La Tunisia si aggiunge alla lista dei regimi con cui l’Ue tratta per fermare i barconi
di Leo Lancari
E tre. Dopo la Turchia e la Libia l’Unione europea aggiunge anche la Tunisia alla lista dei regimi con cui è disposta a trattare pur di impedire l’arrivo dei migranti in Europa. Regimi che potrebbero essere quattro se si considera anche la Libia orientale controllata dal generale Haftar, accolto solo due mesi fa a Roma dalla premier Giorgia Meloni. Per rendere quindi più «sicure» le sue frontiere, Bruxelles blinda a suon di milioni di euro quelle dei paesi mediterranei riservandosi di estendere il «modello» Tunisia (la definizione è della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen e di Meloni) ai paesi di origine dei migranti. Cosa che sembra essere uno degli obiettivi ai quali punta la conferenza internazionale sull’immigrazione che si terrà il 23 luglio a Roma.
Al di là dei soliti proclami di vittoria con cui in Italia e a Bruxelles si saluta la fine di una trattativa durata più a lungo del previsto, l’intesa siglata domenica scorsa nel palazzo presidenziale di Cartagine tra Giorgia Meloni, von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte con il presidente Kais Saied rappresenta sicuramente una vittoria per quest’ultimo. L’Ue verserà alla Tunisia 150 milioni di euro entro quest’anno a sostegno del suo bilancio, più altri 105 milioni, sempre entro il 2023, perché rafforzi i controlli delle sue coste, intercetti i barconi carichi di migranti e li riporti indietro. Il lavoro sporco che in Libia fa la cosiddetta Guardia costiera di Tripoli. Per questo Bruxelles è già pronta a fornire a Tunisi 17 imbarcazioni riequipaggiate più altre otto nuove finanziate – stando a quanto riferito da una fonte Ue – con il budget europeo per il 2023. Prevista anche la fornitura di droni alle autorità tunisine. Inoltre dall’Europa verranno rimandati indietro solo migranti irregolari di origine tunisina (operazione per la quale sono previsti 50 dei 105 milioni stanziati per le gestione delle frontiere) e non tutti coloro che sono passati nel paese nordafricano prima di approdare in Europa, come invece previsto dalle modifiche al patto immigrazione. Punto sul quale Saied ha insistito fin dall’inizio ribadendo di non voler trasformare la Tunisia in un paese di «insediamento di migranti» irregolari.
Resta la questione del rispetto dei diritti umani. Da settimane la Tunisia è scenario di una caccia al migrante subsahariano che ha visto uomini, donne e bambini cacciati dalle loro abitazioni e deportati verso i confini con Libia e Algeria senza che il presidente facesse nulla per mettere fine alle violenze. Nel memorandum c’è un impegno scritto al rispetto del diritto internazionale da parte della Tunisia, il cui valore è tutto da verificare. Nel 2020, quando si trattò di rinnovare il Memorandum tra Italia e Libia, l’allora premier libico Fayez al Serraj consegnò a Luigi Di Maio, all’epoca ministro degli Esteri, un documento nel quale la Libia si impegnava a rispettare le convenzioni internazionali garantendo protezione ai migranti. Quanto quella promessa sia stata mantenuta è sotto gli occhi di tutti.
Saied si comporterà diversamente? Ieri Dunja Mijatovic, commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, ha chiesto agli Stati che sono anche membri dell’Ue di «fare pressioni per un chiarimento immediato sulle garanzie per i diritti umani che saranno messe in atto». Certo è che le premesse lasciano spazio a più di un dubbio. Domenica infatti, durante la conferenza stampa con Meloni, von der Leyen e Rutte, il presidente tunisino non si è fatto scrupolo di accusare le ong locali di fornire informazioni false sulle violenze subite dai migranti.
Il memorandum di intesa, che oltre all’immigrazione riguarda anche l’economia, il commercio e la transizione energetica, verrà adesso discusso nel prossimo consiglio europeo dagli altri Stati membri che dovranno approvarlo all’unanimità. Passaggio delicato, visto che nelle scorse settimane più di un paese, specie del nord Europa, non avrebbe nascosto dubbi sul finanziare il regime tunisino.
Resta, infine, ancora sospeso il prestito da 1.9 miliardi di dollari che il Fondo monetario internazionale dovrebbe concedere alla Tunisia in cambio di una serie di riforme economiche che vanno dalla cancellazione delle sovvenzioni per pane e benzina, alla vendita di gran parte delle aziende pubbliche con relativo taglio del personale. Riforme che fino a oggi Saied si è sempre rifiutato di avviare.
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Meloni-Ue-Saied: un accordo nel disprezzo dei diritti umani
L’accordo di domenica col presidente tunisino Kaïs Saïed è, per molti versi, una fotocopia del Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia promosso nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti
di Riccardo Noury – Portavoce di Amnesty International Italia
La politica estera dell’Unione europea è dominata da un interesse e da un’ossessione, a scapito della tutela e della promozione dei diritti umani.
L’interesse è legato alle risorse, l’ossessione (che nasce dalla politica interna e che quella estera esegue) riguarda l’immigrazione.
Questo è particolarmente vero nelle relazioni con la sponda sud del Mediterraneo: vogliamo il pesce dal Marocco (o meglio dalle acque del Sahara occidentale occupato, e chissà che la Corte di giustizia dell’Unione europea, proprio per questo motivo, non si metta di traverso) e gli idrocarburi da Algeria ed Egitto. Paghiamo da tempo la Libia e, ora, la Tunisia perché fermino le partenze dei migranti e dei richiedenti asilo.
L’accordo di domenica col presidente tunisino Kaïs Saïed è, per molti versi, una fotocopia del Memorandum d’Intesa tra Italia e Libia promosso nel 2017 dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti. Il suo obiettivo, adottato entusiasticamente dal governo italiano, è quello di risolvere la nostra ossessione: soldi in cambio di controllo delle frontiere, soldi per pattugliare le acque territoriali, soldi per migliorare il sistema di ricerca e soccorso in mare (una formula orwelliana che si traduce: intercettare e riportare a terra), soldi per favorire i rimpatri dei tunisini arrivati irregolarmente in Europa, soldi infine per facilitare i ritorni, dalla Tunisia verso paesi terzi, di cittadini non tunisini.
Nell’accordo col presidente tunisino Saïed non manca, naturalmente, quella «retorica dei diritti umani» che serve a tranquillizzare le inquietudini di facciata: si cita, infatti, peraltro in modo del tutto vago, il rispetto dei diritti umani e delle norme del diritto internazionale.
Nelle fitte interlocuzioni di questi mesi con Tunisi, nessuno ha fatto presente a Saïed che le norme interne e internazionali sui diritti umani, a partire dall’estate del 2021, le ha progressivamente smantellate lui: un profondo giro di vite nei confronti del dissenso pacifico e della libertà d’espressione (gli oppositori indagati e, in alcuni casi, agli arresti, sono una settantina), l’annullamento delle garanzie sull’indipendenza del potere giudiziario e, da ultimo, all’inizio dell’anno, il ricorso al discorso d’odio, che ha generato un’ondata di violenza contro i migranti, i richiedenti asilo e i rifugiati dell’Africa subsahariana.
Ricordiamo le parole pronunciate da Saïed il 21 febbraio, durante una riunione del Consiglio per la sicurezza nazionale: «Orde di migranti irregolari provenienti dall’Africa subsahariana [sono arrivati in Tunisia] con la violenza, i crimini e i comportamenti inaccettabili che ne sono derivati»; una situazione «innaturale», parte di un disegno criminale per «cambiare la composizione demografica» e trasformare la Tunisia in «un altro stato africano che non appartiene più al mondo arabo e islamico». Nessuno stupore se, immediatamente dopo, folle di facinorosi sono scese in strada aggredendo «i neri». Decine e decine sono stati arrestati e poi espulsi. Per arrivare agli ultimi giorni, quando centinaia di migranti, bambine e bambini inclusi, sono stati abbandonati al loro destino nelle aree desertiche alle frontiere con Libia e Algeria.
«Notizie false», ha attaccato Saïed riferendosi ad Amnesty International e ad altre organizzazioni non governative. Tutto, purtroppo, tragicamente vero. Com’è vero che le fallimentari politiche dell’Unione europea continuano a espandersi. Com’è vero che l’Unione europea si renderà nuovamente complice, attraverso questo mal-concepito accordo con la Tunisia, di violazioni dei diritti umani.
da il manifesto
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