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G8 Genova: L’ex questore Colucci si preoccupa: «Manganelli si è arrabbiato»

Le intercettazioni riguardano anche la sparizione delle due molotov. L’ex questore di Genova riferisce le pressioni che il capo della polizia avrebbe esercitato contro i pubblici ministeri che indagano sul G8

«Il capo della polizia è arrabbiato per l’accaduto e ha detto che devono andarci giù di forza». L’ex questore di Genova Francesco Colucci riporta in una telefonata l’umore del capo Manganelli, nei confronti dei magistrati genovesi e soprattutto contro il pm Enrico Zucca. Siamo nei giorni immediatamente successivi al 22 maggio e Colucci ha appena ricevuto un avviso di garanzia per falsa testimonianza al processo Diaz (il titolare è sempre Zucca, insieme a Francesco Cardona Albini). I vertici del Viminale, intercettati attraverso il telefono dell’ex questore, non se l’aspettavano. E l’attuale capo della polizia, a quanto dice Colucci nelle intercettazioni anticipate ieri da il manifesto, la prende male. Colucci, sempre parlando di Manganelli con un altro interlocutore, riferisce che il capo della polizia avrebbe detto che «devono fare un’azione comune per essere pesanti contro i magistrati». La pressione dei capi la sentono tutti: in una telefonata tra l’indagato Spartaco Mortola e Maddalena, ispettore inviato a Genova dal ministero per indagare sulla sparizione delle due molotov, quest’ultimo riferisce a Mortola quanto ha saputo dai magistrati nel corso delle indagini in questura. Nell’inchiesta per la sparizione delle molotov, da cui è nata l’attuale indagine per falsa testimonianza, vede per ora è indagato un artificiere. La procura di Genova è venuta a conoscienza del ruolo dell’artificiere quasi per caso, lavorando sugli affari di un imprenditore di origine siriana ma genovese di adozione e sui suoi rapporti con il successore di Colucci, Oscar Fioriolli. Tra i due episodi non sembra esserci alcun collegamento, ma lo scenario appare inquietante. Fioriolli, si è trovato in mezzo a un’inchiesta partita da Montecarlo, su un giro di riciclaggio e affari tra Africa, Italia e Ucraina, in cui sarebbero finite intercettazioni relative alle famose bottiglie molotov, scomparse dagli armadi degli uffici della questura genovese. Due anni fa un bonifico di 50 mila euro finisce nelle tasche dell’ex questore di Genova, Fioriolli, oggi a Napoli. Il personaggio osservato dai pm monegaschi, e dal quale parte «il prestito», come lo ha definito Fioriolli, è Ahmad Fouzi Hadj, nato in Siria, ma genovese di adozione, all’epoca acquirente di un lussuoso hotel nel principato. Presidente della Lucchese Calcio, nel 2005 si era interessato anche all’acquisto del Genoa. L’ipotesi degli inquirenti monegaschi era basata sul reato di riciclaggio e sulle amicizie pericolose (il leader della Guinea Conakry, Lansana Contè) del siriano, stigmatizzate anche dall’organizzazione non governativa Human Rights Watch. Il rapporto che lega Fioriolli a Hadj è testimoniato da intercettazioni telefoniche, durante le quali i due parlano del trasferimento del questore da Genova a Napoli. Proprio la vicinanza del siriano all’intellighenzia economica di Genova, aveva destato l’interesse della procura ligure. Pur senza aver iscritto nessuno nel registro degli indagati, in mezzo al calderone degli intercettati sarebbe finito anche Marcellino Melis, responsabile del nucleo artificieri Digos di Genova, già ascoltato nel corso del procedimento contro i 25 manifestanti e il cui nome è spuntato fuori nell’indagine sulla sparizione delle due bottiglie molotov. E’ lui l’anello di congiunzione delle indagini che hanno portato dalle vicende oscure del medico italo siriano ai superpoliziotti italiani, fino ad arrivare a tangere anche l’attuale capo della polizia, Manganelli.