Distrutti i piccoli ripari davanti all’ospedale Kamal Adwan a Gaza
di Michele Giorgio da il manifesto
L’uccisione l’altro giorno di tre ostaggi a Gaza che sventolavano la bandiera bianca e quella recente del civile israeliano scambiato per un palestinese a Gerusalemme, confermano che i militari dello Stato ebraico aprono il fuoco sempre e con estrema facilità perché convinti di partecipare a una enorme vendetta a danno di tutti i palestinesi per l’attacco di Hamas del 7 ottobre. Pertanto, regole di ingaggio delle Forze armate «non rispettate» a cui si fa riferimento in queste ore sono solo inchiostro su carta. È questo il commento dei palestinesi a Gaza, Gerusalemme e in Cisgiordania all’uccisione dei tre ostaggi israeliani d parte di soldati che ha messo nell’angolo il governo Netanyahu.
A Gaza, intanto, i palestinesi denunciano nuove stragi di civili, stavolta all’interno di ospedali che dovrebbero essere luoghi protetti. Il giornalista Anas Al-Sharif ha rivelato un massacro commesso, ha detto, da soldati israeliani contro medici, infermieri, pazienti e sfollati nell’ospedale Kamal Adwan, nel nord di Gaza. Al-Sharif ha affermato che i militari hanno seppellito vive dozzine di persone. I bulldozer dell’Esercito avrebbero schiacciato le tende degli sfollati davanti all’ospedale circondato da giorni. Ieri sera si attendevano maggiori informazioni e immagini a sostegno delle affermazioni di Al Sharif ma la notizia ha già fatto il giro del mondo nel silenzio delle autorità militari. Fuoco israeliano inoltre avrebbe ucciso una madre e sua figlia nei pressi della chiesa della Sacra Famiglia a Zaytoun (Gaza city) dove dall’inizio della guerra hanno trovato rifugio circa 600 sfollati. Il Patriarcato latino (cattolico), confermando la notizia, ha detto che Nahida Anton e sua figlia Samar, stavano camminando verso il convento delle suore quando sono state colpite. «Una è stata uccisa mentre cercava di portare in salvo l’altra», si sottolinea in un comunicato. Mitri Raheb, un prete, ha detto che la casa delle donne era stata distrutta il mese scorso da un attacco aereo.
I bombardamenti sono stati molto intensi ieri e l’esercito israeliano riferisce della distruzione di infrastrutture di Hamas, anche all’interno di scuole, e dell’uccisione di dozzine di combattenti del movimento islamico in scontri avvenuti a Shujaiyeh, Jabaliya, Khan Yunis e altre località, a nord come a sud di Gaza. Allo stesso tempo, con il passare dei giorni, emerge sempre più evidente che Hamas è ben lontano dall’essere distrutto, l’obiettivo dichiarato del gabinetto di guerra guidato da Netanyahu. E ogni giorno, oltre a lanciare razzi verso Israele, gli islamisti realizzano agguati a danno delle truppe israeliane e colpiscono con razzi anticarro i Merkava e i mezzi blindati. Il bilancio delle vittime israeliane a Gaza è già quasi il doppio di quello registrato durante l’offensiva di terra del 2014 (66 contro gli attuali 118 caduti in combattimento) a testimonianza di quanto siano efficaci le azioni di guerriglia realizzate da Hamas.
Gli islamisti giorni fa hanno postato in rete video che mostrano i combattenti palestinesi con bodycam che si muovono attraverso gli edifici per lanciare razzi contro veicoli blindati. Hamas non ha mai detto quanti dei suoi combattenti siano stati uccisi. Israele sostiene di averne colpito a morte almeno 7.000 ma non c’è modo di verificare questo numero in modo indipendente. In ogni caso nonostante le pesanti perdite subite Hamas mostra quanto i suoi uomini siano in grado di causare pesanti perdite all’esercito israeliano. A Shujayieh sono morti almeno 20 soldati dal 28 ottobre, giorno di inizio dell’offensiva di terra israeliana. Hamas ha in dotazione razzi anticarro Kornet, razzi «tandem» con due cariche per perforare la corazza dei blindati e granate Rpg-7. Non sono armi che consentono di vincere la guerra contro uno degli eserciti più potenti al mondo. Tuttavia, Hamas dimostra di saperle usare e sta rendendo la vita dura alle forze armate israeliane.
Intanto l’Associazione della stampa estera (Fpa) si è unita alla richiesta di un’indagine sull’uccisione compiuta da un drone israeliano due giorni fa a Gaza di Samer Abu Daqqa, cameraman di Al Jazeera (la tv qatariota ritiene di essere nel mirino dell’esercito israeliano). Assieme a lui è rimasto ferito Wael Dabhouh che ad ottobre aveva perduto parte della famiglia in un bombardamento. Abu Daqqa è il primo membro della Fpa ad essere ucciso nella guerra a Gaza. «Consideriamo questo un grave colpo alla già limitata libertà di stampa a Gaza e chiediamo all’esercito israeliano di avviare un’indagine tempestiva», ha scritto la Fpa che si dice allarmata dal silenzio dei militari. Vuole inoltre una spiegazione del perché il cameraman non ha potuto essere evacuato in tempo e potenzialmente salvato.
Testimoni hanno riferito che Abu Daqqa è rimasto sul terreno per cinque ore senza poter essere soccorso a causa della presenza di reparti israeliani nella zona. Jason Straziuso, del Comitato internazionale della Croce Rossa, denuncia che le persone ferite in guerra a Gaza non possono ricevere le cure di cui hanno bisogno. Ha citato specificamente l’uccisione di Abu Daqqa. «Il fatto che le cure mediche siano state ritardate e alla fine abbiano portato alla sua morte, sottolinea le difficoltà che migliaia di persone in tutta Gaza devono affrontare, che si tratti di una malattia o di una ferita», ha detto Straziuso.
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