In questo paese esiste una struttura di “antiterrorismo militante” di cui fanno parte i pm di Torino che hanno chiuso le indagini sui fatti del 5 giugno 1975 a Cascina Spiotta, nell’Alessandrino, quando venne uccisa Mara Cagol durante la liberazione dell’imprenditore Vallarino Gancia.
di Frank Cimini da Contropiano
La procura vuole processare Renato Curcio, Mario Moretti, Lauro Azzolini e Pierluigi Zuffada per l’omicidio del brigadiere Giovanni D’Alfonso. Per la procura avrebbero avuto ruoli diversi, tra il sequestro dell’imprenditore e il conflitto a fuoco.
Azzolini risponde per l’omicidio D’Alfonso, Moretti e Curcio avrebbero avuto un ruolo di concorso nell’organizzazione del sequestro di Gancia. Le impronte di Zuffada, oltre a quelle di Azzolini, sarebbero state ritrovate nella relazione in cui si spiegavano ai militanti del gruppo le fasi del blitz. Giusto per le famose impronte era stato condannato Massimo Maraschi.
L’indagine era stata riaperta dopo un esposto presentato dagli eredi di D’Alfonso. In precedenza era stata archiviata. Questa sentenza venne revocata nonostante pm e gip non avessero potuto leggerla perché un’alluvione l’aveva portata via. E in questo modo arriviamo adesso alla chiusura dell’indagine nuova che prelude alla richiesta di processo.
Ovviamente nel corso degli anni mai si è tentato di accertare se Mara Cagol fosse stata “finita” con un colpo di grazia mentre era a terra inerme.
La giustizia su quegli anni va in una sola direzione. Del resto la storia la raccontano i vincitori e i vinti non hanno diritto di parola. Si tratta della famosa “memoria condivisa”, appunto la verità raccontata da chi prevalse con i “pentiti”, le leggi speciali, la tortura a conclusione di un durissimo scontro sociale e politico sfociato in una guerra civile a bassa intensità e nemmeno troppo bassa.
L’avvocato Davide Steccanella difensore di Azzolini e Zuffada si limita a commentare: “Voglio sapere se in Italia è possibile revocare una sentenza di proscioglimento senza averla letta. E’ questa l’eccezione che riproporrò nel corso del procedimento dopo che la Cassazione l’aveva definitta intempestiva”.
“Se io raccontassi all’estero che un giudice in Italia può revocare una sentenza di assoluzione per fatti di 50 anni fa di cui non dispone materialmente mi prenderebbero per pazzo”
Curcio, interrogato mesi fa, aveva chiesto di essere illuminato sulla morte di sua moglie Mara. Il magistrato promise che si sarebbero messi in moto. Parole al vento. La sensazione è quella di andare verso un processo per fatti di cinquanta anni fa con indizi molto labili considerando che c’era stato un non luogo a procedere. Ma i Torquemada manco un’alluvione li ferma.
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