La Procura ha contestato il reato di calunnia ad agenti e funzionari che denunciarono i detenuti. La polizia penitenziaria utilizzò le proteste del 5 aprile 2020 come un pretesto per giustificare il ricorso alla perquisizione straordinaria e il pestaggio di massa avvenuti il giorno successivo.
La Procura di Santa Maria Capua Vetere (in provincia di Caserta) ha chiesto l’archiviazione della denuncia presentata dalla polizia penitenziaria in servizio al carcere di Santa Maria Capua Vetere nei confronti di 14 detenuti accusati di avere promosso una protesta il 5 Aprile 2020 durante l’emergenza Covid.
Per il procuratore aggiunto Alessandro Milita e sostituti Daniela Pannone e Alessandra Pinto, i detenuti non diedero luogo a reati, come denunciato dalla penitenziaria.
Anzi, la procura ha contestato anche il reato di calunnia ad agenti e funzionari che denunciarono i detenuti, e ora il gip di Santa Maria Capua Vetere dovrà decidere se archiviare le accuse a carico dei reclusi
La polizia penitenziaria utilizzò le proteste del 5 aprile 2020 come un pretesto per giustificare il ricorso alla perquisizione straordinaria avvenuta il giorno successivo, 6 aprile, nel corso della quale circa 300 agenti della penitenziaria sottoposero a pestaggi e violenze i quasi trecento detenuti del reparto Nilo.
Fatti, questi ultimi, che hanno portato all’arresto di poliziotti e funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap), attualmente tutti liberi, e all’inizio dell’udienza preliminare, il 15 dicembre scorso, a carico di 108 persone