Ancora morti palestinesi nelle carceri israeliane: ieri quinta vittima
Si moltiplicano i report di abusi nelle carceri israeliane dalla proclamazione dello «stato di emergenza». Secondo diverse ong le condizioni degli arrestati dopo il 7 ottobre sono disumane
di Stefano Mauro da il manifesto
Le violenze della guerra tra Hamas e Israele passano anche attraverso la durissima repressione che in questo mese sta colpendo i Territori occupati della Cisgiordania e i prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.
Secondo quanto riporta il quotidiano The Times of Israel, dai primi di novembre sono emerse dozzine di foto e video che mostrano «soldati israeliani che umiliano e colpiscono i palestinesi arrestati in Cisgiordania, spesso mentre questi ultimi sono ammanettati e bendati». In uno dei video più brutali – successivamente oscurato – i soldati israeliani si filmano mentre aggrediscono sette lavoratori della Cisgiordania, catturati mentre cercavano di entrare nello Stato ebraico senza permesso. In molte immagini i palestinesi sono nudi o semivestiti, bendati, ammanettati e urlano di dolore.
Se in Cisgiordania la situazione di violenza è ormai fuori controllo, sembrano ancora più gravi le notizie relative alle condizioni dei prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane.
LO SCORSO 3 NOVEMBRE, durante una conferenza stampa, Human Rights Watch, Addameer e la Commissione Indipendente per i Diritti Umani hanno denunciato «una campagna di arresti senza precedenti con 6 mila nuovi fermi – per un totale di 11 mila prigionieri – con oltre 2 mila detenuti amministrativi». Le leggi speciali permettono a Israele di incarcerare qualsiasi persona per diversi mesi e senza dover notificare nessuna accusa o capo d’imputazione.
Addameer – un’ong palestinese che monitora le condizioni nelle carceri – ha inoltre indagato le violazioni israeliane contro i detenuti e le loro famiglie durante gli arresti, compresi «brutali pestaggi, minacce di omicidio e l’uso delle famiglie come ostaggio».
SONO STATE illustrate le misure punitive attuate dai servizi penitenziari israeliani contro i prigionieri – dopo la «dichiarazione dello stato di emergenza» di metà ottobre – che permettono di «imprigionare detenuti anche per un numero superiore alla capienza delle celle», con indicazioni riguardo alla «drastica riduzione per l’utilizzo di acqua, elettricità e cibo», il «divieto di visite di avvocati e familiari» o la «chiusura di ambulatori medici nelle carceri e la negazione di cure per i detenuti malati».
Martedì la Commissione per gli affari dei detenuti e la Società dei prigionieri palestinesi (Pps) hanno annunciato «la morte di Abd al-Rahman Ahmad Muhammad Mar’i, ucciso nel carcere di Megiddo», il quinto detenuto a morire nelle carceri israeliane dal 7 ottobre 2023. La Pps ha denunciato «un aumento esponenziale delle violenze fisiche, con incursioni notturne da parte dei reparti antisommossa carcerari, oltre a un irrigidimento del regime di isolamento nei confronti di più di 600 detenuti».
«CIÒ CHE CI PREOCCUPA è che dall’inizio del conflitto le autorità israeliane hanno sistematicamente adottato misure di repressione nei confronti dei prigionieri palestinesi, con almeno 5 vittime accertate in circostanze che non sono state indagate in modo imparziale» ha dichiarato Ammar Dweik, direttore della Commissione indipendente per i diritti umani.
«Da quando Israele ha occupato la Cisgiordania e la Striscia di Gaza nel 1967 – ha concluso Dweik – sono 242 i detenuti palestinesi morti nelle carceri israeliane e, secondo il diritto internazionale, la tortura o l’omicidio commessi contro persone incarcerate costituiscono un chiaro crimine di guerra».
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