tenuta una mostra elogiativa ed è prevedibile che tra poco si pubblichi il diario lasciato in sospeso. Le due iniziative possono essere intese come una documentazione storica, per quanto criticabile. Diverso, e molto più grave, sarebbe il ripristino del suo nome su una via. L’intestazione di un luogo pubblico segnala infatti una personalità dalle qualità eccezionali, indicata a tutti quale modello positivo e proposta quale esempio da imitare alle nuove generazioni. Tutto ciò all’insegna di valori storici e civili.Gli ex giovani del Msi, ora parte dominante nella giunta, gestiscono il potere amministrativo per ottenere un’ulteriore rivincita sull’antifascismo. Qualche anno fa erano riusciti a consacrare una via al loro camerata Almerigo Grilz, un avvenuriero caduto in Angola in circostanze non accertate. Di recente hanno ottenuto la dedica della scalinata dell’Università a Jan Palach, da loro adottato come “martire anticomunista”. Per non parlare della ossessiva esaltazione della foiba di Basovizza, nei pressi di Trieste, cavità carsica nella quale nazionalisti e neofascisti asseriscono che siano stati gettati, a centinaia, gli “italiani uccisi solo perché italiani”.D’altra parte si sta avvicinando il fatidico 10 febbraio, la “Giornata del Ricordo”, nata da una decisione parlamentare presa con scarse opposizioni. E’ la consacrazione di una nuova versione del nazionalismo. Nascosta sotto il velo del vittimismo, essa fa tutt’uno con il mito comodo e autoassolutorio dell’ “italiano brava gente”. I responsabili dei massacri del nazifascismo sarebbero stati solo i tedeschi. Nessuna menzione viene fatta delle guerre di aggressione condotte senza remore: dalla Libia all’Etiopia, dalla Grecia alla Jugoslavia. Nella visione del Comune triestino, Granbassi sarebbe uno di questi “buoni italiani” che andò a combattere in Spagna per la civiltà cristiana e occidentale mantenendo sempre un cuore sensibile e un animo nobile.Al contrario, gli italiani fascisti in Spagna, oltre a sostenere in modo determinante la vittoria di Francisco Franco, compirono veri crimini contro l’umanità. Finora si è stesa una coltre di silenzio in nome della “carità di patria”. Ad esempio, come risulta molto chiaramente dalla mostra “Quan plovien bombes” che toccherà varie città italiane, gli aviatori fascisti bombardarono ripetutamente la città quasi disarmata di Barcellona causando circa 3000 morti. Fu lo stesso Mussolini a volere l’attacco più grave, quello del 16-18 marzo 1938, per provare, la prima volta in Europa, gli effetti terroristici degli attacchi aerei sulla resistenza della popolazione civile. Stando al Diario di Galeazzo Ciano, di fronte alle proteste internazionali, egli dichiarò spavaldamente: «Meglio che ci temano come aviatori piuttosto che ci apprezzino come mandolinisti». A quando la proposta di dedicare una grande piazza al “Duce” di tutti i fanatici “eroi fascisti” come Granbassi?