Non solo tentato omicidio ma anche tortura. Ci sarebbe anche questa ipotesi di reato tra quelle formulate dalla procura di Roma a carico dei quattro poliziotti del commissariato Primavalle indagati
di Eleonora Martini
Non solo tentato omicidio ma anche tortura. Ci sarebbe anche questa ipotesi di reato tra quelle formulate dalla procura di Roma a carico dei quattro poliziotti del commissariato Primavalle indagati per aver fatto irruzione senza mandato, lo scorso 25 luglio, nell’abitazione del disabile Hasib Omerovic e per averlo «picchiato e buttato giù dalla finestra», secondo l’accusa dell’unica testimone oculare, la sorella Sonita, anche lei disabile psichica ma ritenuta dal consulente tecnico nominato dal Tribunale in grado di sostenere un interrogatorio. A riferirlo è stato ieri il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni rispondendo ad un’interrogazione urgente ripresentata alla Camera (quella per la ministra Lamorgese non ottenne alcuna risposta) dal presidente di +Europa Riccardo Magi.
Come dice Molteni, Hasib Omerovic, sordo dalla nascita, è ancora ricoverato all’ospedale Gemelli «in una condizione di minima coscienza». «Sulla base delle notizie acquisite dal Ministero di Giustizia», precisa però il sottosegretario, la procura ha «avviato un procedimento penale per i reati di false informazioni al pubblico ministero, falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici e tortura». Non nomina il tentato omicidio anche se la fattispecie è ancora tra le ipotesi della procura. Con il reato di tortura, introdotto nel nostro ordinamento nel 2017, gli agenti eventualmente incriminati rischierebbero da 5 a 12 anni di carcere, aumentati della metà quando la vittima riporta – come in questo caso – lesioni gravissime.
Dunque il pm Luciani, titolare del fascicolo, deve aver trovato sostanziose conferme a quanto riferito da Sonita Omerovic, la ragazza fragile che per questo potrebbe essere interrogata – spiega il legale di Hasib, l’avvocato Arturo Salerni – dal Gip attraverso un «incidente probatorio». Eppure, riferisce il Viminale, gli agenti indagati sono ancora in servizio: infatti, dopo aver sostituito, a settembre, il dirigente del distretto di polizia e il funzionario della caserma, «sono stati disposti – dice Molteni – ulteriori atti organizzativi che hanno interessato i quattro dipendenti coinvolti nei fatti del 25 luglio scorso: uno di essi è stato assegnato ad un altro ufficio di pubblica sicurezza della capitale, mentre gli altri tre sono stati adibiti a servizi di vigilanza interna nell’ambito del XIV distretto». Nessun procedimento disciplinare nei loro confronti a causa del «segreto investigativo» che copre l’attuale fase «delle indagini preliminari».
Un approccio garantista che fa onore al sottosegretario leghista purché, come ha fatto notare Magi nella replica, «il ministero dell’Interno tenga conto che la trasparenza su fatti di questo tipo – peraltro venuti fuori solo dopo la nostra denuncia pubblica in conferenza stampa – è un bene da preservare per non ledere la fiducia dei cittadini nelle forze dell’ordine».
Si dice invece «preoccupato» Carlo Stasolla, dell’Associazione 21 luglio che sostiene la famiglia Omerovic, dal «rischio di minimizzare» quanto accaduto, visto che «ipotesi di reato così gravi non hanno comportato alcun procedimento di sospensione degli agenti».
da il manifesto