I Governi europei hanno raggiunto l’accordo su immigrazione e asilo: ogni Paese potrà respingere direttamente i “migranti di provenienza da Paesi terzi con bassa probabilità di ottenere l’asilo” verso Paesi insindacabilmente definiti sicuri. È un colpo mortale al diritto di asilo e una vittoria dei sovranismi e delle destre xenofobe. E ieri (14 maggio) un’altra ecatombe annunciata, un altro naufragio, un’altra terribile strage del Mediterraneo sempre più “il più grande cimitero d’Europa”
di Filippo Miraglia
L’accordo che i Governi europei hanno raggiungo giovedì 8 giugno su immigrazione e asilo è, a dir poco, paradossale. Esso si ispira ai due cardini dell’ideologia della destra xenofoba europea e mondiale: impedire la mobilità delle persone che partono alla ricerca di protezione o di lavoro e consentire respingimenti e rimpatri di massa, in barba alle leggi e alle convenzioni internazionali. Sono esattamente i contenuti voluti da Polonia e Ungheria, che, peraltro, non hanno votato l’accordo. Tale mancato sostegno consente ai Governi che l’hanno approvato – la maggioranza, incluso il Governo Meloni – di dire che hanno respinto le posizioni dei sovranisti e frenato la deriva da essi auspicata. I due Paesi capofila dei sovranisti, a loro volta, possono dire, insieme ai loro molti alleati, di non essersi piegati agli interessi dell’Europa occidentale e promettere ai loro elettori che continueranno a tenere alta la bandiera del nazionalismo integralista. Un gioco delle parti perfetto e cinico, di cui faranno le spese, ancora una volta, i più deboli, le persone in fuga da guerre e persecuzioni, più di prima obbligate a rivolgersi ai trafficanti, non potendo chiedere ai Governi di attraversare le frontiere legalmente e in sicurezza. Una tragedia che rischia di trascinare l’Europa in un baratro, anche perché si apre una campagna elettorale europea che la destra vuole vincere nel 2024 usando il razzismo come principale strumento di raccolta del consenso.
Vediamolo, dunque, il cuore dell’accordo. Anche se, per misurarne appieno la portata, bisognerà leggere nel dettaglio le singole disposizioni, il nucleo fondamentale è univoco e stravolge, di fatto, il diritto d’asilo. Il salto di qualità sta nella cancellazione del principio di non respingimento, attuale cardine della Convenzione di Ginevra. I Governi della vecchia Europa non si accontentano più di chiedere ai “dittatori amici” di fermare, a pagamento, chi fugge da guerre e violenze diffuse (come i siriani, gli afghani e gli iracheni che nel 2016, anno della firma dell’accordo con Erdogan, occupavano per l’80% la rotta balcanica) e neppure di aver inventato la SAR libica e di avere affidato alla cosiddetta guardia costiera (formata e pagata dall’Italia e dall’Unione europea) l’esecuzione dei respingimenti per conto nostro, aggirando così la legislazione europea e le convenzioni internazionali. Adesso vogliono respingere direttamente verso Paesi insindacabilmente definiti sicuri, con una procedura accelerata, i “migranti di provenienza da Paesi terzi con bassa probabilità di ottenere l’asilo”: così, ad esempio, l’Italia potrà stipulare accordi con l’Egitto di Al Sisi per rimandare a casa persone in fuga dal Sudan o dalla Siria. Evidente che, ricorrendo a tale procedura accelerata (applicabile a gran parte dei casi), si potrà cancellare, con una sorta di colpo di spugna, ogni reale possibilità di chiedere asilo in Europa.
Tutto ciò accade benché l’Europa, ammesso che i numeri possano giustificare scelte contro i diritti umani, sia una delle regioni del mondo meno investite dagli arrivi di persone in cerca di protezione. Se consideriamo che nel mondo abbiamo superato già nel 2022 i 100 milioni di persone obbligate a lasciare le loro case (dati UNHCR), l’Unione europea, con i suoi 450 milioni di abitanti, dovrebbe accoglierne quasi il 7% (considerando solo la distribuzione demografica e non la ricchezza). Ma siamo ben lontani da questi numeri perché la stragrande maggioranza di profughi, sfollati e rifugiati, trova accoglienza in Paesi vicini alle aree di provenienza che, a parte l’Ucraina, sono tutte in altri continenti. Nonostante questa realtà, i Governi dell’Unione europea scaricano su Paesi che hanno meno risorse e che, spesso, non garantiscono il rispetto dei diritti umani, quel poco di responsabilità che sono obbligati ad assumere in virtù delle convenzioni internazionali e delle leggi vigenti nella stessa Unione.
In linea con quanto deciso in Italia dal Governo Meloni con la legge n. 50/2023, approvata a seguito della strage di Cutro come ulteriore sfregio per quei morti e per i loro familiari, l’Unione europea impegna, dunque, i suoi sforzi e le sue risorse per esternalizzare le frontiere e rimpatriare i pochi che riescono ad arrivare alle sue porte.
Abbiamo visto il ministro Piantedosi e la presidente del Consiglio Meloni cantare vittoria dopo il vertice europeo. Ma, come sempre con l’avanzare del proibizionismo in materia di migrazioni, i veri vincitori, oltre alle destre xenofobe, sono i trafficanti che lucrano sull’illegalità. Meno spazio per rivolgersi ai Governi per attraversare le frontiere significa, infatti, più affari per i trafficanti e le mafie. Eppure le forze politiche europee, anche quelle democratiche, sembrano non avere consapevolezza, salvo poche eccezioni, che questo tema, in assenza di alternative culturali ancor prima che politiche, è una gallina dalle uova d’oro per la propaganda razzista. Per questo serve una nuova stagione di mobilitazione della società civile, con un protagonismo delle organizzazioni e delle persone del mondo dell’immigrazione. Se non vogliamo consegnare l’Europa alle destre xenofobe e affondarla definitivamente, abbiamo bisogno di un impegno straordinario e unitario.
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