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In Grecia dilaga la protesta contro l’istituzione della polizia universitaria

In Grecia studenti e professori stanno protestando contro la decisione del governo di inserire in maniera permanente contingenti delle forze dell’ordine nei campus universitari, a cominciare da quelli di Atene e Salonicco, i due principali del Paese.

di Valeria Casolaro

Il provvedimento, votato dal Parlamento all’inizio dello scorso anno, entrerà in vigore a partire dal prossimo giugno. Complice una storia recente di sanguinose repressioni delle proteste studentesche, studenti e professori si sono mobilitati in entrambe le città, per richiedere con forza l’abolizione di una misura ritenuta fortemente repressiva e antidemocratica.

Le città di Atene e Salonicco sono così diventate gli epicentri degli scontri tra le forze dell’ordine e gli studenti, che hanno comportato l’isolamento parziale del centro della capitale greca. La repressione della polizia ha raggiunto picchi di violenza tali da suscitare anche la preoccupazione di Amnesty.

La decisione di istituire un corpo di polizia universitaria è stata introdotta dal Parlamento greco all’inizio del 2021. Prima di allora, le forze di polizia potevano fare ingresso nei campus solamente su esplicita richiesta dell’amministrazione. Le reclute, addestrate specificamente per questo compito, potranno fare ingresso nelle università di Atene e Salonicco a partire dal prossimo giugno. All’interno del campus dovranno essere disarmate, ma potranno contare sull’immediato supporto di contingenti armati presenti all’esterno delle università. Inoltre, entro il perimetro del campus gli agenti potranno fermare, perquisire e trattenere temporaneamente le persone quando ritenuto opportuno. Le strutture saranno poi dotate di videocamere di sicurezza e di un sistema di ingresso a tornelli, attivabili con tessera magnetica.

“Non è la polizia che entra nelle università, ma la democrazia” ha sostenuto il primo ministro Kyriakos Mitsotakis, insediatosi al governo nel 2019. Di parere contrario sono i principali partiti di opposizione, tra i quali il partito di centro-sinistra Kynal, quello di sinistra Syriza e il comunista KKE. A loro parere, infatti, la presenza della polizia nelle università violerebbe il principio europeo di autonomia di tali istituti: la misura, dichiarano, è più una mossa del governo conservatore per attuare una politica di “sicurezza”.

La presenza della polizia nelle università è un tema estremamente delicato in Grecia, dove ancora non è spenta la memoria della violenta repressione del 1973. In quell’occasione il governo militare al potere mise fine con i carri armati all’occupazione studentesca del Politecnico di Atene, organizzata per protestare contro la dittatura, causando la morte di 26 persone. Dalla rivolta nacque un movimento che riuscì, anni dopo, a far cadere la giunta militare. In seguito a questi eventi fu introdotta una legge che di fatto impediva l’ingresso della polizia nei campus universitari, rendendoli così un rifugio sicuro per i perseguitati politici. Tale legge è stata di fatto abolita nel 2019, anno nel quale si insediò al governo il primo ministro Mitsotakis.

L’operazione del governo costituisce una mossa controversa anche dal punto di vista economico. Sarebbe infatti di 20 milioni di euro l’anno, secondo il Tesoro greco, il costo dell’operazione, a fronte di un budget di appena 91,6 milioni di euro per l’istruzione superiore. Una maggiore sicurezza nei campus si traduce in un maggiore apprendimento, hanno inoltre dichiarato i partiti conservatori che sostengono l’iniziativa: sono questi stessi partiti, tuttavia, che hanno tagliato i fondi alle università pubbliche, rifiutandosi di fornire supporto economico anche durante il periodo della pandemia. Solo per il 2021 la riduzione dei fondi delle università, che già soffrivano di carenze in forniture e attrezzature, è stata del 22%.

Oltre 1000 docenti universitari hanno firmato una lettera per denunciare i costi esorbitanti dell’operazione e, insieme a ricercatori e studenti, si sono appellati al Consiglio di Stato affinché dichiarasse la legge incostituzionale. Nel maggio scorso, invece, è stato stabilito che il provvedimento “non mette in pericolo la libertà accademica o l’autogestione delle università”.

da L’Indipendente