Menu

Agire secondo le regole: un manuale tascabile per l’intervento razziale

Milano o Los Angeles? La realtà è che nessuno parla dei fermi di polizia che sempre di più aumentano ai danni delle persone Nere, Sud Americane o Asiatiche in città e, in particolare, nei quartieri popolari. Nessuno lì guarda, nessuno condanna, nessuno filma .In questa vicenda, diffusasi solo perché ha colpito un uomo ricco e famoso, emerge tutto il razzismo istituzionale vissuto da chi non potrà mai sentirsi al sicuro finché la maggioranza dei poliziotti non avrà un’adeguata formazione e preparazione culturale. Finché non esisterà un numero identificativo per poter risalire alle persone che perpetrano questo genere di azioni violente.

di Roscio e Nassi La Rage

 

Con riferimento al video diffuso in data odierna, relativo ad un controllo effettuato da un equipaggio dell’Upg-Sp a carico del calciatore del Milan Tiémoué Bakayoko si rappresenta che lo stesso, avvenuto in un contesto operativo che giustificava l’adozione delle più elevate misure di sicurezza […] si è svolto con modalità assolutamente coerenti rispetto al tipo di allarme in atto”. Sono queste le parole contenute nel comunicato della polizia di Stato relativamente ai fatti accaduti nelle prime ore della mattina del 3 luglio, quando a seguito di una chiamata d’allarme per presunti colpi di arma da fuoco in Corso Como, una pattuglia della polizia ha erroneamente fermato il calciatore francese del Milan Tiémoué Bakayoko, ex Napoli e Chelsea, perché corrispondente alla descrizione di una segnalazione telefonica dell’accaduto.

Emerge anche che per la questura di Milano “gli agenti hanno agito seguendo le regole”. Ecco che allora bisogna risalire alla genesi delle suddette regole e alle modalità che hanno coinvolto due persone (il calciatore e un amico passeggero) centrafricane a bordo di un Suv, una delle quali con un cappello e una maglietta verde. I giornali e le istituzioni coinvolte definiscono il fermo avvenuto in centro ai danni dei due malcapitati un incidente, nonché una misura precauzionale necessaria a fronte di eventi di natura potenzialmente letali per i civili. Tuttavia, una volta fermati, Bakayoko e l’amico sono stati intimati aggressivamente di scendere dal veicolo con una pistola puntata verso il sedile del passeggero.

Sorge spontanea una riflessione: quanto è comune che un’arma da fuoco venga puntata contro una persona soggetta a fermo? Per legge, le condotte che devono essere vinte dal pubblico ufficiale e che “legittimano” questi ad impiegare le armi sono la violenza (rivolta nei confronti del pubblico ufficiale stesso o di cose o persone che questi ha il dovere di tutelare) o la necessità di vincere una resistenza. Appare chiaro dal video che riprende l’accaduto, trasmesso in rete e divenuto virale in poche ore, che nessuno dei due protagonisti della vicenda abbia alzato un dito o abbia dato ragione agli agenti di estrarre la pistola dalla fondina. La decisione di adottare una misura così estrema, a detta della polizia, è stata dettata dal contesto operativo, ma sappiamo perfettamente che le ragioni sono ben altre. Sono sotto gli occhi di tutti.

Eventi come questo sono sempre più comuni e rimangono invisibili, portando con sé una triste eco di eventi tragici e ricordi che riportano al violento squadrismo della polizia ai danni di chi è Nerə: la polizia ferma e perquisisce persone a caso solo perché sono Nere, e da questa tipologia di modus operandi non si sono escluse neppure le persone arricchite. Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se fosse capitato a qualcun altro.

Probabilmente le conseguenze sarebbero state ben peggiori. “Fortuna ha voluto” che la persona coinvolta fosse un ricco calciatore. In un tweet di qualche ora fa, la stessa Amnesty International ha condannato l’evento ai danni del francese: “Le immagini del fermo di #Bakayoko fanno pensare a una profilazione etnica. Una pratica discriminatoria che su una persona non famosa avrebbe potuto avere conseguenze gravi”.

La realtà è che nessuno parla dei fermi di polizia che sempre di più aumentano ai danni delle persone Nere, Sud Americane o Asiatiche in città e, in particolare, nei quartieri popolari.

Nessuno lì guarda, nessuno condanna, nessuno filma.

In questa vicenda, diffusasi solo perché ha colpito un uomo ricco e famoso, emerge tutto il razzismo istituzionale vissuto da chi non potrà mai sentirsi al sicuro finché la maggioranza dei poliziotti non avrà un’adeguata formazione e preparazione culturale. Finché non esisterà un numero identificativo per poter risalire alle persone che perpetrano questo genere di azioni violente.

Repressione poliziesca, razzismo, e violenza: se per Bakayoko è stata un’eccezione, per qualcuno è ordinaria follia.

da Milano in Movimento