Se non basta nemmeno il terremoto…Per Ankara nemmeno il sisma rappresenta un deterrente
Arresti di civili (e presumibilmente anche torture) in Bakur, attacchi con esercito e aviazione contro i curdi in Basur…
di Gianni Sartori
Niente da fare. La terra sconvolta dal sisma, i palazzoni-alveare (frutto della speculazione) in macerie, migliaia e migliaia di vittime, decine di migliaia di sfollati…ma il regime turco mantiene imperterrito l’abituale postura anti-curda.
Sia in Bakur che nel Kurdistan del Sud (Basur).
Stando a quanto denunciato il 21 febbraio dalla Commissione per le leggi e i diritti umani del Partito democratico dei Popoli (HDP), una decina di persone sarebbero state pesantemente maltrattate, picchiate e torturate (come sembrano confermare le immagini allegate alla denuncia, con vistosi ematomi e ferite in varie parti del corpo) dopo l’arresto nelle zone sinistrate del Kurdistan sotto amministrazione-occupazione turca. Accuse rivolte al capo della polizia di Hatay, al capo della polizia del distretto di Iskenderun e ad alcuni agenti diretti responsabili (ma è improbabile che abbiano agito per libera iniziativa).
Inoltre l’HDP sostiene che agli arrestati (“persone innocenti che hanno perduto i loro familiari e che non hanno più né casa né lavoro”) vengono addossate colpe che “non corrispondono ai fatti realmente accaduti”.
Ricordando poi che la tortura è formalmente vietata dalla Costituzione, dal Codice penale turco (n° 5237), oltre che da numerose convenzioni internazionali a cui Ankara ufficialmente aderisce.
Altra musica (ma solo apparentemente, la sostanza rimane identica) nei territori curdi entro i confini iracheni, sotto continuo attacco da parte di esercito e aviazione turchi. Anche nel dopo-terremoto e nonostante la tregua annunciata, immediatamente dopo le devastanti scosse del 6 febbraio, dall’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK, l’organismo che riunisce e coordina le varie componenti del movimento di liberazione curdo).
In un comunicato delle Forze di Difesa del popolo (HPG, considerato il braccio armato del PKK) si sostiene che soltanto nella giornata del 19 febbraio Ankara avrebbe scatenato ben 56 (cinquantasei!) attacchi contro le zone in cui è presente la Resistenza curda.
Sia con i caccia (una decina di attacchi) che con carri armati, obici, mortai e altro armamento pesante (per altri 46 attacchi complessivi).
Le zone maggiormente bombardate dall’aviazione sarebbero quelle di Werxelê e i dintorni di Geliyê Balinda e di Wargeha Şehîd Rêber. A cui bisogna aggiungere anche le zone di Gundê Girê, Gundê Bîrkiyetê e Xêrê.
Invece i colpi dell’artiglieria si sono riversati soprattutto sull’area di Girê Cûdî, su Çemço (dove è maggiormente insediata la guerriglia) e nella regione di Zap (in particolare contro l’obiettivo del villaggio di Sîda).
Da parte loro, coerentemente con la tregua decretata unilateralmente, i partigiani curdi mantengono soltanto l’opzione difensiva.
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