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Roma: Tso e proiettili

Lettera aperta di Nino Lisi alla ministra dell’Interno, al prefetto di Roma, al questore di Roma

Spero fortissimamente che Lor Signori non vogliano venir meno all’imprescindibile dovere del loro ruolo di dare attenta lettura, seguito e riscontro alla lettera di un cittadino ricolmo di indignazione e vergogna per come è stato condotto nei giorni scorsi un trattamento sanitario obbligatorio da componenti delle cosiddette forze dell’ordine, a quanto riportato dai media: il paziente ricoverato e piantonato in ospedale con un proiettile in una gamba e un altro nella pancia. Chi ha condotto l’operazione – sparatore compreso – a piede libero e forse anche con i complimenti dei superiori!

Ma dove siamo? In che Paese viviamo? Come e’ finita la repubblica Italiana nata dalla Resistenza?

Che forse le pallottole fanno parte della farmacopea psichiatrica? Che i pazzi si curano a pistolettate?

Ma aveva in mano un coltellaccio da cucina – si dirà – e minacciava di colpire i mal capitati agenti! E allora? Non ci sono altri modi per gestire una situazione del genere? Un colpetto bene assestato sulla mano non è sufficiente a far cadere il coltello a terra?

Penserete che non sappia di cosa parlo. Siete in errore, per difetto d’informazione. Nel ‘65 mi capitò per ben due volte, a distanza di pochi giorni, di partecipare a una operazione analoga. E senza pistole e neppure manganelli. A mani nude, con molto affetto e compassione.

Una strettissima parente dette di matto, perché’ – donna di rara intelligenza – si autodiagnosticò un cancro dalle pagine di un libro di medicina di una sua figlia. Una sera fu presa da un’agitazione psicomotoria incontenibile. Cercammo di calmarla e chiamammo un medico. Venne e di fronte a tentativi di tagliarsi le vene ci chiese di tenerla e le praticò un Valium per guadagnare pochi minuti di tempo. Immobilizzata con una tovaglia e un lenzuolo la affidammo alla più vicina clinica psichiatrica, struttura privata costosissima. Non ce la potevamo permettere. Dopo qualche giorno doppio trasferimento: a un pronto soccorso psichiatrico, come per legge, e da lì ad un ospedale pubblico. In macchina da soli, la contenemmo sempre con molto affetto e tanta determinazione.

In ospedale l’accompagnai in corsia dove due infermieri la portarono a braccia, io al seguito. Meno male, perché per un miracoloso guizzo riuscii ad evitare che picchiasse con la nuca sul taglio di un gradino.

Vedete, senza pistole e sfollagente si può fare, si fa.

Ma che preparazione date al personale cui affidate compiti così delicati? Direte che ci vuole affetto e l’affetto è come il coraggio, chi non ce l’ha non se lo può dare. Ma non è vero. Basta la nostra Costituzione che è la più bella ma anche la più disattesa del mondo. È sufficiente conoscerla, studiarla e assumerne i valori. È questione di formazione. Quella che manca alle nostre “forze dell’ordine”.

Provvedete dunque! E in fretta!

Io vi darei volentieri una mano, ovviamente gratis, da volontario, perché cose così o si fanno perché ci si crede o non hanno effetto.

Mi spiace non poterlo fare perché’ ho 92 anni, una polinevrite agli arti inferiori per la quale non riesco a stare in piedi, una maculopatia e un indebolimento del nervo ottico per cui vedo poco e male. Per il resto sto più che bene, specialmente di testa, come vedete.

Datevi dunque da fare voi.

Nino Lisi – Roma 30 agosto 2022.

PS – Sarà mia cura dare, per quel che potrò, massima diffusione affinchè si diffonda la consapevolezza che le forze dell’ordine sono tali se al servizio dei cittadini e non per esercitare su di essi un ignorante e becero potere.