Quei carrarini con il fiocco nero al collo e un blitz che ci riporta all’Ottocento
- agosto 10, 2023
- in misure repressive
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Lo storico circolo “Gogliardo Flaschi” trattato come ai tempi della società dei malfattori
di Marco Rovelli
Nell’immaginario di tutto il mondo, Carrara significa marmo. Ed è per la storia delle cave da dove quel marmo si estrae che Carrara significa anche anarchia. Se tradizionalmente le cave erano beni comuni, appartenendo alle “vicinanze”, ovvero alle comunità di montagna, nell’Ottocento esse vennero progressivamente espropriate dai privati, col beneplacito delle leggi dello Stato, e i cavatori passarono dalla condizione di artigiani a quella di salariati, sfruttati e immiseriti. L’Idea dell’anarchia si propagò naturalmente tra loro, che rivendicavano il ritorno delle cave alle comunità, la condivisione di beni che erano comuni.
Da allora, a Carrara gli anarchici sono stati una presenza costante, che appartiene alla storia e all’identità del territorio. Numerosi i circoli e le associazioni libertarie che si sono susseguite nel tempo, e il circolo Gogliardo Fiaschi è da diversi decenni il circolo che forse rappresenta di più questa identità e questa storia.
Gogliardo Fiaschi, che il circolo lo fondò, è stata una figura fondamentale nella storia dell’anarchia carrarina. Girava sempre col suo fiocco nero al collo, e se lo incontravi non esitava a raccontarti la sua storia, come fece con me la prima volta che lo incontrai per caso, al bancone di un bar. Non sapevo che fosse un anarchico d’immensa fede, che aveva dedicato la sua migliore età a far giustizia del tiranno che aveva schiacciato la rivoluzione spagnola, e con essa quell’anarchismo che mai come in quel momento era stato vicino a dar vita a una società radicalmente nuova.
«A tredici anni ero partigiano», mi disse Gogliardo, «nel battaglione Gino Lucetti. Avevo detto di aver quindici anni, sennò non mi prendevano. Dopo la guerra al circolo Pietro Gori conobbi José Luis Facerias, anarchico di grande fascino, di grande eleganza, molto ricercato. Era anche ricercato da anni dalla polizia franchista. Ne rimasi conquistato, lo seguii in Spagna. Avevo ventisette anni. Entrammo in Spagna dai Pirenei travestiti da escursionisti. Ma ci presero prima di mettere in atto il piano. Cioè, presero me vivo, Facerias invece lo presero morto, la guardia civil lo fece fuori. A me mi diedero vent’anni di galera. Me ne sono fatti diciassette: otto in Spagna, girando ventotto carceri, e nove in Italia. Una bella vacanzina, sì. Sono uscito nel 1973, con quarantatré anni addosso e i capelli bianchi».
Tornò a Carrara e si rimise al lavoro. Conservare e trasmettere la memoria, e riattivarla. Il circolo di via Ulivi 8 fu il compimento del suo impegno. Gogliardo morì il 29 luglio del 2000 (proprio il centenario, guarda il sublime caso, del giorno in cui Gaetano Bresci sparò a Umberto I: «Non ho ucciso Umberto, ho ucciso un re, ho ucciso un principio!»), dopodiché il circolo prese il suo nome.
Negli anni successivi alla morte di Gogliardo, il circolo ha visto la presenza attiva e costante di alcune persone che ne hanno gestito la continuità: tra queste, Angelo Dolci, il partigiano Taro, morto nel 2015, e poi Gino Vatteroni, lo storico che non ha mai mancato di accogliere chiunque con la sua gentilezza e nutrirlo con la sua passione. Mettere agli arresti Gino e i suoi compagni per «propaganda sovversiva» è un gesto politico che sembra riportarci indietro nel tempo, a quell’Ottocento in cui gli anarchici venivano messi in galera per il semplice fatto di essere tali, a quando la Spartana – la prima società segreta che chiedeva il ritorno alla «spartizione» del bene comune marmo tra le comunità – venne dichiarata «associazione di malfattori». E tutto questo mentre a Carrara continua impunita la devastazione delle montagne in nome dei profitti intascati dalle grandi imprese: nemmeno le briciole restano alla terra apuana ma solo lo scempio. Contro il quale il circolo ha da anni levato la sua voce.
da il manifesto
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Solidarietà agli inquisiti e agli arrestati della rivista anarchica Bezmotivny!
Siamo abituati a inchieste giudiziarie con accuse e contestazione di reati gravissimi che a fine dell’iter processuale si dimostrano castelli di sabbia. Le modalità di azione delle Procure seguono sempre lo stesso canovaccio: si contestano reati gravissimi o semplicemente l’associazione sovversiva con finalità di terrorismo, si arrestano uomini e donne ricorrendo a quella carcerazione preventiva (che da eccezionale è diventata la norma, specialmente per i militanti politici), trasformando “reati” d’opinione in azioni sovversive. Senza alcuna prova concreta si privano della libertà uomini e donne che sovente perdono anche il posto di lavoro, la fonte di sostentamento loro e delle famiglie e si vedono sbattuti come mostri sulle prime pagine dei giornali e dei tg.
Questa volta è toccato a redattori/trici e collaboratori della rivista di orientamento anarchico Bezmotivny: 4 arresti e 5 obblighi di firma, nonostante le pubblicazioni del quindicinale fossero terminate da qualche mese.
Non conosciamo gli atti dell’inchiesta che ha portato all’arresto di compagni anarchici tra Toscana e Umbria, e leggiamo increduli di un circolo di Carrara, intitolato a un partigiano e antifascista che giovanissimo combatté contro i regimi di Mussolini e di Franco in Spagna e proseguì la sua storia militante partecipando alle lotte sociali e sindacali degli anni Sessanta e Settanta, chiuso perché ritenuto una sorta di covo, di centro nevralgico della sedizione.
In quel circolo si sono ritrovati molti anarchici che all’indomani della Seconda guerra mondiale vennero incarcerati per anni e trattati alla stregua di criminali comuni, oggi si ritrovano anarchici e libertari attivi contro il Green pass e feroci nemici di ogni autoritarismo, che conducono le loro battaglie alla luce del sole come palese è il loro impegno contro la guerra e le devastazioni ambientali. In tempi nei quali si nega la verità giudiziaria sulle stragi di stato può capitare che esponenti anarchici diventino i capri espiatori di presunte trame eversive e finiscano in carcere in attesa di conoscere il loro destino. Gli anni passano ma la caccia alle streghe è sempre la stessa. Solidarietà agli inquisiti e agli arrestati. Siamo tutti sovversivi!
Redazione di Lotta Continua
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