Mentre imperversa la minaccia jihadista nel Sahel, peggiorano le relazioni tra Parigi e alcune ex colonie. Espulso dal Burkina Faso l’ambasciatore Luc Hallade
di Gianni Sartori
Non sembrano dover migliorare, per lo meno non a breve, le relazioni tra Parigi e alcune sue ex colonie africane. Dopo il contenzioso con il Mali (inaspritosi con il golpe del 2020), ora prende quota anche quello con il Burkina Faso.
Negli ultimi giorni le “autorità di transizione” di Ouagadougou (insediate con il golpe della notte tra il 30 settembre e il 1 ottobre 2022) avevano già dichiarato come “non gradito” l’ambasciatore Luc Hallade. Un esplicito messaggio ufficiale in tal senso, proveniente dalla ministra degli Affari esteri Olivia Rouamba, era stato consegnato direttamente al Quai d’Orsay. Con la richiesta di poter “cambiare interlocutore”.
Stando a una ricostruzione di Le Monde, il contenzioso sarebbe nato (pretestuosamente?) per una lettera inviata da Hallade ai connazionali francesi residenti a Koudougou. Un messaggio con cui li sconsigliava dal rimanere in città e li invitava a “ricollocarsi nella capitale o a Bobo-Dioulasso”. In quanto Koudougou, terza città del Paese, sarebbe ormai “passata in zona rossa dopo il colpo di Stato del 30 settembre” e rimanervi “rappresenta un grave rischio”.
E puntualmente, il 3 gennaio, il portavoce del governo Jean-Emmanuel Ouedraogo ne ha annunciato l’espulsione.
Il “governo di transizione” (23 ministri, con tre militari a capo del ministero della difesa, dell’amministrazione territoriale e sicurezza, dell’ambiente; primo ministro l’avvocato Joachim Kyelem de Tembela, direttore del Centro di ricerche internazionali e strategiche) insediato dal capitano Ibrahim Traoré in teoria dovrebbe, entro il luglio 2024, ripristinare la Costituzione e indire nuove elezioni.
In precedenza, il 24 gennaio 2022, un altro golpe, opera del colonnello Paul-Henri Sandaogo Damiba, aveva estromesso il presidente Marc Khristian Kaboré regolarmente eletto.
Causa principale dei due colpi di stato quasi consecutivi, l’allargarsi delle insorgenze jihadiste soprattutto nel nord del paese. Si calcola che attualmente più del 40% del territorio rimanga fuori dal controllo statale.
Tra le aggressioni delle bande jihadiste più recenti (e sanguinose) quella del 26 settembre 2022 quando una quarantina di persone sono rimaste uccise nell’attacco a un convoglio di camion che trasportavano cibo e rifornimenti per le popolazioni del nord in difficoltà.
Da segnalare che – come era avvenuto per il Mali dove ormai si parla di “rottura diplomatica” – oltre che dalla Francia il Burkina Faso sembra prendere le distanze anche dalla Ecowas/Cedeao (Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale). Proprio nel delicato momento in cui attorno a questa si andava costituendo una nuova unità antiterrorismo (vedi la riunione del 19 dicembre in Guinea Bissau per la formazione di un esercito comune). In prosecuzione e sostituzione della operazione Barkhane (ormai definitivamente archiviata) e per garantire reciproco supporto logistico e consulenza strategica nel contrasto all’insorgenza jihadista.
Pur criticando (ed escludendoli da qualche riunione iniziale) i governi attualmente al poter grazie al colpo di Stato (come appunto quelli del Burkina Faso e del Mali) la Cedeao ha comunque auspicato che possano partecipare alle fasi ulteriori degli accordi sulla sicurezza.
Preoccupata dal fatto che ormai gli attacchi jihadisti si estendono anche al di fuori del Sahel (come in Togo e e nel Benin).
Tornando alle deteriorate relazioni tra la Francia e il Mali, va ricordato come il ministro degli esteri maliano sia intervenuto pesantemente contro Parigi addirittura in sede onusiana.
Nel suo intervento del 18 ottobre 2022 al Consiglio di sicurezza, Abdoulaye Diop (oltre alle scontate critiche alla Minusma, la missione Onu in Mali) ha rilanciato le accuse (già formulate in agosto) di aver fornito “sostegno ai terroristi” (addirittura ?!?), di aver condotto operazioni “di aggressione e spionaggio” e “violato lo spazio aereo maliamo” (l’unica plausibile, direi).
Accuse prontamente rispedite al mittente come “infondate e menzognere” da parte dell’ambasciatore francese Nicolas de Rivière.
Osservatorio Repressione è un sito indipendente totalmente autofinanziato. Puoi darci una mano diffondendo il nostro lavoro ad un pubblico più vasto e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram