“Questa terra e’ la mia terra” la resistenza Munda in Bangladesh
In Bangladesh una minuscola popolazione tribale resiste con forza alla prepotenza di chi vorrebbe allontanarla dalla terra ancestrale.
di Gianni Sartori
Gli eventi risalgono al 19 agosto, ma ne sono venuto a conoscenza soltanto da ora.
Riguardano un villaggio dei Munda, una popolazione indigena tribale (Adivasi, fuori casta) del Bangladesh.
Relativamente note le vicende della resistenza Adivasi in India (negli Stati di Bihar, Chhattisgarh, Jharkhand e soprattutto Orissa) contro l’esproprio delle loro terre ancestrali da parte delle compagnie (lotte che talvolta si coniugano e intrecciano con quelle dei naxaliti, i maoisti). Meno conosciuta quella di alcune popolazioni in Bangladesh, come appunto i Munda (la cui lingua, il munda, non sembra correlata con altre famiglie linguistiche tradizionali).
Vivono in condizioni di marginalità e povertà, scarsamente alfabetizzati e storicamente afflitti dalla piaga dei matrimoni precoci e combinati (e solo con persone dello stesso infimo livello sociale).
Se nel sistema indù, coloro che appartengono a una casta ( Savarna Indù) sono divisi in quattro caste principali (più altre sottoposte), anche chi non appartiene ad alcuna casta /Avarna Indù) deve sottostare a un’ulteriore divisione tra Dalit (intoccabili) e Adivasi, i tribali (considerati inferiori anche ai Dalit).
Da sottolineare che mentre anche gli intoccabili, i Dalit,si sono a loro volta ulteriormente suddivisi, questo sistema sembra non essere stato adottato dai tribali.
Tra questi appunto i Munda, originari dal Bihar, vennero qui trasferiti dai colonizzatori inglesi (oltre duecento anni fa) come manodopera a buon mercato per disboscare aree forestali.
A questa popolazione vennero poi concessi piccoli appezzamenti di terra e in qualche modo gli inglesi tentarono di tutelarne la sopravvivenza (forse in nome del divide et impera). Tradizionalmente animisti, subirono in seguito l’imposizione dell’induismo (ritrovandosi quindi automaticamente tra i fuori casta in quanto tribali), riducendosi col tempo a poche migliaia di persone sparse nel sud-ovest del Bangladesh.
Sovente, oltre alle scontate discriminazioni, subiscono il tentativo di venir espropriati delle poche terre a loro rimaste.
Come era accaduto appunto nell’agosto di quest’anno.
Il villaggio munda di Dhumgat, abitato da una trentina di famiglie, veniva aggredito dagli scagnozzi di un ricco proprietario terriero locale (pare di religione islamica) né i residenti costretti a restare nel chiuso delle capanne con minacce e percosse. Ma un anziano contadino, Norendranath Munda, insieme a tre donne (le mogli dei suoi figli) uscì per protestare contro tale arbitrio. Tutti e quattro vennero picchiati duramente al punto di dover essere ricoverati in ospedale. E qui purtroppo Norendranath Munda era deceduto a causa dei maltrattamenti subiti.
Da parte dei Munda e di alcune associazioni di solidarietà con i tribali vi furono immediate proteste (in particolare una lunga catena umana) e la notizia si diffuse anche tra gli indigeni di altri Paesi, sia in India che in Thailandia.
Nel frattempo il coraggioso contadino veniva sepolto proprio su quello scampolo di terra che aveva difeso a costo della vita rendendolo quindi non più suscettibile di esproprio o ruberie.
Un prezzo molto alto, sicuramente per poter affermare che “Questa Terra è la mia Terra”.
Concetto che, a mio parere, esprime più il senso appartenenza che di proprietà (visto che lo cantava il comunista libertario Woody Guthrie).