Siamo terribilmente stanchi per l’escalation della guerra in corso. Siamo stanchi per un giornalismo completamente embedded e per l’infinito spettacolo del dolore. Siamo stanchi per il passaggio dall’infodemia pandemica alle maratone di guerra. Siamo stanchi e tristi per l’ossessione “dobbiamo armarli” dei vari Erri de Luca, Manconi e Lerner
di Enrico Euli
Sono angosciato per una guerra che procede, giorno dopo giorno, a ripetere i soliti ritornelli di ogni guerra, ad avvolgerci nelle sue spire e si espande, coinvolgendoci senza lasciare scampo nell’anima e nei corpi. Quel che sento e prevedo, purtroppo, è che, se l’Ucraina non perde la guerra e la Russia non prende i territori che ritiene propri, sarà guerra globale tra noi e loro. E che, se l’Ucraina perde la guerra e la Russia se li prende, l’Occidente non potrà accettarlo e ci coinvolgerà nella “sua” guerra. Già a questo punto, infatti, le altre vie d’uscita iniziano a chiudersi definitivamente. E l’escalation in corso non si fermerà, se non temporaneamente e solo per prepararsi a nuovi attacchi, da entrambe le parti.
Ci stanno trascinando, come agnelli sacrificali, verso il rogo che ci incendierà. Non contiamo nulla come persone, né gli ucraini, né i russi, né noi. E nessun dio ci può salvare.
Inviati embedded
Sono pieno di vergogna per quel che vedo e ascolto in giro, in rete e soprattutto in tv. Il giornalismo libero è quasi ammutolito, scomparso, criminalizzato. Siamo ormai a bollettini di guerra redatti direttamente dagli eserciti. Gli inviati sono super-embedded, quelli in studio si sdilinquiscono: la loro lingua giunge a leccare l’intero Atlantico sino alle insanguinate sponde del Potomac.
La Rai offre cartoni animati in lingua ucraina, presenta video creati dalle forze armate ucraine, intervista qualunque vecchietta ucraina si aggiri per le strade distrutte o qualunque violinista si sia rifugiata ad occidente. Su quel che si dice o si pensa (anche di noi) in Russia nessuna vera notizia. Solo spettacolo del dolore: per spingerci ad identificazione, commozione, rabbia contro il nemico comune. Modelli fascisti, hitleriani, stalinisti applicati dalla propaganda “democratica” di regime. Ma anche se avessimo un’informazione diversa, le premesse culturali profonde – già rafforzate dalla guerra al virus – appaiono al momento irriformabili, orientate e impregnate come sono da tempo solo di immunitarismo, securitarismo, paura, oltranzismo polarizzante, cooperazione a competere, formazioni reattive, ossessive, paranoidi.
Bersagli perfetti
Resto perplesso quando il governo ucraino insiste per più di un mese a non far sgomberare la gente e ora permette che invece si affollino in massa nelle stazioni ferroviarie, trasformandole così in bersagli perfetti per chi vuole colpirle e annientarle. Resto perplesso che si permetta già ora il rientro a Kiev di molte persone sfollate, senza che vi sia alcuna certezza che i bombardamenti e i blindati non tornino a punirle e sterminarle. Ma che gioco stanno giocando i servizi segreti? Quali informazioni hanno e propongono ai governi? Perché si fanno sempre delle scelte a discapito delle popolazioni e a vantaggio del martirio di persone e città, ma che vanno a costituire motivo d’orgoglio e gloria di una nazione e di uno stato?
Lasciare gli ucraini nel Donnbass ad attendere patriotticamente le bombe può servire se si vuole questo, ma non ci si può poi lamentare se le conseguenze sono i massacri. Ma anche i massacri, alla fin fine, servono a bloccare le (finte) trattative e a giustificare (e stimolare ulteriormente, anche nelle opinioni pubbliche) il fatto che li stiamo armando. Il fine giustifica i mezzi (e qualunque perdita, se – infine – è anche questa a far guadagnare rispetto ad esso).
Erri de Luca, Manconi e Lerner
Sono davvero triste – ancora una volta – a vedere molti intellettuali di vaglia prendere posizioni che sostengono la guerra. Come ricorda scorata la Arendt, il nazismo ebbe il sostegno del fior fiore dell’intellighenzia tedesca. E lo stesso è accaduto in Italia, negli atenei e sui giornali. Ma se la cultura non attiva la sua forza di mediazione, i suoi ponti, le sue potenzialità di dialogo e incontro, non sta svolgendo il suo compito (che è la difesa vera, ad oltranza dell’umano e del vivente), ma soltanto collaborando a ulteriori divisioni e disastri.
Non è cultura: è conformismo, adattamento, rabbia sublimata, irresponsabilità. Non mi stupiscono i vari Molinari, Giannini, Flores d’Arcais, Mentana, Floris, Galli della Loggia… Non possiamo aspettarci molto dai liberal a stelle e strisce, quando lo stress cresce e la patina di tolleranza ed equilibrio inevitabilmente va perduta. Quel che mi rattrista è ascoltare le parole di quelli che potevo sentire come possibili compagni di strada: Erri de Luca, Manconi, Sinibaldi, Lerner e vari altri… Quelli che “pur soffrendo, dobbiamo armarli…”. Quando ci troveremo nella Terza Guerra mondiale, se saranno onesti, sapranno riconoscere il loro terribile errare di oggi?
Dall’infodemia pandemica alle maratone di guerra
Sono già terribilmente stanco: da un mese e mezzo di guerra, eccidi, stragi giornaliere, massacri senza fine. Dopo due anni di pandemia e infodemia pandemica, stillicidio giornaliero e prolungato di morte e distruzione, angoscia e terrore, cos’altro ci stanno imponendo? Un anno, due anni, un tempo infinito di telegiornali e maratone di guerra? Ma ci si rende conto degli effetti psicosociali su una popolazione già devastata, depressa, desocializzata, disorientata, sfinita? Ammazzateci, ma ora, subito…! Non mi interessa sapere chi ha ucciso chi, chi sono i carnefici e le vittime, chi merita un processo. Non mi interessano i giudizi popolari, né quelli dell’Aja, che arrivino o meno.
Siamo tutti, da ogni parte, nelle mani di assassini criminali, che ci governano e ci aggrediscono nelle nostre vite, da qualunque parte ci voltiamo, di fronte a noi e alle nostre spalle, a fianco…
Lo ripeto: la guerra è un crimine legalizzato, chi vi partecipa diviene un criminale, anche se ritiene di essere nel giusto. Abbiamo tabuizzato l’incesto, ma non l’omicidio e la guerra. Come mai? L’omicidio può ancora accadere, ma – attenzione – non è la guerra: la guerra è pianificata, preparata. Non è una soluzione estrema, irriflessa, autoconservativa come gran parte degli omicidi. E – a differenza dell’omicidio – è legalizzata, giustificata e presentata come soluzione e rimedio. Fare confusione tra loro è un errore – come vediamo – dalle terribili conseguenze.
Gli omicidi che avvengono in guerra rappresentano i frutti inevitabili della guerra stessa. Lamentarsene ed esibirli è solo parte del gran teatro allestito da chi la vuole e la ama.
da Comune-Info