La lotta dei curdi: un esempio fondamentale per l’autodeterminazione dei popoli
Dalla Val Susa alla Colombia Sia nel tradizionale Festival NoTav in Valsusa che nella conferenza contro il capitalismo di Bogotà, l’esperienza del popolo curdo è stata discussa e apprezzata come esempio da seguire. E in entrambe le circostanze si è levato il grido: Jin Jiyan Azadî!
di Gianni Sartori
Il Festival No Tav che si è svolto in Valsusa dal 29 al 31 luglio ha visto riunirsi e discutere militanti di area ecologista, pacifista, femminista, comunista, anarchica (e dissidenti vari) sia italiani che francesi (sopratutto, ma non solo). Un lotta i cui albori risalgono agli anni ottanta e che ha saputo dar prova di incredibile continuità, perseveranza e determinazione contro il devastante progetto dell’Alta Velocità Lione-Torino. Ma costata purtroppo, oltre a repressione e carcere per diversi militanti, anche la vita preziosa, insostituibile di due compagni mai dimenticati: Sole e Baleno.
Significativa la presenza quest’anno di militanti internazionalisti, impegnati a vario titolo a fianco della resistenza curda, i quali hanno voluto sottolineare con forza come “una soluzione radicale alla crisi ecologica e alla conseguente distruzione della natura, la possiamo trovare nel pensiero di Abdullah Öcalan e nel paradigma del confederalismo democratico“.
Rilevante la presenza curda anche a Bogotà (Colombia) dove contemporaneamente, dal 28 al 30 luglio, si è svolta la Conferenza Internazionale “Desafiando al capitalismo hacia la construcciòn de una sociedad democràtica”.
Indetta da varie organizzazioni tra cui: Academia de la Modernidad Democrática, Proceso de comunidades negras (PCN), Comité de solidaridad Kurdistán-Colombia, Movimiento por la defensa de los derechos del pueblo (MODEP), Organización Indígena de Colombia (ONIC), Congresos de los Pueblos…ha visto circa 300 partecipanti dibattere, oltre che di America Latina, soprattutto di Kurdistan e Medio Oriente.
Nella dichiarazione finale (Llamamiento a los pueblo) si legge:
“(…) ci siamo incontrati per identificare e rafforzare orizzonti comuni di lotta. Partire dallo scambio di esperienze di resistenza e costruzione di alternative di emancipazione (…) sviluppando momenti di riflessione e analisi della crisi del sistema capitalista che ci espropria della stessa vita, che ci impone la guerra e il disprezzo per la vita.
(…) I nostri sogni continuano a solcare l’utopia immaginando altri mondi possibili. Mondi nuovi che andiamo costruendo attraverso l’autonomia e il potere popolare. Sappiamo che con l’unità e la solidarietà tra i nostri popoli sapremo vincere il capitalismo, il razzismo, il patriarcato e il colonialismo. Nella diversità di visioni e contesti uniamo le nostre mani e le nostre voci per conservare a ampliare le nostre proposte di autogoverno, per liberarci dall’ideologia coloniale dominante in un processo di trasformazione sociale e per rinnovare il pensiero e l’organizzazione rivoluzionaria(…).
(…) in ogni luogo e in ogni momento invitiamo a costituire organizzazione assembleari dal basso, con un processo basato sul dibattito e l’educazione per affrontare i problemi e trovare le soluzione adatte per difendere e dare continuità alla vita (…)”imparando da ogni esperienza di emancipazione (…)”.
Per concludere con un riferimento preciso alle lotte di liberazione dei popoli e in particolare a quella del popolo curdo:
“ Invitiamo quindi a proseguire nelle mobilitazioni per la liberazione di Abdullah Öcalane di tutti i prigionieri politici del Kurdistán, di Abya Yala* e del mondo”.
Con il nostro tradizionale saluto di vita, allegria e speranza:
Viva la lotta internazionale dei popoli, delle donne e della gioventù!
¡Jin Jiyan Azadî! ¡Mujer Vida Libertad!
*Nota 1:
Il termine Abya Yala risale a prima della conquista e per la popolazione kuna (divisa dal confine fasullo tra Panama e Colombia) significa “terra in piena fertilità” o “terra di sangue vitale”.
Viene adottato da militanti e movimenti indigenisti per indicare in un’ottica anticoloniale il continente latino americano.
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