Rivolte in carcere durante il lockdown, il Dap smentisce le fake di Bonafede e Travaglio: nessuna regia criminale
di Andrea Aversa
«Non sono state acquisite prove utili a dimostrare che dietro le rivolte vi sia stata la regia della criminalità organizzata», con queste parole il Presidente della Commissione ispettiva del Dap (Dipartimento dell’autorità penitenziaria) Sergio Lari ha escluso qualsiasi infiltrazione mafiosa o camorristica nelle proteste che ci sono state in alcune carceri italiane nel marzo del 2020.
Tutti ricordiamo quelle giornate drammatiche che hanno fatto emergere con brutalità il disagio e la disumanità che regnano nei penitenziari del Belpaese. Sono stati due gli episodi principali e soprattutto di indimenticabile violenza: i 13 detenuti che hanno perso la vita tra l’8 e il 9 marzo e la “mattanza”, così come è stata definita dalla magistratura, perpetrata dagli agenti della polizia penitenziaria sui detenuti, avvenuta proprio in quei giorni nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Pagine buie per il nostro Stato di Diritto e di vergogna per le istituzioni. Ma la relazione della Commissione ha anche spiegato i motivi per i quali i detenuti diedero vita a quelle sommosse: «Le radici delle rivolte hanno attecchito in un terreno reso fertile dalla poco dignitosa qualità della vita penitenziaria. Per la Commissione la scintilla che ha innescato le rivolte è stata, senza alcun dubbio, la sospensione dei colloqui in presenza con i familiari».
Insomma, purtroppo, nulla di nuovo. Le proteste ci sono state perché in carcere la vita è degradante. Un contesto diventato infernale durante la pandemia, nei confronti della quale i detenuti sapevano poco o nulla. E l’ulteriore disposizione di limitazioni, unite alla paura del covid, hanno acceso una miccia già pronta a prendere fuoco. In pratica, le strumentalizzazioni e lo spargimento di fake news messo in atto dai vari Bonafede, Travaglio e compari manettari, è stato smentito. Ci sono voluti due anni ma i giustizialisti hanno perso. Ma a perderci è stata l’intera comunità penitenziaria umiliata e mortificata da uno Stato che l’ha dimenticata. «Condivido pienamente le conclusioni alle quali è arrivato il Dap – ha affermato Pietro Ioia, Garante per i diritti dei detenuti della Città metropolitana di Napoli – Non ci voleva un’indagine per capire che dietro quelle iniziative non ci fosse alcuna regia della criminalità organizzata. Ricordo che insieme al Garante Samuele Ciambriello andammo nel carcere di Secondigliano dove riuscimmo a sedare gli animi».
«Questo risultato rende l’intera vicenda ancora più grave – ha dichiarato Emanuela Belcuore Garante per i diritti dei detenuti della provincia di Caserta – In pratica non essendoci una regia criminale, vuol dire che i detenuti sono stati liberi di agire come volevano, senza che ci fosse stato alcun controllo. Un disastro del quale sono state vittime anche gli agenti della polizia penitenziaria. I detenuti sono stati mortificati prima, rispetto alle condizioni in cui già vivevano e anche dopo rispetto ad una totale assenza di qualsiasi strategia governativa che potesse arginare il covid. Nello specifico a Santa Maria Capua Vetere stiamo parlando di dieci persone coinvolte nelle proteste avvenute nei reparti “Nilo” e “Tevere”. Si è trattato di reclusi di media sicurezza lasciati allo sbaraglio».
La relazione non ha invece del tutto soddisfatto l’avvocato Paolo Conte che sta difendendo i parenti di Vincenzo Cacace, detenuto malato e ormai deceduto, vittima proprio della mattanza: «Sul metodo, pare sconcertante che non siano stati mai ascoltati gli attori principali, i detenuti. Deve restare ancora più alta l’attenzione sull’operato della Polizia Penitenziaria in quegli istituti per i quali la Commissione ispettiva ha “sospeso il giudizio” in quanto pendono indagini su presunte violenze ai danni di detenuti. Proprio nel processo per torture al carcere di Santa Maria Capua Vetere, ad esempio, alcuni imputati rispondono anche di falsi e calunnie che ad avviso della Procura sarebbero stati posti in essere mediante l’artificioso confezionamento di informative sulla partecipazione di alcuni detenuti a rivolte mai esistite. Notizie di reato per le quali la Procura ha infatti chiesto l’archiviazione».