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India verso il G20: la polizia sbarra l’accesso al summit dei movimenti sociali

Ennesimo episodio di Repressione del dissenso in India, questa volta in vista del G20

di Daniela Bezzi

Sarà pur vero che con il prossimo G20 l’India di Narendra Modi si giocherà la sua partita più importante sul fronte dei cosiddetti ‘equilibri internazionali’ nel quadro di quella molto condivisa istanza di multilateralismo, come ha già dimostrato con la decisione (sempre revocabile all’ultimo momento) di NON invitare Zelenski alla kermesse dei ‘grandi del pianeta’ che avrà luogo a New Delhi il 9 e 10 settembre prossimi.

Ma sul fronte degli ‘equilibri interni’, nel confronto con quel multiforme e mai sedato mosaico di istanze che sono i movimenti sociali dell’India, la ricetta resta quella di sempre: repressione.

Per cui ecco che la nostra mainstream press ha commentato fino alla noia le ragioni del mancato invito a Zelenski. Ma non avendo prestato la minima attenzione al dibattito anzi attivismo con cui i movimenti sociali dell’India stanno da tempo preparandosi all’appuntamento, non ha potuto registrare neanche il grave episodio repressivo che tre giorni fa, mattina del 20 agosto, ha costretto gli organizzatori di un convegno decisamente critico verso le motivazioni del G20 e intitolato per appunto We20 People’s Summit, a concludere i lavori anzitempo causa… irruzione della polizia.

In pieno giorno. Mentre erano in corso i tanti focus tematici come da programma. Con i delegati di oltre settanta organizzazioni convenuti da ogni angolo dell’India (l’elenco completo lo trovate qui), che affollavano la platea del Surjeet Bhawan, sala-convegni molto gettonata della capitale indiana. Con un elenco di speakers che registrava l’adesione di voci importanti, da Vandana Shiva, a Medha Patkar, all’economista Jayati Ghosh, l’attivista per i diritti umani Harsh Mander, l’illustre professore Virginius Xaxa, la leader dei tribali Dayamani Barla… e moltissimi altri, giornalisti, economisti, operatori sociali non granché noti a noi, ma molto significativi per l’India dei movimenti sociali.

Immaginiamoci le reazioni, la corale indignazione, il rosario delle condanne se un simile attentato al diritto di espressione, dibattito e dissenso fosse successo a Mosca, o a Pechino! Invece è successo a Delhi, capitale della ‘più grande democrazia del pianeta’ che si prepara a ospitare un G20 il cui unificante tema sarà “Una terra, una famiglia un futuro” (così informa la comunicazione predisposta ad hoc dal governo indiano) “per affermare il valore della vita, umana, animale, delle piante, inclusi i microorganismi (sic!) e la loro interconnessione sul pianeta Terra e nel più ampio universo”, amen.

“Siamo scioccati nell’apprendere che è necessario chiedere un ‘permesso’ speciale per fare pratica di democrazia” si legge nel comunicato diffuso dagli organizzatori del We20 People’s Summit. “Mentre i documenti ufficiali del G20 pubblicizzano il nostro paese come ‘Madre di democrazia’ la situazione che abbiamo vissuto dimostra chiaramente che stiamo scivolando verso uno Stato di Polizia, in cui persino il dibattito, lo scambio di opinioni all’interno di un luogo pubblico possono essere controllati ed impediti! E impedito l’accesso persino al pubblico, già dal secondo giorno!

Siamo grati alla solidarietà degli oltre 700 partecipanti che sono convenuti a Delhi per questa riunione da oltre 18 stati, che ci hanno dato la forza di resistere alle pressioni dall’alto il secondo giorno, che però ci sono state imposte senza possibilità di mediazione il 3zo giorno.

Un fatto che equivale alla deliberata volontà di silenziare la voce di quanti hanno partecipato a questo percorso di elaborazione, senz’altro in dissonanza con l’immagine che il nostro governo vorrebbe proiettare a livello internazionale. Perciò ci troviamo costretti a interrompere il We20 People’s Summit in anticipo sul nostro programma, ma non mancheremo di ripresentarci con tutte le nostre voci e istanze durante i giorni del G20 che vedranno questa città diventare il teatrino del solito èlite club, per il rinnovo delle ben note prescrizioni di neo-liberismo che lungi dal risolvere in minima parte i problemi che affliggono il pienate, ci condannano a un permanente stato di crisi.”

Frutto di un lungo processo di consultazioni che ha richiesto mesi, dai primi incontri preparatori nel febbraio scorso e poi toccando oltre 200 città in tutta l’India (senza contare i seminari, le pubblicazioni, le ricerche che sono state prodotte nell’arco degli anni scorsi), il convegno We20 The People’s Summit è stato organizzato da un variegato Working Group sulle Istituzioni della Finanza Internazionale con l’obiettivo appunto di promuovere il più ampio dibattito e possibilmente delineare delle alternative all’imperante neoliberismo. E già nel maggio scorso si era avuta una prima edizione del People’s Summit per denunciare la massiccia distruzione in corso delle tante bidonville che costellano il panorama urbano di Delhi, nell’ambito di un intervento di beautification (abbellimento, sic!) fortemente voluta dal Primo Ministro Modi in persona, in vista del G20!

Una tre giorni dunque, questa del We20 People’s Summit dal 18 al 20 agosto, che solo pochi giorni dopo le celebrazioni per l’anniversario dell’indipendenza (il 15 agosto), si proponeva chiaramente in dissonanza con il discorso in pompa magna pronunciato dal Narendra Modi, contando su una rosa quanto mai prestigiosa di contributi sui più svariati temi: dalla crisi climatica e l’urgenza di una transizione energetica giusta e sostenibile, alle tante criticità del settore agricolo; dal capitalismo della sorveglianza alla critica della Global Governance & Financing; dalle questioni di genere in un contesto sempre più segnato dalla violenza interreligiosa come se non bastasse il patriarcato, a quelle del lavoro, da sempre per lo più informale e privo di tutele; dai problemi di un welfare che esiste solo sulla carta, alle distorsioni derivanti dalla rampante disuguaglianza.

Questi e molti altri i temi sul tappeto, che in qualche modo sono stati dibattuti tra le centinaia di delegati presenti – ma con una minima partecipazione del pubblico essendo per l’appunto negato l’accesso già dal secondo giorno.

Lo stesso Ramesh Jairam, membro del partito del Congresso e figura di spicco nel panorama politico indiano, ha sottolineato l’arbitrarietà della situazione con un tweet inviato proprio mentre gli agenti di polizia facevano cordone davanti all’ingresso del We20:

“Meeting totalmente pacifico, nessuna protesta fuori dall’edificio, eppure le forze dell’ordine impediscono l’accesso al pubblico. Io sono riuscito a entrare prima delle 10.30, ma adesso non saprei come uscire: sarebbe questa la Democrazia della Nuova India?”

1- Continua


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