La metà (47%) dei finanziamenti e degli investimenti infrastrutturali per i Mondiali di calcio in Qatar (200 miliardi in totale) è arrivata da banche, fondi pensione e compagnie assicurative europee
di Alberto Negri
Qui in Europa siamo tutti qatarini. Il Fondo di investimento del Qatar ha a disposizione una cifra stimata in 400 miliardi di dollari (quello del principe assassino saudita, il Pif, che paga il senatore Renzi ne ha il doppio), 45 sono investiti in Gran Bretagna.
E ancora, 25 miliardi di euro in Francia, qualche dozzina in Italia e in Germania. Doha è il secondo produttore al mondo di gas liquido e un importante acquirente di beni, servizi e armi. Quante tangenti, oltre alle mance a quei quattro cialtroni di Bruxelles, sono passate in Europa in questi anni?
La metà (47%) dei finanziamenti e degli investimenti infrastrutturali per i Mondiali di calcio in Qatar (200 miliardi in totale) è arrivata da banche, fondi pensione e compagnie assicurative europee, che hanno chiuso un occhio, o anche due, sulle documentate violazioni dei diritti umani, soprattutto dei lavoratori migranti.
Secondo Fair Finance International – una rete internazionale di organizzazioni della società civile che cerca di incoraggiare banche e istituzioni finanziarie a rispettare gli standard sociali – la sola Deutsche Bank ha contribuito con il 42% dei finanziamenti europei, 15,7 miliardi di dollari. È bene ricordare che in Germania il Qatar – con quote di Porsche, Volkswagen e accordi energetici importanti – detiene una partecipazione del 6,1% in Deutsche Bank (ma anche nel Credit Suisse) attraverso l’ex premier Sheikh Hamad bin Jassim al-Thani. Il maggiore investitore europeo nel settore in Qatar e in obbligazioni sovrane qatariote è Allianz, con oltre 4 miliardi di dollari.
Con il Qatar gli Stati europei hanno una fitta rete d’affari cui nessuno vuole rinunciare. Il tutto condito di un’ipocrisia assoluta: con una mano sui media si denunciano le violazioni dei diritti umani e dei gay, con l’altra gli europei vanno all’incasso dei soldi di Doha, così come di tutti i Paesi del Golfo, sauditi compresi, tra i maggiori acquirenti di armi del mondo, che con il viaggio di Xi Jinping a Riad si sono rivolti ai cinesi perché infastiditi da americani ed europei. Ma attenzione a proteggere gli investimenti qatarini in Europa non è solo la lobby stracciona carica di sacchi di contanti, scoperta a Bruxelles: sono direttamente i nostri governi e capi di Stato.
Prendiamo la Gran Bretagna, dove la municipalità di Londra ha bandito la pubblicità del Qatar sui trasporti per protesta contro i diritti violati. La decisione risale in realtà a tre anni fa, quando il sindaco Sadiq Khan impose il divieto di pubblicità sui mezzi di trasporto per tutte le aziende che violano i diritti Lgbtqia+ comprese società di Pakistan, Brunei e Arabia Saudita.
Il Qatar ha reagito dichiarando che saranno «rivisti» alcuni investimenti nella capitale, dove la Qatar Investment Authority possiede i grandi magazzini Harrods, l’iconico edificio Shard, è comproprietaria di Canary Wharf, possiede Chelsea Barracks, gli hotel Savoy e Grosvenor House e ha una partecipazione del 20% nell’aeroporto di Heathrow.
In realtà gli investimenti futuri di Doha saranno «ridiretti» in altre città britanniche e resta invariato il piano presentato in maggio a Londra dall’Emiro Tamin bin Hamad al Thani all’ex premier Ben Johanson che prevede in Gran Bretagna un flusso di denari qatarini per 11,6 miliardi di euro nei prossimi cinque anni, Rolls Royce inclusa.
In Francia il 24 novembre è intervenuto direttamente Macron, per smorzare le polemiche sulla Coppa del Mondo a Doha, con una dichiarazione dove si afferma che in Qatar «sono in corso cambiamenti reali» riguardo al trattamento dei lavoratori migranti. Il Qatar possiede mezza Parigi nel portafoglio del Fondo statale o direttamente tra i beni della famiglia dell’emiro Al Thani, l’Assemblea Nazionale francese già nel 2008 aveva votato una legge per l’esenzione fiscale degli investimenti immobiliari qatarioti e sulle loro plusvalenze mentre il capo della sicurezza della squadra del Paris Saint Germain è un ex prefetto amico di Sarkozy.
E neppure in Italia facciamo troppo gli schizzinosi visto che il Qatar ha investito – oltre che nel marchio Valentino – una decina di miliardi (ufficialmente 5) in alberghi di lusso tra Roma, Venezia, Milano, Costa Smeralda e sarà il traino del prossimo futuristico quartiere di Porta Nuova a Milano.
E forse qualcuno ricorda anche i legami in Italia tra Qatar e Fratelli Musulmani. Ne parlava un libro dal titolo “Qatar Papers”, scritto dai giornalisti francesi Christian Chesnot e Georges Malbrunot che rivelava i finanziamenti nel 2014 di Doha a moschee e centri islamici in Europa: 72 milioni di euro di cui 22 soltanto in Italia. Allora avevamo venduto all’emiro Al Thani (che ha una quota in Airbus), in poco più di un anno, 9 miliardi di euro tra navi ed elicotteri.
Magari così ci spieghiamo meglio come stanno le cose. Da noi l’indignazione per i mondiali in Qatar è stata espressa dal comico Rosario Fiorello che in tv a Raidue ha detto che «i qatarini sul loro zerbino hanno scritto “diritti umani”, e loro li calpestano ogni giorno». Che screanzato…
da il manifesto
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